Intervista ad ARMANDO PORCARI e FABRIZIO DEL SIGNORE di Francesca Di Giorgio
Come avete affrontato il lockdown e la relativa chiusura della vostra galleria? Avete cercato di colmare il vuoto attraverso la progettualità online e/o attraverso un uso diverso dei social? Come si è modificato il rapporto con il vostro pubblico?
Come tutti siamo stati colti di sorpresa ed inizialmente ci siamo dedicati a fermare la macchina in corsa, in particolare la seconda mostra personale in galleria di Oliver Ressler, a sua volta bloccato a Vienna. Immediatamente dopo abbiamo avvertito l’esigenza di rimetterci in contatto con le persone che seguono il nostro lavoro, più per condividere un momento storico che ci costringeva all’isolamento che non come strategia imprenditoriale. L’idea è stata quella di mettere in piedi una piccola stazione di comunicazione sotto il nome di #ApartTheGallery, una semplice inversione semantica che sottolineava la volontà di esserci attraverso Instagram e Facebook nel momento in cui non potevamo più contare sulla nostra casa fisica. Quotidiane riunioni di redazione e soprattutto l’entusiastico apporto degli artisti della galleria hanno portato alla pubblicazione di numerosi contenuti video, fotografici, testuali e quant’altro potesse focalizzare il momento e la condizione in cui versavano gli artisti. A giudicare dalle visualizzazioni e dai riscontri, non è stata una cattiva idea. In particolare il pubblico ha apprezzato i contenuti realizzati sotto forma di interviste (come quella tra Meital Katz-Minerbo e la collezionista Jasmina Trifoni), presentazione di nuovi lavori (Oliver Ressler, Mariana Ferratto), realizzazione di opere specificamente dedicate alla piattaforma (come nel caso di Chto Delat e della sequenza di interventi di Rowena Harris), condivisione di iniziative assunte da altre istituzioni (Serpentine Gallery per Sinae Yoo, MAXXI per Gea Casolaro, la confederazione di musei L’Internationale per Babi Badalov), così come molto apprezzata è parsa la riproposizione di vecchi importanti lavori (Bertille Bak, Luana Perilli e soprattutto Marco Strappato che ha fatto il record di visualizzazioni). A testimonianza di quanto prodotto, nel nostro nuovo sito abbiamo inserito il link #ApartTheGallery che porta alla nostra pagina Instagram.
Mai come in questo periodo abbiamo sentito parlare di “mondo dell’arte” ma proprio in un momento come questo è difficile immaginarlo come omogeneo. Composto da figure diverse: artisti, collezionisti, appassionati, critici, curatori, galleristi, organizzatori, editori. Un insieme spesso diviso da interessi contrastanti… Ora, se e in che modo, vi sentite parte di un “sistema”? Come state affrontando, dal lato umano e pratico, la vostra attività? Vi siete posti degli obiettivi a breve termine?
In verità consideriamo la diversità come sinonimo di ricchezza (di idee, di opinioni, di visioni) e come garanzia di unicità, un ingrediente importante in un mondo che intende interpretare il reale e la contemporaneità con gli strumenti che l’arte mette a disposizione. Certamente essere diversi ed essere individui non toglie la necessità di fare squadra, cosa che oggi diventa addirittura indispensabile. Ci vuole intelligenza, lungimiranza e senso pratico, quindi anche predisposizione al compromesso, per unire le forze onde evitare che la diversità diventi un freno allo sviluppo. Non è più tempo per andare ognuno per la propria strada, anzi occorre riconvertire il “sistema” da meccanismo di supporto ad uno sviluppo disordinato, aggressivo ed elitario a strumento invece di stampo solidaristico che parta da garanzie da assicurare ai più deboli, a partire dagli artisti. La speranza è che la crisi causata dal Covid abbia definitivamente messo in evidenza l’inadeguatezza delle ricette iperliberiste e turbocapitaliste impostesi dal 1989 ad oggi. In pratica, occorre dotarsi di una struttura rappresentativa dell’intero settore realmente funzionante e guidata da una classe dirigente all’altezza. Il sogno da questo punto di vista è una sorta di Confindustria dell’arte capace di riunire sotto la stessa bandiera tutti i lavoratori dell’arte (artisti, critici, curatori, dipendenti di musei, galleristi eccetera) ma sarebbe già molto se uno sforzo e un esempio in questa direzione riuscissimo a darlo a livello di gallerie d’arte moderna e contemporanea.
Siamo nella famosa Fase 3, ciò presuppone una visione in progress, un prima, un dopo e un poi. Restituiteci una fotografia che vi ritrae in questi tre momenti…
Affidiamo il tutto al bellissimo video di Marco Strappato intitolato B(m) del 2009, un lavoro di editing sul documentario di Johan Van der Keuken Blind Child (1964) in cui alcuni ragazzi ciechi vengono ripresi nell’atto di correre su un rettilineo. Con l’occhio rivolto al passato, quest’opera delinea precisamente la condizione in cui tutti eravamo immersi e la sensazione di corsa e rincorsa perenne e folle senza sapere bene verso quale futuro. Se lo decliniamo al presente, invece, il video si manifesta in quello che è il suo vero messaggio, incentrato sul concetto di fiducia in se stessi e negli altri, ben rappresentando i due elementi chiave che devono contraddistinguere l’azione di tutti gli operatori del settore: coraggio e solidarietà. Infine, declinandolo al futuro, l’opera ci dice che nulla è impossibile e che con fantasia, applicazione e competenza si può e si deve pensare a un domani migliore.
https://lnx.thegalleryapart.it/