Marcello Gobbi invade l’abito con plastiche metamorfosi di silicone
Intervista a MARCELLO GOBBI di ILARIA BIGNOTTI
Siamo abituati a tutto.
Nell’arte, come nella moda. Ma non a quanto ci offrirà la visione degli interventi artistici di Marcello Gobbi, durante la serata evento di giovedì 23 febbraio, dedicata all’anteprima della collezione autunno/inverno 2012-2013 dello stilista Sergei Grinko: sui suoi abiti e accessori si riverserà la diafana pelle di silicone sapientemente data, goccia dopo goccia, da Marcello Gobbi. Invadendo tessuti e corpi statuari di ABC Mannequins, il nome dell’Atelier di Corso Como 5 dove si terrà l’evento, l’azione di Marcello Gobbi, scultore bresciano nato nel 1970 creerà una atmosfera enigmatica e affascinante, complice le lunari presenze dai corpi allungati, raggelate icone di straniante eleganza, bloccate in pose ed espressioni capaci di intrattenere un insolito dialogo con gli abiti che sfileranno davanti agli occhi incantati del pubblico…
Ilaria Bignotti: Se la liaison arte-moda è un aspetto noto nel panorama attuale, questo tuo intervento si caratterizza per una forte azione di straniamento dell’oggetto, sia esso un abito o, appunto, un manichino. Una ribellione al sistema della moda, oppure una necessità insopprimibile di verificare la tensione tra corpo e abito?
Marcello Gobbi: L’abito è innegabilmente una seconda pelle, spesso in grado di rappresentare l’essere umano, ponendosi in una sorta di divaricazione tra l’essere e l’apparire. L’abito ci riporta all’assoluta necessità da parte dell’uomo di dover intervenire artificialmente sul proprio corpo ritenuto incompleto e inefficace, rispetto a quello animale ben fornito invece di “parure”, per poter fornire informazioni e raccontarsi. Questo crea un rapporto dispari tra corpo e abito, dove il primo spesso subisce l’aggressione del secondo: così, l’abito diventa una sorta di secondo corpo molto più valido esteticamente e ideologicamente del primo. In questo contesto si inserisce la mia ricerca volta a ristabilire un equilibrio tra i due e a riportare dal vestito all’essere umano la responsabilità della costruzione della propria identità.
Utilizzi il silicone, un materiale industriale e diffuso, riuscendo a trasformarlo in una seconda pelle per corpi e volti di enigmatica intensità. Quali i temi cui vuole rimandare la tua ricerca?
Le mie sculture vivono di una contraddizione implicita: solide anime plastiche sostengono una pelle di silicone che si smaterializza, scompone e disperde in mille gocce. Le tematiche costanti del mio linguaggio creativo ruotano attorno all’eterna tensione umana tra l’elevazione e il perdersi, il silenzio e il grido, la consapevolezza e l’oblio. Lo sgretolamento fisico, rappresentato dall’uso del silicone, rievoca in realtà un mutamento interiore. Sono affascinato da quei luoghi di transito della condizione umana, spazi ibridi intermedi tra due stadi: il cedere e l’elevarsi. Ed è questo intervallo di tempo, in cui la scelta non è ancora avvenuta, questo luogo di transito in cui non si è più “quello di prima” e dove si attende invano di divenire che tento di fermare, cristallizzandolo nel silicone. Attimi veloci, frammenti mutanti dove si cela in tutta la sua bellezza e drammaticità la condizione umana.
Tranne che in alcuni casi, quale questo, dove agisci su corpi e forme già date in partenza, quali appunto i manichini, spesso utilizzi invece modelli “in carne ed ossa” dai quali trai calchi oppure sculture appositamente scolpite. Il tuo soggetto ricorrente è l’uomo. Come avviene la scelta dei soggetti? Perché?
La scelta non è accidentale. Tutto parte dall’incontro. Non seleziono mai soggetti casualmente, ma cerco appositamente persone che in qualche modo mi riportano all’emozione che voglio fermare nella scultura. Mi interessano le vite, più che i corpi…Per questo preferisco scolpire piuttosto che ricorrere al calco: la presenza del soggetto che posa per me non è mai corporea, immobile nella staticità, ma emotiva, vibrante nella tensione. Non è il copro come icona di bellezza che mi interessa, ma i segni altrimenti impalpabili della presenza umana, mai fissa in continuo mutamento.
Il fascino immediato che le tue opere trasmettono al pubblico si coniuga spesso alla curiosità per il “come è fatto” il lavoro. Quanto conta la risposta del fruitore rispetto alla tua ricerca? Cosa vuoi trasmettere attraverso le tue sculture?
Ciò che mi affascina di più è vedere il pubblico toccare le mie opere. La scultura racchiude in sé la possibilità di trasmettere attraverso più sensi e tra questi il tatto è quello che prediligo. Mi piace invitare al tatto, adoro l’idea che un pensiero posso passare attraverso i sensi superando il limite del razionale. Non c’è nulla che posso trasmettere, o insegnare…per me è un grande traguardo riuscire a stimolare emozioni anche attraverso l’abbandono e il ritorno alla sensazione.
Un altro fattore fondamentale per il tuo lavoro è quello dello spazio che accoglie l’opera e della luce che su di essa si staglia, facendola vibrare nella sua epidermide plastica. Quanto curi l’allestimento delle tue installazioni?
L’allestimento è un aspetto fondamentale della mia ricerca, contribuendo al racconto dell’opera e aiutando il fruitore a entrare nel dialogo aperto dell’arte. Le mie opere nella penombra sono in uno stato di quiete e di silenzio, ma con l’ausilio della luce paiono acquisire dinamicità e movimento. Come la vita.
Serata-evento: anteprima della collezione di Sergei Grinko,
interventi artistici di Marcello Gobbi sui manichini di Atelier ABC Mannequins
Atelier ABC Mannequins
Corso Como 5, Milano
Giovedì 23 febbraio 2012, ore 21.30
Ingresso su invito
Info: www.marcellogobbi.com – www.atelierabc.eu – www.sergeigrinko.com
La collezione verrà presentata ufficialmente il 28 febbraio alle ore 12,30 durante la settimana della moda di Milano, presso la Scuola Militare Teuliè, in via San Luca, 3 dove saranno presentati anche gli interventi scultorei di Marcello Gobbi sui manichini ABC Mannequins e alcuni interventi su capi