Intervista a ANNAMARIA MAGGI di Matteo Galbiati
Come avete affrontato il lockdown e la relativa chiusura della vostra galleria? Avete cercato di colmare il vuoto attraverso la progettualità online e/o attraverso un uso diverso dei social? Come si è modificato il rapporto con il vostro pubblico?
Il lockdown è stato impegnativo, soprattutto psicologicamente, ma abbiamo cercato di reagire e di far sentire la nostra presenza al nostro pubblico abituale, con continuità, ma attraverso modalità digitali. Abbiamo prodotto un fitto programma di focus su alcuni artisti, sia giovani che maestri, con cui abbiamo avuto, negli anni, un rapporto di stretta collaborazione. Abbiamo implementato la nostra presenza sui social, in particolare Instagram e Facebook. E abbiamo proposto, con successo, interviste e video in streaming. Il tutto è stato possibile grazie alla collaborazione degli artisti e dei critici, con cui abitualmente lavoriamo, e in particolare è stato molto utile l’immenso archivio di immagini, scritti, video, libri, e documenti che la galleria ha prodotto negli ultimi 30 anni di attività.
Nel 2022 festeggeremo i miei 30 anni alla guida di Galleria Fumagalli (fondata nel 1971) e vorremmo produrre un’ampia pubblicazione per raccontare la nostra storia. Nonostante la progettualità on line sia efficace ed interessante, crediamo che i libri rimangano sempre uno strumento fondamentale per la comunicazione.
Tutto il programma prodotto durante e dopo il lockdown è consultabile sul nostro sito web nella sezione Online Art.
Mai come in questo periodo abbiamo sentito parlare di “mondo dell’arte” ma proprio in un momento come questo è difficile immaginarlo come omogeneo. Composto da figure diverse: artisti, collezionisti, appassionati, critici, curatori, galleristi, organizzatori, editori. Un insieme spesso diviso da interessi contrastanti… Ora, se e in che modo, vi sentite parte di un “sistema”? Come state affrontando, dal lato umano e pratico, la vostra attività? Vi siete posti degli obiettivi a breve termine?
È un momento difficilissimo per il mondo dell’arte (e non solo), tutti sono in grande difficoltà, gli eventi non si possono organizzare, le inaugurazioni nemmeno e le fiere saranno solo online. Non è facile raggiungere il collezionismo solo con l’online, è utile per un primo approccio, ma poi le opere vanno viste di persona, cosa ora abbastanza difficile, ma non impossibile! Stiamo cercando di sollecitare i nostri collezionisti a venire in galleria per viewing ad hoc.
Alcune iniziative sono state avviate allo scopo di creare più possibilità di mercato e di associazione fra le gallerie, ma non vedo ancora nulla di ben strutturato.
Ci auguriamo che la settima della Milano Art Week a settembre sancirà la vera ripresa delle attività. Posso anticipare che il Comune di Milano e l’associazione ArtLine inaugureranno formalmente con una presentazione sul luogo le due grandi scritte al neon di Maurizio Nannucci che si trovano sulla facciata ovest del Palazzo delle Scintille.
Siamo nella famosa Fase 3, ciò presuppone una visione in progress, un prima, un dopo e un poi. Restituiteci una fotografia che vi ritrae in questi tre momenti…
Noi non abbiamo ancora ripreso a pieno regime, la galleria è aperta solo part-time, e la prima mostra è stata fissata per il prossimo ottobre.
Nel frattempo cerchiamo di mantenere vivi i contatti con il nostro pubblico producendo e inviando contenuti culturali: interviste e focus.
Per noi la famosa fase 3 non è ancora davvero iniziata, abbiamo deciso di spostare l’attività espositiva a partire da ottobre, perché non abbiamo visto la possibilità di coinvolgere pubblico in galleria in questi mesi ancora così incerti.
Gli artisti però sono attivissimi, il lockdown ha permesso loro di lavorare e meditare con più tranquillità, ad esempio Anne e Patrick Poirier hanno realizzato Grand Hotel Dante, un lavoro di cm 100×3000, un omaggio a Dante, che verrà esposto prossimamente in due importanti istituzioni in Italia e in Francia; Chiara Lecca si è inventata CLARULECIS (la traduzione del suo nome in sardo) un collettivo composto dall’artista e dalla sua famiglia, che trae ispirazione dalla terra di Romagna dove vive e dalla terra sarda di origine, per realizzare bizzarri oggetti artistici con materiali di riciclo, il punto di partenza è il POP di una Primitive t-shirt; Mattia Bosco ha passato questi mesi in montagna in Val d’Ossola per meditare sui contenuti filosofici e sociali legati ai programmi culturali della Casa degli Artisti, che accoglierà nuovo pubblico il prossimo settembre, e si è dedicato alla scultura con materiali naturali trovati nei boschi circostanti la sua casa…