PARIGI | Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris | 2 ottobre 2015 – 7 febbraio 2016
di Stefano Bianchi
Stavolta non c’è l’Andy Warhol “prêt-à-porter” che pur di riempire ogni spazio possibile snocciola il visto e stravisto a colpi di grafiche, copertine di Interview, “memorabilia” e solo qualche (trascurabile) pezzo unico. Al contrario, al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (dove peraltro l’artista di Pittsburgh allestì nel 1970 una memorabile retrospettiva) c’è Warhol Unlimited con 102 minimaliste Shadows di 17 differenti colori, l’una accanto all’altra lungo 130 metri lineari. Warhol le dipinse fra il 1978 e il ‘79 su commissione dell’”art dealer” Heiner Friedrich e di sua moglie Philippa de Menil, provengono dalla Dia Art Foundation di New York, vengono esposte per la prima volta in Europa e sono ombre che da sole valgono la visita.
Ma c’è dell’altro (e molto, ai massimi livelli) in questa mostra davvero senza limiti che coglie la capacità dell’artista seriale di variare cromatismi e dimensioni per ogni suo iconico soggetto, a seconda della “messa in scena” e dello spazio espositivo che gli venivano messi a disposizione. Se con i Self-Portraits replicati in uno psichedelico technicolor Warhol identifica se stesso come “brand” pubblicitario legittimamente autorizzato a confrontarsi con le Campbell’s Soup Cans, i Flowers si presentano da infinitamente piccoli a straordinariamente grandi col preciso intento di esibire il loro effetto decorativo (parecchi collezionisti, negli Anni ’60, avrebbero voluto infatti utilizzarli come carta da parati) mentre la sfilata dei Mao si trasforma pluri/ossessivamente in Maonotony svelando pennellate gestuali che si ispirano (meccanicamente, però) all’Action Painting.
C’è poi l’artista dell’American Way of Death che mischia “glamour” e morte fagocitando plumbei ritratti di Jackie, prima e dopo l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy datato 22 novembre 1963: in tailleur Chanel, sorridente, all’arrivo a Dallas; pietrificata dal dolore, durante la cerimonia funebre. E le Electric Chairs? Blu, verdi, rosse, eccetera, non sono altro che “merchandising”: a maggior ragione se vengono appese a una parete rivestita con la Cow Wallpaper riprendendo l’allestimento della retrospettiva del 1971 al Whitney Museum of American Art di New York.
Fra un capolavoro e l’altro (non c’è Marilyn, eppure non se ne avverte la mancanza), Warhol Unlimited è arricchita da filmati (gli Screen Tests che riprendono i primi piani di Marcel Duchamp, Salvador Dalí, Bob Dylan, Edie Sedgwick e Nico, nonché il voluttuoso Kiss e i trasgressivi Blow Job e Mario Banana); schegge videomusicali tratte dall’Exploding Plastic Inevitable coi Velvet Underground e i seguaci della Factory; le fluttuanti Silver Clouds (fedeli riproduzioni delle nuvole in poliestere argentato, riempite d’aria e di elio create nel 1965) che si meritano una sala a parte dando l’opportunità di interagire con loro, immersi in un ambiente mutevole, incerto, che coinvolge. E, se avete tempo da perdere, c’è la proiezione di Empire (1964): 8 ore filate, dal tramonto a notte fonda, d’inquadratura fissa sul grattacielo newyorkese. Più Unlimited di così.
Warhol Unlimited
a cura di Sébastien Gokalp ed Hervé Vanel
catalogo Éditions Paris Musées
2 ottobre 2015 – 7 febbraio 2016
Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris
11 Avenue du Président Wilson, Parigi
Orari: da martedì a domenica 10.00 – 18.00; chiuso il lunedì
Ingresso intero € 12.00, ridotto € 9.00
Info: +33 1 53674000
www.mam.paris.fr