Intervista a ANDREA SIRIO ORTOLANI di Matteo Galbiati
Come avete affrontato il lockdown e la relativa chiusura della vostra galleria? Avete cercato di colmare il vuoto attraverso la progettualità online e/o attraverso un uso diverso dei social? Come si è modificato il rapporto con il vostro pubblico?
Abbiamo provato ad affrontare il lockdown in maniera positiva e costruttiva tentando di capire come il mondo si sta evolvendo. Sicuramente è impossibile fare previsioni visto l’unicità della situazione. Chi si aspettava mai una pandemia! L’unica cosa certa è che il contesto italiano, poco avvezzo al web in generale, si è trovato di fronte ad una vera rivoluzione lavorativa (smart working, mostre online, utilizzo di piattaforme di vendita, etc…). Personalmente mi sono trovato nel considerare come vada rielaborato il nostro approccio al lavoro: curare con più attenzione le piattaforme che commercializzano online, aumentare l’utilizzo dei social networks, migliorare i siti web che sono il nostro biglietto da visita e implementare sistemi per far sì che le mostre possano essere vissute in maniera completa dai collezionisti. Tra i miei propositi c’è quello di arrivare a migliorare queste attività.
Il rapporto con il pubblico già conosciuto si è basato molto, chiaramente, sul telefono e sulle varie piattaforme che mi permettevano un contatto a distanza. Non era un contatto orientato alla vendita, ma un contatto umano che tra l’altro ha reso più vivibile questa situazione surreale.
Mai come in questo periodo abbiamo sentito parlare di “mondo dell’arte” ma proprio in un momento come questo è difficile immaginarlo come omogeneo. Composto da figure diverse: artisti, collezionisti, appassionati, critici, curatori, galleristi, organizzatori, editori. Un insieme spesso diviso da interessi contrastanti… Ora, se e in che modo, vi sentite parte di un “sistema”? Come state affrontando, dal lato umano e pratico, la vostra attività? Vi siete posti degli obiettivi a breve termine?
Il mondo dell’arte dovrà agire in maniera unita e con un forte sentimento di collaborazione se vuole uscire da questa situazione. Penso che l’Associazione delle Gallerie D’Arte Moderna e Contemporanea ha la grande occasione di riuscire ad aumentare il numero di Associati, così da poter diventare più forte, ed ha il dovere di incrementare la propria visibilità e dialogo con le Istituzioni che per anni sono rimaste sorde alle nostre richieste. Come ben sai, è stata fatta una lettera al Ministro Franceschini con delle esigenze fondamentali se si vuole un rilancio sia nel breve che nel lungo termine di tutto il settore. Le richieste sono state attentamente studiate per permettere una competitività delle Gallerie Italiane rispetto al contesto mondiale. In sintesi si vuole: un abbassamento dei dazi doganali in importazione dal 10% al 5% (in altri paesi Europei ad esempio la Francia sono già a questo livello); l’Art Bonus, ovvero la possibilità di portare a Bilancio l’acquisto di opere d’arte da parte delle aziende private (porterebbe alla costruzione di collezioni corporate ed all’aumento di progetti a sostegno dell’arte da parte di società private); l’abbassamento dell’Iva sul mercato primario dal 22% al 10% (le gallerie acquistano dall’artista al 10% per vendere al collezionista al 22%) ed una maggiore equità nei rapporti con la SIAE che, con delle regolamentazioni molto severe, sta portando ad una contrazione del mercato degli artisti soggetti al diritto di seguito, quindi anche italiani.
Spero che le Fiere aprano ad un dialogo costruttivo con le Gallerie, perché dopo anni in cui hanno potuto tenere prezzi sostenuti e applicare politiche molto rigide sulla selezione di progetti che potevano essere svantaggiosi economicamente per le Gallerie partecipanti, ma di grande visibilità per le Fiere stesse, si deve andare verso un equilibrio che porti ad una reciproca soddisfazione.
Gli obiettivi di breve termine personali sono quelli di poter tornare al più presto a lavorare nella maniera più normale possibile. I problemi di mobilità di persone ed opere sono grandi in questo momento e stanno rallentando la realizzazione dei progetti pianificati, soprattutto per chi lavora con l’estero, rendendo difficile così pianificare la propria attività sia nel breve che nel lungo termine.
Siamo nella famosa Fase 3, ciò presuppone una visione in progress, un prima, un dopo e un poi. Restituiteci una fotografia che vi ritrae in questi tre momenti…
Il prima è stato un bell’anno emozionante per certi versi. Ho cominciato un progetto, che si discosta dalla mia attività passata dedicata soprattutto alle avanguardie degli Anni 60/70, sull’arte Contemporanea Africana. La mostra ha avuto un gran successo e ne abbiamo già in programma altre. Tutto, purtroppo, si è fermato a causa del Covid-19 che tuttora ci crea dei grossi problemi. Una tematica fondamentale è la mobilità sia delle persone che dei beni, infatti ad oggi, sebbene abbiamo le mostre pronte, facciamo fatica ad organizzare i trasporti per tutte le leggi restrittive in giro per il mondo e, d’altro canto, anche i nostri visitatori hanno grandi difficoltà nel raggiungerci. Quello che spero è che, con la diminuzione dell’aggressività del virus, piano piano si vada verso una normalizzazione e che le gallerie possano ritornare ad essere centrali nel sistema Arte. D’altronde senza la nostra attività si bloccherebbe la possibilità di poter scoprire ed approfondire nuovi mondi e artisti, e credo che la maggior parte di noi faccia questo lavoro per appagare la propria continua voglia di crescita intellettuale e personale. Per quanto il mondo sia in grande evoluzione, sono convinto che l’Arte presupponga uno scambio che non sia solo virtuale ma anche fisico sia con le opere che con le persone.