BOLOGNA | PALAZZO FAVA. PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI | 26 MAGGIO – 24 SETTEMBRE 2023
di LEONARDO REGANO
S’intitola Viaggio Verso l’ignoto. Lucio Saffaro tra arte e scienza la grande retrospettiva che la Fondazione Lucio Saffaro dedica al ricordo dell’artista triestino nel venticinquesimo anno della sua scomparsa, presentata a Bologna nelle sale di onore di Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni, in collaborazione con Genus Bononiae e Fondazione Carisbo.
Uomo di scienze ma anche artista raffinato ed enigmatico, Lucio Saffaro (Trieste 1929 – Bologna 1998) si è dedicato nel corso della sua vita, con una straordinaria coerenza, ad una pittura che ha fatto della rappresentazione della geometria e del calcolo la sua cifra stilistica tanto da meritarsi l’appellativo di “artista-matematico”, contaminando il rigore formale dei soggetti scelti con suggestioni di carattere letterario, mistico, filosofico e speculativo.
Le più di cento opere raccolte nelle sale dell’antico Palazzo nobiliare bolognese – tra dipinti, grafiche, fotografie e libri – aiutano a ripercorrere una carriera che ancora oggi è forse troppo poco conosciuta dal grande pubblico, nonostante l’alto livello tecnico raggiunto ed i tanti riconoscimenti ottenuti dall’artista triestino, che ha preso parte ad eventi come la Biennale di Venezia (1986) e la Quadriennale di Roma (1965, 1973, 1986), ed è stato premiato in occasioni prestigiose come alla Biennale di San Paolo del Brasile (1969), quella di Grafica di Rijeka (1970) e quella di Cracovia (1972). E non si può non ricordare, in queste poche righe, gli importanti contributi critici ricevuti perché di lui hanno scritto – tra gli altri – Francesco Arcangeli, Filiberto Menna, Carlo Giulio Argan, Maurizio Calvesi, Giovanni Maria Accame, Renato Barilli e la lista è ancora molto lunga.
I “poliedri eleganti” di Lucio Saffaro – come li ha definiti il matematico Michele Emmer – sono figure che legano la rigida costruzione geometrica ad una “imprecisata situazione umana”, continuando a usare le parole del matematico milanese. Come osserva Gisella Vismara, Segretaria Artistica della Fondazione Lucio Saffaro e curatrice della mostra a Palazzo Fava insieme a Claudio Cerritelli, è proprio questa tensione verso «l’infinito che ha indotto la critica a coniare l’espressione di “opere inquiete”, caratterizzate quindi da un’inquietudine che, già dagli inizio degli anni Sessanta, anche Arcangeli definiva profonda e insidiosa: un’interpretazione divenuta cifra costante e condivisa solo da coloro che, accostandosi sentitamente all’opera di Saffaro, sono riusciti a superare le classificazioni di astratto, figurativo, concettuale, formalista o metafisico, giungendo, perciò, a una comprensione reale ed effettiva di un lavoro artistico che, indubbiamente, richiede al critico un importante sforzo euristico».
In Saffaro ingegno matematico e sensibilità pittorica coesistono, dando vita ad opere uniche nel suo genere. La passione per le forme nette, le geometrie solide e l’interazione dei piani arriva al centro della sua riflessione teorica a metà degli anni Sessanta. Nel 1966, ricordiamo, Saffaro pubblica il Tractatus logicus prospecticus, corredato dalle 120 tavole grafiche (o “teoremi” come preferiva definirle) con cui dimostra le infinite possibilità di rappresentazione spaziale di una semplice linea. Già dal titolo sono evidenti i riferimenti dell’autore, ovvero le analisi filosofiche linguistiche di Wittgenstein e quelle geometriche di Piero della Francesca, l’artista che ha reintrodotto lo studio dei poliedri nella cultura occidentale.
Nel 1968 il quadro L’ipotesi di Knosso segna la definitiva chiusura del periodo “pseudometafisico” e l’inizio di quello più noto, caratterizzato appunto dalle rappresentazioni dei poliedri. Le sue tele sono così dominate da complesse forme geometriche che vagano in spazi vuoti e indefiniti. Anche la tavolozza cambia. Abbandona i rossi e i verdi, e si avvicina a tonalità più chiare. Nelle sue tele compaiono il grigio, l’azzurro e la terra di Siena, in ogni loro sfumatura. Centrale diviene per Saffaro lo studio e la scoperta di nuovi poliedri, una continua ricerca di nuove forme che diviene anche oggetto di numerosi saggi e conferenze tenute in Italia e all’estero. Alla lucidità dell’uomo di scienza unisce le capacità visionarie dell’artista.
Come scrive Claudio Cerritelli nel suo testo per il catalogo che accompagna la mostra edito da Bologna University Press, «L’arte di Saffaro si muove in modo trasversale rispetto alle tensioni geometriche, alle inquietudini metafisiche, agli incantamenti surreali, agli enigmi filosofici, ai rigori minimalisti, agli esercizi citazionistici, alle virtualità tecnologiche, e a tutto ciò che egli ha potuto assimilare, con volontaria distanza dagli alfabeti contemporanei».
Preziosa e impeccabile, la retrospettiva dedicata a Lucio Saffaro nelle sale di Palazzo Fava continua fino a fine settembre nel capoluogo emiliano, fiore all’occhiello di un’offerta culturale di una città, qual è ormai Bologna, che non conosce più pause estive dichiarando così la sua ritrovata vocazione turistica.
Viaggio verso l’ignoto. Lucio Saffaro tra Arte e Scienza
a cura di Claudio Cerritelli e Gisella Vismara
26 maggio – 24 settembre 2023
Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni
via Manzoni 2, Bologna
Orari: martedì-domenica,10.00-19.00; giovedì 10-21.30. Chiuso lunedì.
Biglietto intero di ingresso: 6€ (gratuito il giovedì dalle 19 alle 21:30)
Info: 051 19936329
esposizioni@genusbononiae.it
www.genusbononiae.it