SALERNO | PALAZZO FRUSCIONE
Tra i primi eventi d’arte dopo le riaperture post-covid19, c’è la mostra Vocabulum (Ultrasegno vol. 1), che è andata in scena dal 22 maggio al 12 giugno, a Salerno, nella cornice normanna di Palazzo Fruscione, curata dal critico d’arte Marcello Francolini e da Fabio Avella, presidente dell’Associazione Collaterart organizzatrice dell’evento. Come dichiarato nella brochure informativa Vocabulum non è una mostra. È un modo di intendere l’opera d’arte nell’attualità. Tentando di svelare il meccanismo associativo, linguistico che sottende alle opere, al modo di guardarle e di interrogarle. Come potremmo discernere un campione di acqua santa da un campione di acqua normale?
Il tutto si articola come un dispositivo narrativo, per cui, come insiste Francolini: “ogni opera è mostrata attraverso una situazione, ovvero un certo modo di estendere il significato dell’opera, lasciarla protendere agli occhi dello spettatore verso ciò di cui è a proposito”. È organizzata su tre livelli come una risalita interiore.
Il Primo Livello è quello delle cose concrete o degli oggetti. All’ingresso un colonnato ipoteticamente greco, al centro un sacello sacro e dentro icone del design radicale da Cactus a Capitello a Sassi, tutti al di dentro del circolo sacro o metaforico entro cui ogni opera trova la sua posizione significante, a seguire nelle stanze attigue Senza Titolo di Gaetano Pesce e Capri di Ugo Marano e i vasi allestiti come un’assemblea sacra di Mimmo Paladino, con una pausa tra gli oggetti rituali di Sara Ricciardi.
Il Secondo Livello è quello delle cose riflesse o delle opere. Quegli artisti, dove l’oggetto è la forma, la materia, l’assenza entro cui ci parlano di un certo modo dell’uomo contemporaneo: cose che racchiudono la storia dell’arte, la ricerca della verità, la quotidianità del vivere, l’immaginario e la concretezza delle proposizioni. Un dialogo tra artisti maturi e giovani interessanti, che vengono installati come fossero in contrapposizione l’uno con l’altro, con le proprie ricerche stilistiche e le eventuali differenti sensibilità. Nella Stanza dei Paralleli, l’arte va verso l’ambiguità fenomenica di una nuvola di Pietro Lista e il riflesso oggettuale di Giovanni Talarico. Nelle sale attigue seguono gli euclidei di Antonella Pagnotta, i bilanciamenti di Emmanuele De Ruvo, gli ambienti di Lucas Memmola, i luoghi oggettuali di Ivana Lorusso. Si chiude il percorso con una ricerca sulla formazione dell’idea oggettuale nelle opere mediali di Davide Coltro e sui corpi fragili, concrete illusioni di Alfredo Maiorino.
Il Terzo Livello è quello dei concetti originari o degli archetipi. Una sezione curatoriale che vuole lasciare il fruitore in uno spazio di riflessione sui simboli, i segni, le parole, che l’arte ci ha lasciato e reinterpreta continuamente. Una mostra che spinge lo spettatore verso una ricerca continua su ciò che definiamo arte.