FOLIGNO (PG) | CIAC | Fino al 9 settembre 2012
Intervista a ITALO TOMASSONI di Matteo Galbiati
Al CIAC di Foligno, superbo spazio museale dalla pregevole architettura contemporanea in contrasto armonico con il centro storico della cittadina umbra, viene presentata una notevole mostra, rara nella bellezza dei suoi contenuti, dedicata ad uno dei maestri indiscussi dell’arte contemporanea italiana e internazionale anche se tra i meno conosciuti al grande pubblico: Vincenzo Agnetti. Esponente tra i maggiori dell’arte concettuale, la sua ricerca, che molto poco si è concessa alle speculazioni del mercato salvaguardandone l’integrità dell’insegnamento, è una lezione di riferimento tanto per i suoi contemporanei quanto per le generazioni successive di artisti. Concentrata negli anni che vanno dal 1967 al 1981 la sua produzione ci consegna, seppur in un solo quindicennio, un’analisi approfondita e variegata delle problematiche connesse alla significazione dell’opera d’arte e ai suoi molteplici parametri e codici che dalla sua visione derivano. L’esperienza diversificata ed esplorativa di Agnetti ha inciso profondamente sul decorso della storia dell’arte e, nonostante il suo nome non ricorra nella memoria collettiva, certamente rimane indiscusso maestro negli annali della storia. Testimonianza ulteriore della sua capitale importanza è la sua presenza nelle maggiori collezioni, pubbliche e private, mondiali.
Questa mostra ha il merito di offrire e far scoprire al pubblico un geniale protagonista della recente storia artistica attraverso un nucleo selezionatissimo di capolavori ma dimostra anche quanto le capacità critiche, l’impegno culturale e la volontà di sostenere progetti seri, magari anche “difficili”, corrispondano e si traducano nella produzione di mostre dal rigore scientifico destinate a lasciare un segno duraturo nella documentazione e nello studio dell’arte…
Mi complimento per la scelta di proporre una mostra dedicata a Vincenzo Agnetti e per l’esito dell’allestimento. È un artista complesso e intenso, poco conosciuto al grande pubblico, sicuramente una proposta coraggiosa. Ci dice perché Agnetti nell’estate di Foligno?
Nei programmi del Centro c’è l’idea di voler documentare gli svolgimenti dell’arte contemporanea nelle sue espressioni più significative. L’arte concettuale non era stata mai presa in considerazione in termini monografici. Lo abbiamo fatto ora con la retrospettiva di Agnetti, un grande artista sicuramente, non ancora apprezzato e studiato per quanto merita.
Abbiamo detto che Agnetti, pur essendo uno degli artisti più importanti della storia dell’arte contemporanea italiana e internazionale, non ha goduto del giusto tributo e riconoscimento critico. Che ragioni si dà?
Vincenzo Agnetti è vissuto relativamente poco, ha prodotto pochissimo, ha distrutto le sue prime prove, si stima l’intero suo corpus in meno di duecento opere. Diffidava del mercato. Il suo rilevante contributo ad Azimuth è stato decisivo in termini teorici e di scrittura, mentre Manzoni e Castellani si sono concentrati sulla condizione creativa nel suo storicizzarsi.
Cosa rappresenta per lei Agnetti all’interno della storia dell’arte italiana?
In Italia l’arte concettuale non ha avuto, dal punto di vista creativo, un seguito sistematico. Si è svolto invece un dibattito critico puntuale nel quale mi permetta di ricordare anche i miei contributi: un lungo saggio intitolato Dall’oggetto al Concetto. Elogio della Tautologia pubblicato sul n.28-29 di Flash Art del dicembre 1971 e una conferenza per gli Incontri Internazionali d’Arte di Palazzo Taverna a Roma il 21 marzo 1972 (Un’ipotesi sull’arte concettuale). Sempre a Palazzo Taverna anche Vincenzo Agnetti tenne un suo intervento il 18 maggio del ’72 (Nelle bacheche dell’ingresso al Centro è stata allestita una documentazione di sintesi della pubblicistica italiana e internazionale del Movimento ed esposto un reprint di Azimuth). Certamente, dunque, nella prima metà degli anni Settanta, la critica italiana ha dato un suo contributo tempestivo allo studio del concettualismo, ma le coordinate di riferimento si sono sempre polarizzate, come era inevitabile, sulle culture anglosassoni. Sul versante creativo Agnetti rappresenta il fenomeno più autentico, tempestivo e avanzato in Italia di questa complessa esperienza linguistica anche se egli si è posto dall’angolazione di una sua personale ed autonoma declinazione di quella problematica. Infatti i grumi di senso più intensi della sua parabola materializzano un approccio che, anzitutto, non sacrifica interamente l’oggetto sull’altare del documento e dell’archivio, e, in secondo luogo, storicizza l’analisi in termini meno tautologici di quelli dei suoi colleghi americani e meno ortodossi di quelli di Art & Language. Il titolo della mostra L’OperAzione Concettuale sintetizza queste peculiarità. Opere come La Macchina Drogata e il Libro dimenticato a memoria esemplificano un tipo di ricaduta che si concentra sull’oggetto, pur vivendolo come luogo del distacco da ogni immediatezza e da ogni funzione pratica.
La mostra è co-curata con Bruno Corà, come si è svolto il vostro lavoro? Che scambi avete avuto?
