BOLOGNA | Spazio Testoni | Fino al 17 marzo
Intervista a FILIPPO CENTENARI di FRANCESCA DI GIORGIO
Filippo Centenari incontra ancora Spazio Testoni a Bologna.
Materia di luce – che ha registrato un incredibile boom di presenze nella notte bianca dell’arte bolognese, l’Art White Night della kermesse di Arte Fiera Art First2012 – è ancora in corso e visitabile fino al 10 marzo. A un mese dall’opening abbiamo “riletto” insieme a Centenari la natura dei nuovi progetti in mostra: dalle installazioni con l’utilizzo di luci al neon, combinate ad “oggetti d’affezione”, alle fotografie di metropoli lacerate ed incise sulla superficie e nel loro interno. Tutto torna e il dialogo tra opere ad un primo sguardo distanti converge in una prospettiva metropolitana trait d’union di un’intera ricerca…
Francesca Di Giorgio: Materia e luce. Due concetti assoluti del “costruire” da un punto di vista spaziale ed emozionale. Un architetto segue delle regole precise per portare a termine un lavoro… Quando senti di aver dato il giusto “peso” a tutte le componenti?
Filippo Centenari: L’equilibrio è il punto focale della mia inquadratura artistica.
Se per un architetto le componenti materiche si possono catalogare e riconoscere – anche se oggi vi sono incognite sulle nuove risorse – nel mio lavoro queste componenti sono sempre precarie e non definite, o meglio, ancora in trasformazione. Il punto di contatto tra gli elementi costitutivi delle mie opere è spesso suggerito, ottenuto, e derivato dagli stessi elementi e solo grazie alla luce. L’assunzione finale del lavoro è sempre poetica, e se pensiamo all’etimologia della parola stessa, poièsis, ritroviamo il verbo inventare e comporre. Due verbi necessari e intrinseci al fare artistico. Per questo il “peso” di ogni componente è allineato quanto tutto concorre a rendere in poesia qualcosa di cui già conosciamo le funzioni – gli oggetti usati – ma che si innalzano grazie alla luce per divenire nuova materia.
Installazione e fotografia: ad un primo sguardo due parallele distanti e difficilmente accordabili… Dove e come le hai fatte incontrare nel tuo lavoro?
Da sempre il mio interesse nei media è molteplice e variegato. Qualunque mezzo è di mio interesse e per questo la fotografia ha sempre avuto un suo ruolo predominante all’interno della mia ricerca. Sebbene le installazioni lavorino nello spazio – con esso – e la fotografia rappresenti invece questo spazio, riesco sempre a ottenere congiunzioni, o per ripetermi, equilibri, tra di loro. Nonostante la differenza di linguaggio è possibile ritrovare costanti e spunti gli uni dagli altri.
Come sei intervenuto sulle ultime fotografie di New York (Souvenir, 2012) e dei fregi dell’altare di Pergamo (Rovine, 2012)? Alla base un’idea di disfacimento della materia che non sembra avere molto a che fare con il resto…
Le opere di cui parli sono frutto di un lavoro dentro la fotografia e dentro la tecnologia. L’idea di intervenire direttamente nella materia vuole portare l’attenzione al mezzo stesso e quindi ai suoi limiti. Le immagini presentate recentemente allo Spazio Testoni di Bologna, sono opere su carta fatta a mano, lacerata e incisa manualmente e meccanicamente. I soggetti scelti sono le metropoli, frutto dei miei viaggi, e i fregi dell’altare di Pergamo a Berlino. Quest’ultimo per il grande fascino e il grande lavoro che è stato fatto per riportarlo alla nostra epoca. Questo disfacimento a cui accenni e che non ritrovi nelle installazioni è invece presente ed elevato in entrambi gli ambiti di lavoro. Se pensi alle installazioni ritroverai oggetti del passato, disfatti appunto dal tempo.
La materia consunta e sofferta è qui il punto di partenza per nuove elevazioni e nuove suggestioni: cambiamenti e rinascite. La connessione, o meglio il contatto, con le opere a parete è plausibile perché tutto è riconducibile alla vita quotidiana, alle metropoli, in cui gli oggetti che spesso uso sono strumenti per la costruzione stessa di queste città. Pensa al filo a piombo o alla morsa… Ecco la connessione è dichiarata, spaziale, ma la sua interpretazione risponde all’emozione, alla composizione e l’invenzione.
Per Elevazione (2012), la grande installazione che occupa la sala centrale di Spazio Testoni, ti sei servito, ancora una volta, di oggetti che hanno una storia pregressa… Come li scegli? Sono loro a guidarti nella resa finale dell’opera o sono funzionali ad un’idea di partenza?
L’installazione a cui ti riferisci presenta due morse da banco antiche che stringono due modelli di gonna plissettati di un mio passato familiare.
Tra questi la luce, il neon, che con la sua effimera presenza e forma plastica, crea l’azione e la messa in scena di un volo. Questa elevazione, impossibilitata dalla stretta meccanica delle morse, è quindi suggerita e permessa dalla luce. La scelta degli elementi è come la scelta del colore per il pittore, questa può essere casuale o richiesta dal lavoro. Per questo alcuni lavori prendono forma da un’idea definita e di partenza e si traducono in una pedissequa realizzazione e quindi alla ricerca dei mezzi necessari (vedi “Genesi” o “San Sebastiano“), così come all’opposto quando il lavoro parte dall’oggetto stesso, già acquisito e raccolto come appunto per “Elevazione“, “Alpha-Tensione” e altri lavori.
Filippo Centenari. Materia di luce
a cura di Alberto Mattia Martini
Spazio Testoni
Via D’Azeglio 50, Bologna
Fino al 17 marzo
Info: +39 051 371272
www.giannitestoni.it