Intervista a MERI MARINI di Francesca Di Giorgio
Come avete affrontato il lockdown e la relativa chiusura della vostra galleria? Avete cercato di colmare il vuoto attraverso la progettualità online e/o attraverso un uso diverso dei social? Come si è modificato il rapporto con il vostro pubblico?
Abbiamo affrontato il lockdown consolidando i rapporti con i nostri artisti, sì è vero, solo telefonicamente ma ci siamo tirati su a vicenda ed abbiamo cercato di progettare un futuro. Molti di loro sono stati anche tanto produttivi, molte opere “ispirate da questa quarantena forzata”. Ci sono stati anche alcuni progetti di mostre on line ai quali hanno partecipato alcuni di loro e ne abbiamo approfittato per iniziare a rinnovare il sito della galleria che a breve sarà pronto con non poche novità. Abbiamo inoltre stretto nuove collaborazioni anche con artisti stranieri che entrano a far parte degli artisti di galleria nonostante avessimo da sempre trattato artisti italiani e del nostro territorio. Infine, siamo rimasti in contatto con il nostro pubblico telefonicamente ed anche sui social, postando molte opere dei nostri artisti e condividendo con loro il piacere nell’apprezzare, anche a distanza, le opere stesse.
Mi sembra però che nonostante gli sforzi degli addetti ai lavori, il nostro Paese non consideri il mondo dell’arte come una forza lavoro, a differenza di altri paesi anche europei che vi investono ed hanno preso delle misure importanti di sovvenzione verso le gallerie, gli artisti ed anche i musei.
Mai come in questo periodo abbiamo sentito parlare di “mondo dell’arte” ma proprio in un momento come questo è difficile immaginarlo come omogeneo. Composto da figure diverse: artisti, collezionisti, appassionati, critici, curatori, galleristi, organizzatori, editori. Un insieme spesso diviso da interessi contrastanti… Ora, se e in che modo, vi sentite parte di un “sistema”? Come state affrontando, dal lato umano e pratico, la vostra attività? Vi siete posti degli obiettivi a breve termine?
Quasi impossibile non sentirsi parte di un sistema, anche se molto spesso le gallerie più piccole, con meno storia diciamo, non sono proprio così tanto considerate. Il 2020 ci farà comunque festeggiare i 10 anni di attività. Dal lato umano, mi sono sentita molto coccolata dai rapporti che ho con artisti e persone che fanno parte del mondo dell’arte. Dal lato pratico è un po’ più difficile, mi sono sforzata di ricominciare a programmare e sto lavorando anche perché tutto possa riprendere al meglio, conto molto sulle mie possibilità. A marzo quando siamo rimasti bloccati, eravamo alla vigilia di una fiera importante e, parallelamente, di una mostra, anch’essa molto importante, nella quale era presente un nostro artista, mostra neppure inaugurata. Avevamo una mostra aperta a febbraio al Museo dell’opera del Duomo di Prato, It’s getting Dark, che siamo riusciti finalmente a smontare a fine giugno. Un’altra fiera prevista per maggio saltata e rimandata al 2021. A dimostrazione dell’amore per questo lavoro ed anche un po’ di follia, sto lavorando proprio in questi giorni per preparare la fiera di novembre, Paris Photo, alla quale siamo stati accettati con non poca soddisfazione per la seconda volta, con tre artisti Italiani…
Siamo nella famosa Fase 3, ciò presuppone una visione in progress, un prima, un dopo e un poi. Restituiteci una fotografia che vi ritrae in questi tre momenti…
Prima, Dopo, Poi. Riassumerei tutto questo in tre foto, la prima di un artista francese, una delle opere in mostra a febbraio scorso al Museo dell’opera del Duomo. Quasi premonitrice, un volto coperto.
La seconda, un’opera scaturita dalla quarantena di Carlo Colli, Oggi è un altro giorno.
L’ultima opera è fotografica, di Sharon Formichella, arriva sempre dal periodo Covid, il titolo Pulvis et Umbra sumus.
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