Un continuo e proficuo scambio di idee e spunti progettuali. Alla fine i ruoli si sono definiti spontaneamente. Le scelte sono state comuni e, sulle scelte, Bruno ha delineato lo scenario storico; io ho tracciato le coordinate teoriche.
Come avete affrontato la scelta così attenta delle opere? Che rapporto e che riscontro avete avuto con i prestatori?
Profonda gratitudine si deve a Bruna Soletti e Germana Agnetti, titolari dell’Archivio Agnetti e vigili custodi della figura e dell’opera del Maestro. Hanno svolto un ruolo insostituibile nell’ideazione e nell’ordinamento della mostra. I collezionisti, le gallerie, i musei hanno tutti dimostrato la massima disponibilità e vanno ringraziati. La selezione ha ripercorso e documentato i nuclei e gli snodi fondamentali del percorso creativo dell’artista. Abbiamo dovuto a malincuore rinunciare all’opera fondamentale Amleto Politico perché esposto a Milano nella coincidente mostra del Novecento. La Rassegna appare, peraltro, assolutamente completa.
Importante è anche il catalogo che avete prodotto. Ci illustra i suoi contenuti e le sue specificità?
Abbiamo scelto un editore giovane e nobilmente “artigianale” che beneficia della grande tradizione grafica di Città di Castello, la città di Alberto Burri. Giovane anche il grafico che ha risolto in modo coerente l’impaginato del libro. Trattandosi di un documento che si affaccia sul concettuale, la veste non poteva essere, infatti, che quella sobria e monocromatica che il tema impone. Per i testi critici, le foto e gli apparati (esposizioni, bibliografia), abbiamo voluto mantenere lo standard classico dei cataloghi delle mostre personali. Da non perdere una struggente biografia che Germana Agnetti svolge sotto il titolo di un famoso autoritratto del padre: Quando mi vidi non c’ero.
Ho visitato il CIAC per la prima volta in quest’occasione e ne sono stato molto colpito. È uno spazio incredibile che fa invidia alle città e ai centri più grandi che si fregiano di essere le capitali dell’arte contemporanea italiana. Ci dice brevemente come è nato a Foligno questo straordinario spazio dedicato al contemporaneo che, tra l’altro, vanta anche un’architettura d’eccezione?
La storia del CIAC inizia quando la Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno, di cui venni chiamato a far parte come consigliere e di cui oggi mi onoro essere da molti anni vicepresidente, decise di dedicare una parte della sua mission alla cultura e in particolare all’arte moderna e contemporanea. Le suggestioni provenivano da passate esperienze locali. Mostre importanti come Lo Spazio dell’immagine e Il tempo dell’immagine, tenutesi a Foligno nel 1967 e nel 1982, e la frequentazione della città da parte di artisti importanti avevano creato una sensibilità predisposta a ricevere qualcosa che desse corpo e documentazione alla avventura dell’arte contemporanea. Così, di concerto con la Regione Umbria e il Comune di Foligno, la Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno ha creato in pieno centro storico una struttura moderna ove produrre mostre e eventi culturali e ha restaurato una chiesa settecentesca in rovina adibendola a secondo polo espositivo dove ha collocato definitivamente il capolavoro di Gino De Dominicis Calamita Cosmica, acquistato con lungimiranza dopo la scomparsa dell’artista. Sia la costruzione del CIAC che la destinazione della Chiesa dell’Annunciata a finalità museali rappresentano un vero e proprio miracolo che la città sente ormai appartenere alla sua storia. L’architettura del CIAC è germogliata sull’idea originaria di Getulio Alviani, sviluppata e portata a termine dall’architetto Giancarlo Partenzi. La Chiesa dell’Annunciata è un complesso architettonico del Murena che fu collaboratore di Vanvitelli e di Giuseppe Piermarini (come è noto, architetto folignate) ripristinato dopo secoli di abbandono e divenuto oggi il contenitore ideale per un’opera che si integra prodigiosamente con la sua cortina muraria, con le sue volte, la sua luce, il suo spazio.
Il CIAC si è sempre impegnato su progetti di grande respiro. Che anticipazioni ci può fare sui programmi futuri? A cosa state lavorando?
La ringrazio per tutti i suoi apprezzamenti! Dal 2009 cerchiamo di mantenerci all’altezza della cultura del contemporaneo che si produce nei musei e nella gallerie d’arte di spicco. Il rigore scientifico è la prima preoccupazione del Comitato Scientifico del Centro, che include critici e storici dell’arte come Bruno Corà e Bruno Toscano e alcuni direttori artistici di importanti musei come Anna Mattirolo, Laurent Le Bon, e Giacinto di Pietrantonio. Attualmente stiamo preparando una grande mostra di architettura sulla figura, l’opera e l’ideologia di Giuseppe Terragni, che si inaugurerà il 6 ottobre e rimarrà aperta fino a dicembre. Seguiranno due mostre monografiche dedicate ad un importante fotografo e a un grande pittore, entrambi statunitensi.
Vincenzo Agnetti. L’OperAzione concettuale
a cura di Italo Tomassoni e Bruno Corà
CIAC
Via del Campanile 13, Foligno (PG)
Fino al 9 settembre 2012
Orari: venerdi, sabato e domenica | 10.00-13.00 | 15.30-19.00
Info: info@centroitalianoartecontemporanea.it
www.centroitalianoartecontemporanea.com