PARMA | Palazzo Pigorini | 23 settembre 2022 – 13 gennaio 2023
di MATTEO GALBIATI
Francisco Goya y Lucientes (1746-1828), uno dei più grandi artisti spagnoli che è considerato tra gli anticipatori dell’arte moderna, e George Grosz (1893-1953), maestro tedesco che, dopo aver sperimentato diversi linguaggi delle avanguardie, restò legato allo stile duro e spigoloso con cui definiva i suoi personaggi, a questo punto la domanda è: cosa li avvicina per unirli in una mostra? Se ad una prima (superficiale) analisi sembra esserci una distanza tale da renderli lontani nei tempi e nei modi, una più approfondita osservazione, invece, fa comprendere le ragioni profonde che hanno spinto Ralph Jentsch e Didi Bozzini a scrivere, con le scelte delle opere e l’allestimento pensato per i due piani di Palazzo Pigorini di Parma, la trama narrativa di un dialogo che diventa un’armonica narrazione visiva.
Goya – Grosz. Il sonno della ragione è un’esposizione che va visitata proprio per lo spirito che la anima e la schietta verità con cui le “ipotesi” diventano “tesi”, spingendo naturalmente lo spettatore a capire il contenuto, a estrarre il racconto e, forse, crediamo addirittura a cogliere una morale. Ci sono dialoghi e confronti che, anche se lontani nel tempo e nelle circostanze, proprio per l’universalità intrinseca del messaggio trasmesso, per la puntualità dell’osservazione, per la comune volontà critica, per il vigore della denuncia rendono possibili confronti tra esperienze assai diverse tra loro ed è così che Goya e Grosz si parlano al di là del (loro) tempo.
In virtù di quel loro “comune sentire” si riesce a stabilire una successione fluida di capolavori dove le opere dell’uno si apparentano esattamente a quelle dell’altro, a lasciar “gridare” quel segno grave che ne ha mosso le rispettive mani rendendo entrambi protagonisti di uno stile formalmente innovativo, benché carico di asprezze e spigolosità. Del resto questo loro linguaggio drammaticamente corrosivo fa trasmigrare la realtà attraverso la spietata messa in discussione delle sue più cupe verità: pittori e incisori, amanti del disegno, separati da un secolo e mezzo di storia e vicende umane, i due artisti, infatti, ricorrono a questi termini espressivi per raccontare e descrivere la condizione esistenziale dell’uomo fatta di grandi aspirazioni e ideali, ma anche di più concreti tormenti e flagelli, di elevazioni e di fallimenti, di sogni velleitari e di incubi più spesso divenuti tangibili.
Le loro figure, animate nell’espressività di un disegno energico e risoluto fino all’impetuosità, si muovono all’unisono e appaiono allo sguardo come strumento efficace per riflettere e denunciare, raccontare e prevedere l’ipocrisia, la violenza, la brutalità con cui l’uomo ha spesso scritto i capitoli della sua storia. Le loro visioni hanno inseguito i mali della società del loro tempo sopravanzando l’evidenza stessa della verità ed è in questa drammaturgia tragica del loro resoconto estetico (nei fatti quasi volutamente antiestetico) che siamo capaci di osservare non forme di un’arte che lega al passato le proprie esperienze, ma proviamo e tocchiamo con gli occhi elementi che ancora avvolgono la contemporaneità del nostro presente.
Sia Goya che Grosz, attraverso una spietata ironia senza sconto, hanno agito con scopo di denuncia, hanno assunto e dichiarato le loro posizioni ideologiche, eppure la distorsione brutale delle loro immagini ancora oggi ha un senso perché le stesse figure, rese attuali, ancora non hanno smesso di soffrire di quelle afflizioni che avevano attraversato nella società dei loro tempi.
Le loro sono visioni contemporanee, in questo modo il progetto della mostra trova la sua peculiare attualità: dipinti, disegni e incisioni si attivano, sala dopo sala, lasciando lentamente leggere quel messaggio importante che attraversa i secoli e i decenni, che fa valere il loro impegno oltre la superficiale limitatezza dei gusti e degli stili estetici di periodi circoscritti, e hanno la forza di continuare ad essere testimonianza. In questo modo si arriva a quella ragione profonda che la mostra, i curatori e gli organizzatori hanno ricercato nell’allestimento di questo importante progetto che va visto e, soprattutto, vissuto con sentimento.
La mostra di Parma, ricca, mai eccessiva e sempre meticolosa nelle scelte, ci regala di Goya tutte le ottanta incisioni dei Capricci del 1799 e di Grosz una nutrita serie di opere che, alcune mai esposte prima in Italia, attraversano le due guerre mondiali e i rispettivi dopoguerra; è un progetto la cui “passionalità” intrinseca rende testimonianza assolutamente viva e vera della propria profondità di osservazione. Una mostra di qualità, occasione unica non solo per cogliere la bellezza e la bontà di questo confronto artistico, ma anche per capire il senso vero della visione che ci consegna.
Ci sentiamo di sottolineare e sostenere la scelta coraggiosa del Comune di Parma che, in controtendenza rispetto alla qualità altissima del progetto e dei nomi coinvolti, indiscutibilmente di grande attrattiva, apre gratuitamente le sale di Palazzo Pigorini. La gratuità non è da considerarsi in relazione ad un “minor” valore della proposta, ma è nobilmente sostenuta per permettere a tutti l’accesso a questa mostra e al messaggio che ci vuole dare rispetto al quale la cronaca e i fatti recenti sono prova ulteriore. Per questo consigliamo (e non solo a chi vive a Parma) di non mancare la visita, sarebbe davvero un’occasione sprecata.
Goya – Grosz. Il sonno della ragione
a cura di Ralph Jentsch e Didi Bozzini
con il contributo del Comune di Parma; Comitato per Parma 2020
sponsor tecnici Gruppo Spaggiari Parma S.p.A.; Agenzia CFC – Reale Mutua Assicurazioni
23 settembre 2022 – 13 gennaio 2023
Palazzo Pigorini
Strada della Repubblica 29A, Parma
Orari: mercoledì, giovedì e venerdì 10.00-13.00 e 15.00-19.00; sabato, domenica e i festivi 10.00-19.00; chiuso lunedì e martedì
Ingresso gratuito
Info: +39 0521 218967
info.cultura@comune.parma.it
www.comune.parma.it/cultura