MILANO | Playlist – Galleria Giampaolo Abbondio | Fino al 24 aprile 2025
Intervista a MATTEO GATTI di Ilaria Introzzi
Chi sono i ribelli oggi? Quale valore assumono i pensieri rivoluzionari del passato nella contemporaneità? Femminismo, ribellione, voglia di emancipazione e di andare contro le ingiustizie subite all’interno dell’ambiente lavorativo. Temi generali, che l’artista Matteo Gatti (Olgiate Olona, 1989; vive e lavora a Torino) ha scelto d’indagare in occasione della sua personale Vodka Cola all’interno dello spazio milanese Playlist, creato da Galleria Giampaolo Abbondio. Il tutto è partito da un libro, da un’impresa d’automobili, dall’ironia e da una chat che presto o tardi permeerà (forse) le nostre vite. E i sentimenti? Ci penserà l’arte, salvifica. E una certa Mara…
Matteo, tu la conosci Mara? Te lo chiedo perché parte della ricerca intorno la tua personale si riferisce al libro Mara e le altre di Ida Faré e Franca Spirito, che denuncia l’approccio della stampa nel rappresentare le guerrigliere degli Anni ’70. Come l’hai scoperto?
Sono incappato nel libro perché citato in un dossier che stavo leggendo redatto dal Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario. In effetti, nonostante non sia facile trovarlo, è un testo importante di quel periodo. Pubblicato nel ’79, si inserisce all’interno di un clima culturale e politico caratterizzato da un forte dibattito interno al movimento. Direi che è un testo fondamentale per addentrarsi nella vocazione alla problematizzazione tipica di quel periodo.

Matteo Gatti, Maneggiano la pistola come se facessero l’amore, 2025, matite colorate su carta, 70 x 50 cm
Da quest’opera letteraria ne è nata una tua, Maneggiano la pistola come se facessero l’amore, che è la più rappresentativa del concetto, all’interno del percorso espositivo. Ce la racconti?
Il disegno rappresenta un braccio e una mano femminile intenta nel gesto della pistola, simbologia diffusa in una parte di militanti degli anni Sessanta e Settanta. Il braccio è adagiato su un cuscino, come se appartenesse a una persona che sta dormendo, la scena è piuttosto intima. Ciò che intendevo mettere in scena è il paradosso tra il simbolo violento e il contesto di intimità, dato anche dal colore della matita, un rosa tendente al fuxia, il colore più innocuo che sono riuscito a trovare. Mi attraeva l’idea di rappresentare un momento legato al sogno, o al dormiveglia, nel quale una figura femminile stesse rielaborando un ricordo, o una fantasia.

Matteo Gatti, Vodka Cola, veduta della mostra, Playlist, Milano. Ph. Cristina De Paola – That’s contemporary
Vodka Cola, il titolo. Non tutti sanno che…
Vodka Cola è una canzone degli Area del 1978 contenuta nel disco Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!. Si tratta di un pezzo strumentale, in cui sono presenti i vocalizzi di Demetrio Stratos che si avvicendano a repentini cambi di tempo e tono. L’oscillazione tra momenti estremamente energici ed altri più regolari, quasi comici, mi è parsa in linea con la temperatura dei lavori che abbiamo deciso (Matilde Scaramellini, curatrice della mostra e direttrice della galleria, e io) di inserire in mostra.
Perché hai deciso di riportare all’oggi i turbamenti socio-economici di quel periodo?
Riattualizzare le istanze di quel periodo assume per me diverse valenze. Da una parte c’è senz’altro una sorta di affezione rispetto a quel tipo di linguaggio, urgenze e tensioni. Dall’altra non posso negare che, non senza un certo sadismo, la mostra intende guardare quel periodo storico come si potrebbe osservare un animale in via di estinzione in qualche tristissimo parco zoologico. Una domanda che ci ha accompagnato per tutta la progettazione della mostra è: “cosa è rimasto di quel periodo?”.

Matteo Gatti, Studio scientificamente accurato sul paesaggio industriale italiano, 2025, matite colorate su cartoncino e stampa ai sali d’argento da negativo, 70 x 50 cm
Come si insinuano nella tua contemporaneità?
La mostra si impernia principalmente su una frizione: negli anni del movimento operaio il nostro paese ha assistito a un movimento di massa convinto di poter cambiare la propria condizione attraverso un processo di collettivizzazione della lotta. L’oggi mi pare sia caratterizzato da un diffuso sentimento di arrendevolezza e da una condizione di estremo isolamento; nel giro di quarant’anni la situazione mi sembra completamente rovesciata. Questo contrasto credo possa dare adito a diverse riflessioni.
Visitando la mostra, ho pensato che anche l’arte contemporanea non sia avulsa da questi concetti, sebbene non in senso propositivo. Sei d’accordo?
L’arte contemporanea è il prodotto del proprio tempo quindi sì, certo. In un’epoca caratterizzata dalla precarietà e da un generale svuotamento di senso, l’arte non può esimersi dal restituire tale immagine.
Quando hai incontrato l’arte nel tuo percorso di vita?
Presto, a partire dagli ultimi anni del liceo artistico (dal quale sono uscito per miracolo).
Come si è evoluto nel tempo il tuo approccio a questa materia?
Ho avuto la fortuna di fare molte esperienze, dal lavoro come assistente al lavoro in collettivo, alla ricerca personale. Con il passare del tempo cambiano gli interessi, gli approcci, e soprattutto il peso che dai alle cose. Aspetti che anni fa mi sembravano vitali oggi hanno perso completamente importanza.
A proposito ti andare avanti, all’interno della mostra è esposto Stellantis. Un lavoro complesso, direi, nel quale hai utilizzato anche il supporto di ChatGPT. È stato un esperimento, il cui risultato è distopico: l’uomo dipenderà sempre di più dalle macchine. Come l’hai concepito e che messaggio ne hai tratto?
Il lavoro prende a pretesto la realizzazione di due ipotetici tunnel sotterranei che uniscono Mirafiori Nord a Mirafiori Sud (la Fiat è formata da due grandi complessi, separati da Corso Settembrini). Nel lavoro compare il disegno di un operaio (vestito con la tuta di Stellantis) metà uomo e metà formica, una versione del perfetto operaio. Ho chiesto a ChatGPT di elencarmi i vantaggi che le aziende avrebbero nell’utilizzo di operai modificati geneticamente; ti lascio immaginare la risposta. Evidentemente l’intelligenza artificiale non è sensibile alle istanze sindacali.
Cosa significa essere ribelli oggi?
Comprare la linea Bio dei prodotti dei supermercati.
Un pensiero per l’arte.
Un’alternativa economica alla terapia.
Matteo Gatti. Vodka Cola
testi di Alessio Barettini
Fino al 24 aprile 2025
PLAYLIST by Galleria Giampaolo Abbondio
Via Carlo Poma, 18, Milano
Orari: dal lunedì al venerdì dalle 15.00 alle 18.00 / su appuntamento