Scusa sono al cinema #2
A cura di Mila Buarque
Oscar d’artista: Steve McQueen dal Turner Prize agli Academy Awards
David Salle, Robert Longo, Julian Schnabel, Sam Taylor Wood, Shirin Neshat: sono solo alcuni degli artisti contemporanei che hanno ceduto al richiamo della settima arte. Se per Salle e Longo la regia è rimasta confinata ad un singolo episodio (Crea e distruggi per il primo e il fortunato Johhny Mnemonic per Longo) all’interno di una ricca carriera nello Star System delle arti visive, e se dalla Neshat attendiamo ancora un seguito all’intenso Donne senza uomini (Leone d’Argento per la migliore regia alla 66esima Mostra del Cinema di Venezia), sia Schnabel che Taylor Wood hanno costruito negli anni una solida carriera parallela. Il pittore americano, fino ad oggi, ha firmato ben 4 lungometraggi (Basquiat, Prima che sia notte, Lo scafandro e la farfalla, Miral); la videomaker inglese, dopo l’ottimo esordio con Nowhere boy, sta lavorando alla trasposizione cinematografica del best seller Cinquanta sfumature di grigio di E. L. James, la cui uscita è prevista nelle sale per la primavera del 2015.
Nessuno di loro è però stato premiato dal successo come Steve McQueen, fresco vincitore di Oscar con 12 anni schiavo nella categoria Best Pictures. Autore riconosciuto grazie alle precedenti regie – Hunger, biopic non convenzionale sullo sciopero della fame in carcere dell’attivista nordirlandese Bobby Sands, e Shame sull’ossessione di un uomo nei confronti del sesso – è in grado di unire l’apprezzamento della critica ad un enorme successo commerciale (già prima del riconoscimento dell’Academy, gli incassi della pellicola in tutto il mondo superavano i 140 milioni di dollari).
12 Years a Slave racconta la storia di Solomon Northup, nero libero nell’America ancora schiavista della metà del XIX secolo. Basata sulle memorie che lo stesso Northup scrisse dopo la liberazione, la sceneggiatura di John Ridley – vincitrice anch’essa dell’Oscar –segue le sue vicende dal rapimento, alla deportazione verso il Sud razzista, fino alla liberazione dopo 12 anni di una non vita fatta di privazioni, sofferenze e crudeltà di ogni genere. Il tema carico di implicazioni politiche e sociali ancora così attuali, è affrontato da McQueen lasciando che a parlare siano le bellissime e spesso disturbanti immagini che, nella loro accuratezza formale, restano paradossalmente fredde. L’ostentazione della violenza rischia di restare uno sterile esercizio di stile. Negli Stati Uniti verrà proiettato obbligatoriamente in tutte le scuole superiori del paese. Se sia un capolavoro del cinema contemporaneo o una ricostruzione sulla condizione degli schiavi in America potrete deciderlo solo vedendolo. Ma il consiglio è uno solo: andateci!
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