Intervista ad ANNAMARIA DE FANIS e ROSA FRANCESCA MASTURZO di Livia Savorelli
Come avete affrontato il lockdown e la relativa chiusura della vostra galleria? Avete cercato di colmare il vuoto attraverso la progettualità online e/o attraverso un uso diverso dei social? Come si è modificato il rapporto con il vostro pubblico?
Durante la prima fase del lockdown abbiamo scelto la via del silenzio. Silenzio quale unica risposta alla gravissima crisi sanitaria diffusasi nel mondo intero, per rispetto delle vittime colpite.
Poi, man mano che la situazione si alleggeriva, abbiamo ricominciato ad offrire tramite i nostri canali social dei contenuti delicati, mai invadenti, proponendo un viaggio attraverso le emozioni scaturite dai lavori degli artisti da noi promossi nel corso di questi anni, in modo da ritrovare in qualche modo un filo con il nostro pubblico. Un approccio molto soft, consapevoli che le priorità delle persone erano altre.
Al termine del lockdown, con tanta voglia di ripartire, abbiamo aderito all’invito del gallerista Umberto Di Marino per una riapertura congiunta con altre gallerie della nostra città, uniti dalla cordata “Gallerie di Napoli nel contemporaneo”.
Abbiamo riaperto con un nuovo progetto realizzato dall’artista Eugenio Giliberti durante la quarantena, L’albero di Pitlo / data base 2019-2020; si riparte dagli alberi, in particolare da quelli di mele, testimoni del progetto di arte partecipata Orto Civile, focalizzato intorno ai rapporti tra cura della terra e alimentazione, città e campagna, tradizione “moderna” e “riscoperte innovative”.
Da circa 10 anni questi alberi, situati nella Masseria Varco di Rotondi, sono catalogati da Giliberti attraverso fotografie, e poi studiati attraverso disegni o dipinti. Di ciascuno di essi l’artista raccoglie la storia nei suoi data base.
Quest’ultima serie, presentata in galleria, è una variante del progetto, a metà tra il dono e gesto politico, con un messaggio di cura verso la natura. Ci è sembrato il passo più giusto per ricominciare.
Il pubblico in galleria è stato accolto solo su appuntamento tramite inviti ad personam, al fine di evitare assembramenti e ovviamente nel rispetto delle normative vigenti, ma questo ci ha consentito di avere degli incontri più dedicati e attenti.
Mai come in questo periodo abbiamo sentito parlare di “mondo dell’arte” ma proprio in un momento come questo è difficile immaginarlo come omogeneo. Composto da figure diverse: artisti, collezionisti, appassionati, critici, curatori, galleristi, organizzatori, editori. Un insieme spesso diviso da interessi contrastanti… Ora, se e in che modo, vi sentite parte di un “sistema”? Come state affrontando, dal lato umano e pratico, la vostra attività? Vi siete posti degli obiettivi a breve termine?
La crisi Covid non ha risparmiato nessuno, ma in particolare ha colpito il mondo dell’arte e della cultura in generale. Le prime attività a chiudere sono state proprio quelle culturali, e sembrava che dovessero essere le ultime a ricominciare.
L’avvilimento iniziale ha accompagnato tutti, ma fortunatamente ciò ha determinato anche una forte reazione nel voler cercare una risposta. Si viaggia a vista, tra mille incertezze, ma si viaggia.
Insieme, facendo rete, si può superare tutto. È tempo di unirsi per resistere, la pandemia ci ha insegnato questo.
Per la prima volta nella storia delle gallerie napoletane si è creata una cordata con l’obiettivo di creare una comunità più forte e riconoscibile intorno all’arte contemporanea, oltre che per rafforzare le esigenze comuni.
Ogni galleria è un mondo a sé, tutte hanno una riconoscibile proposta che arricchisce il già consistente patrimonio culturale della città, ma insieme stiamo cercando di progettare una migliore offerta per il pubblico del Contemporaneo.
Nel breve periodo continueremo a presentare “progetti” di arte contemporanea, in luogo delle mostre intese nel senso classico, in quanto strumenti più agili per la diffusione di un dibattito nel segno della contemporaneità.
Siamo nella famosa Fase 3, ciò presuppone una visione in progress, un prima, un dopo e un poi. Restituiteci una fotografia che vi ritrae in questi tre momenti…
Il Contemporaneo è un grande stimolo alla conoscenza, producendo sempre nuove progettualità.
Lavoriamo in questo settore, per una grande passione verso il mondo dell’arte in generale e di quella contemporanea in particolare; passione che ci accompagnava prima, ci anima adesso e siamo sicure ci sosterrà dopo.
Crediamo che tutta la comunità degli operatori del settore, i galleristi, i curatori, gli artisti, i collezionisti, continueranno a gravitare in questo mondo per lo stesso motivo.
Certo per tutti è necessaria la fiducia verso una concreta ripresa, ma non mancano i segnali positivi: ad esempio, proprio durante questo lockdown, si sono concretizzate per noi le collaborazioni di alcune importanti Istituzioni, quali il Museo Madre e l’Istituto Nazionale degli Studi Leopardiani, per il complesso progetto di arte pubblica ideato da Eugenio Giliberti per la valorizzazione in chiave contemporanea dei luoghi leopardiani a Napoli, a cui stiamo lavorando unitamente alla galleria Dafna e alla Fondazione Morra.
Una buona pratica che crediamo possa avere un’importante funzione di rigenerazione urbana e sociale, oltre che economica, per i luoghi interessati.
In autunno riprenderemo la normale programmazione, sospesa a marzo, con la doppia personale di due giovani ma già riconosciute fotografe italiane, Chiara Arturo e Cristina Cusani, Metonìmie, a cura di Federica Palmer.