VENEZIA | Fondazione Prada | Fino al 26 novembre 2023
di FRANCESCO FABRIS
Scienza, arte e riflessione si incontrano nella prestigiosa sede veneziana della Fondazione Prada.
Nello storico palazzo di Cà Corner della Regina va in scena “Everybody Talks About the Weather”, mostra di ricerca ideata e curata da Dieter Roelstraete che si inserisce nell’ampio progetto della Fondazione teso ad affrontare sfide culturali con le risorse complementari di arte e scienza, ponendo in dialogo serrato universi solo apparentemente distanti (vedi la mostra Cere anatomiche: La Specola di Firenze | David Cronenberg in corso fino al 17 luglio scorso nella sede milanese della Fondazione, progetto ideato in collaborazione con La Specola, parte del Museo di Storia Naturale e del Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Firenze, e il regista e sceneggiatore canadese David Cronenberg, ndr).
Sino ad un recente passato, parlare del tempo ha rappresentato una modalità diffusa per tergiversare, eludere temi caldi, uscire dall’imbarazzo del silenzio stordendo l’interlocutore con contenuti privi di interesse, da parte di chi contenuti non ne aveva. La prospettiva attuale, quella di un pianeta in grave crisi climatica ed ambientale in cui le tematiche atmosferiche fossero al centro degli impegni non solo scientifici del mondo, era davvero remota.
Lo dimostra in maniera inequivoca il titolo della mostra, mutuato da un celebre slogan “Alle renden vom Wetter. Wir Nicht” (tutti parlano del tempo, noi no) utilizzato nel 1968 come manifesto dalla Unione Studentesca Socialista Tedesca proprio per enfatizzare come le forze politiche avverse e passatiste si occupassero di temi banali e di nessun interesse per il progresso ed il bene comune.
Il ribaltamento drammatico di prospettiva è colto e sviluppato da questa kermesse di arte e scienza, che getta una luce delicata ma profonda sulla più grande minaccia esistenziale che l’umanità abbia dovuto affrontare negli ultimi centomila anni.
La scelta curatoriale è in linea con la difficoltà che il mondo letterario, artistico e culturale ha storicamente manifestato nell’affrontare l’attuale crisi climatica, un argomento troppo vasto, catastrofico e paralizzante perché pensatori ed autori se ne potessero occupare in maniera adeguata.
La storia racconta però di un’arte che ha sempre descritto, raccontato e narrato il tempo atmosferico come un soggetto intimo dal quale far scaturire emozioni, introspezioni e valutazioni anche scientifiche. Tempeste, nevicate, nubi e luce solare sono da sempre state fotografate dall’occhio artistico, da Turner a Monet, da Giorgione a Courbet. I fenomeni atmosferici sono stati intesi quali feticci di un intervento divino, narrazione di cambiamenti epocali nella storia dell’uomo, o semplicemente come contesti ideali per l’affermazione del sublime.
È così che l’attuale atteggiamento di “evitamento” della crisi climatica viene aggirato ricorrendo alla più umana ed artificiale delle azioni, l’arte appunto, che con il suo potere emotivo ed evocativo agevola la cognizione di temi normalmente difficili da contenere.
La mostra accoglie i visitatori con un ledwall in cui scorrono in loop le previsioni metereologiche tratte dai più significativi media mondiali, per poi proseguire al piano terra e primo dove si trovano riproduzioni di opere storiche (unica installazione con otto repliche di capolavori del passato) ed opere contemporanee, tutte incentrate sulla riproduzione di significativi “momenti” atmosferici, significativi per l’evoluzione della storia dell’arte le prime, e su riflessioni più amaramente contemporanee le seconde.
A lato di ogni opera vi sono esaurienti raccolte di informazioni scientifiche, che si pongono come un corollario indispensabile di mappe, dati e diagrammi che sfruttano l’estasi estetica per parlare di singole e minime “rivoluzioni climatiche” in ogni angolo del pianeta, consentendo attraverso una tangibile frammentazione dei fenomeni una empatica comprensione.
In questo contesto di dialogo tra scienza, ricerca ed arte, si inseriscono le opere realizzate con media molto diversi. Colpiscono gli assemblaggi effimeri di Cecilia Vicuña, artista ed attivista cilena, che espone agli agenti atmosferici assemblaggi effimeri realizzati con materiali reperiti anche a Venezia (NAUfraga, 2022) al pari dei “carotaggi” di terreno del veneziano Giorgio Andreotta Calò, dai quali si ricava anche la storia stratificata degli incidenti climatici.
Suggestivo il video Deep Breath, del collettivo Raqs Media Collective, nel quale la ricerca di un reperto storico greco da parte di tre sommozzatori è l’occasione per una riflessione filosofica ed una presa di coscienza sulla mancanza di respiro, sulle pessime condizioni ambientali della loro città, Delhi, la più inquinata del pianeta.
I fenomeni naturali, in questo caso le evaporazioni prologo del riscaldamento globale, sono oggetto delle foto concettuali di Hans Haacke, mentre l’elemento naturale ed artistico per eccellenza, la nuvola, è qui indagata attraverso le opere anche fotografiche di Chantal Peñalosa e di Iñigo Manglano-Ovalle, occasione di riflessione estetica e socio-politica.
Corollario delle opere, una serie di “stazioni di ricerca” nelle quali vengono raccolti volumi, saggi, pubblicazioni ed articoli – ma anche interviste e video – inerenti la condizione climatica globale, così da consentire allo spettatore di radicare la portata delle molteplici manifestazioni del fenomeno attingendo dalle stesse fonti che ne documentano l’esistenza.
L’accostamento tra singolo evento e l’opera che ne narra realizza una attività di sensibilizzazione anche estetica che rende il problema più circoscritto e comprensibile.
Nella città che più di tutte al mondo soffre la minaccia dell’incombente catastrofe climatica, una saggia “guida estetica e scientifica” nella quale le sensibilità degli artisti e degli spettatori smembrano ed alleggeriscono, partecipandovi attivamente, l’immane problema contemporaneo.
“Everybody Talks About the Weather”
a cura di Dieter Roelstraete
ARTISTI IN MOSTRA: Sophia Al-Maria, Giorgio Andreotta Calò, Shunivai Ashoona, Anonimo veneto, Ursula Biemann, Nina Canell, Vija Celmins, Paolo Cirio, Gustave Courbet, Vittore Grubicy de Dragon, Jason Dodge, Ayan Farah, Theaster Gates, Beate Geissler & Oliver Sann, Antony Gormley, Hans Haacke, Ichoryusai Hiroshige, Katsushika Hokusai, Jitish Kallat, Anne-Christine Klarmann, Zdeněk Košek, Goshka Macuga, Iñigo Manglano-Ovalle, Santu Mofokeng, Plinio Nomellini, Carlo Francesco Nuvolone, Alix Oge, Richard Onyango, Chantal Peñalosa, Dan Peterman, Nick Raffel, Raqs Media Collective, Gerhard Richter, Thomas Ruff, Tiffany Sia, Himali Singh Soin, Vivian Suter, Fredrik Vaerslev, Pieter Vermeersch, Pae White, Tsutomu Yamamoto, Yang Yongliang
20 maggio – 26 novembre 2023
Fondazione Prada
Palazzo Ca’ Corner della Regina, Venezia
Orari: Tutti i giorni, tranne il martedì, dalle 10.00 alle 18.00
Info: +39 02 56662634
press@fondazioneprada.org
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