Intervista a ANTONELLA CATTANI di Matteo Galbiati
Come avete affrontato il lockdown e la relativa chiusura della vostra galleria? Avete cercato di colmare il vuoto attraverso la progettualità online e/o attraverso un uso diverso dei social? Come si è modificato il rapporto con il vostro pubblico?
Affrontare ciò che non si conosce è per tutti una incognita e richiede un tempo di osservazione mirato a comprendere quei cambiamenti in atto che richiedono un upgrade, necessario ed indispensabile per affrontare poi un futuro “diverso”.
Ci siamo trovati tutti a trascorrere un lungo tempo tra le mura domestiche, abbiamo riscoperto la nostra casa e, soprattutto, ci siamo accorti di quanto sia importante ciò che ci circonda: dipinti, sculture, fotografie, oggetti, manufatti… ed è proprio anche grazie alla loro presenza ed al loro feed back quotidiano di emozioni e sollecitazioni se abbiamo vissuto bene un tempo difficile.
L’arte, nelle sue declinazioni, è un bene primario che ci accompagna da sempre e sono certa che continuerà a farlo incontrando nuove sensibilità e sollecitando come sempre non solo lo sguardo ma il nostro intelletto. Ciò che potrà fare la differenza è “cosa” e “come” ogni istituzione pubblica e privata, come una galleria d’arte, vorrà comunicare con il pubblico reale e quello del web.
Con l’iniziativa “Life, live 2020”, attivata sul sito web della mia galleria, ho inteso dare una prima risposta, ricollegando gli artisti con il pubblico. Le immagini delle opere create in questo periodo si alternano ai loro ritratti da studio, accompagnati da uno statement che vi invito a leggere (www.antonellacattaniart.com).
Se è vero che la tecnologia ci offre numerose possibilità per rimanere in contatto con il pubblico e condividere il lavoro dei nostri artisti anche in momenti come questo, è pur vero che le opere come i rapporti umani necessitano di un contatto diretto e personale.
Nulla è paragonabile all’esperienza di un’opera, pertanto si lavorerà in questa direzione con nuove modalità.
Mai come in questo periodo abbiamo sentito parlare di “mondo dell’arte” ma proprio in un momento come questo è difficile immaginarlo come omogeneo. Composto da figure diverse: artisti, collezionisti, appassionati, critici, curatori, galleristi, organizzatori, editori. Un insieme spesso diviso da interessi contrastanti… Ora, se e in che modo, vi sentite parte di un “sistema”? Come state affrontando, dal lato umano e pratico, la vostra attività? Vi siete posti degli obiettivi a breve termine?
I nuovi scenari impongono, per prima cosa, determinazione e consapevolezza del proprio ruolo per poter partecipare ad un “sistema” organizzato che funzioni.
Il mondo dell’arte è ancora frammentato e manca una chiara coesione, presupposto questo per far emergere in modo decisivo la propria voce; mi riferisco ad esempio ai rapporti della nostra categoria con le istituzioni.
Riposizionare necessità e valori indispensabili ad uno sviluppo “sano” per favorire nuovi percorsi, precedentemente forse preclusi da una isteria di eventi e condizionamenti, potrebbe inoltre giovare al “sistema”.
Le conseguenze immediate del lockdown hanno creato una impasse, generando ad esempio uno standby dei progetti che coinvolgono gli artisti. Tra gli obiettivi a breve termine dunque proprio quello di far ripartire i progetti senza i quali non c’è attività e sviluppo.
Siamo nella famosa Fase 3, ciò presuppone una visione in progress, un prima, un dopo e un poi. Restituiteci una fotografia che vi ritrae in questi tre momenti…
È vero che molti dei presupposti sono mutati ma credo che il “poi” dipenda comunque essenzialmente da un “prima”. Da qui l’intendimento di mantenere tutto ciò che nel corso di anni di lavoro è stato positivamente costruito per individuare, ed aprirsi poi, nuovi percorsi, determinanti per il futuro dell’attività.