SANT’ANGELO DEI LOMBARDI (AV) | Abbazia del Goleto | 26 ottobre – 30 novembre 2014
Intervista a GIANNI FIORITO di Matteo Galbiati
Abbiamo ammirato, in una mostra coinvolgente tanto per la qualità delle opere esposte quanto per l’affascinante cornice che le ospita, le fotografie che Gianni Fiorito (1959) ha realizzato negli anni di lavoro come fotografo di scena di Paolo Sorrentino e, presentate nell’ambito del progetto Irpinia: un sistema fra cultura e memoria, hanno animato la stupenda Abbazia del Goleto di Sant’Angelo dei Lombardi (AV).
Fiorito racconta, con il suo peculiare sguardo, la singolarità dei set dei film del celebre regista campano in sessanta scatti che, nella prima antologica dedicata alla sua filmografia, riassumono un intreccio contaminante di visioni che dal regista agli attori, fino ad arrivare allo stesso fotografo avvolgono di un’atmosfera intensa queste immagini.
In questa occasione Fiorito ci ha rilasciato questa breve intervista:
Come hai conosciuto Paolo Sorrentino? Quando è nato il vostro sodalizio artistico?
Lo conobbi a Teatri Uniti a fine Anni ’90: lui stava preparando L’uomo in più, io, da fotoreporter, in quegli anni seguivo il Calcio Napoli, mi chiese di potermi accompagnare sul campo dello stadio San Paolo per “studiare” in vista del film, così venne con me per alcune partite.
Tu non sei solo fotografo “per il cinema”, sei anche fotoreporter, fotogiornalista, … Cosa significa essere fotografo di scena per te? Cambia qualcosa rispetto al lavoro “tradizionale”? Ci sono diverse specificità?
Sul set io mi muovo da fotoreporter, quello che avviene sul set per me è un avvenimento. Le specificità sono la discrezione, l’invisibilità…
Come lavora, quindi, un fotografo in un luogo complesso come un set cinematografico?
Bisogna avere molto rispetto per il lavoro del regista, degli attori, occorre essere vicino abbastanza per poter fotografare, ma essere appunto discreti, invisibili. Bisogna rispettare anche il lavoro dei tanti altri lavoratori della troupe: fonici, macchinisti, operatori, truccatori, essere tutti insieme senza intralciare il lavoro di nessun altro. Ognuno svolge il proprio lavoro, della massima importanza, per il bene del film.
Stare dietro e dentro ad un film significa stare in bilico tra realtà e finzione, tra realtà presente nascosta e realtà finta, narrata e totalmente ri-costruita. Possiamo leggere nei tuoi scatti questa ibridazione tra verità e finzione, tra storia vissuta e storia inventata?
Spero di sì. Molto della mia ricerca si sviluppa a cavallo tra questi due mondi, tra scena ricostruita ed ambiente reale, spesso con uno sguardo volutamente ironico.
In mostra vediamo due tipi di fotografia: direi una più cinematografica che presenta gli attori sul set, quasi fosse un frammento dello stesso film. L’altra invece mostra il “dietro le quinte”, il lavoro dietro al set. Come si regola il tuo sguardo in questi due diverse tipologie di fotografie? Sono diverse o è un insieme unitario?
Sul set questi due momenti non sono separati, convivono e si verificano contemporaneamente. È necessario rimanere concentrati, attenti e vigili, seguire tutto ciò che avviene in ogni luogo del set, fotografando tenendo il filo di questi due distinti momenti in testa.
Ci racconti il Sorrentino mentre lavora? Che personalità esce di questo regista?
È un regista rigoroso e scrupolosissimo. Ha il film già disegnato in testa, giustamente pretende la stessa concentrazione e attenzione da tutti quelli che lavorano al film.
E il Sorrentino fuori dal set?
Naturalmente sulla difensiva nel pubblico, attento osservatore, riesce ad essere se stesso in famiglia e fra amici di vecchia data.
I set dei diversi film su cui hai lavorato influenzano – anche pensando al soggetto e alla storia che la trama della pellicola propone – le tue scelte di fotografo?
Prima di fotografare sul set leggo sempre la sceneggiatura, cerco di immaginare la scena, di capire i personaggi. Riverso questa conoscenza nelle mie foto.
Sean Penn, Toni Servillo, Valeria Golino… Sono solo alcuni degli attori e attrici che hai immortalato, di tutti loro in che parte emerge la loro identità di artista – e quindi di loro come individui – e quanto del personaggio interpretato? Come ti regoli in questo, vista la grande capacità delle tue immagini di sottolineare le peculiarità degli atteggiamenti, degli sguardi, dell’individualità di ciascuno?
L’identità dei singoli artisti, i loro stati d’animo sono “argomento” delle foto di backstage, a volte possono essere interessanti, utili al “racconto” che sto sviluppando, altre volte meno e preferisco rimanere in disparte, non essere ossessivo nella ricerca di una foto, rispettare la libertà di un attore. Solitamente su un set non ho che pochi secondi a disposizione per fare un ritratto, in questi casi la bravura di un attore di essere nel personaggio, di astrarsi dal caos circostante per “darsi” solo al fotografo, è fondamentale. Questa è una complicità necessaria e va costruita giorno per giorno.
Del tuo lungo percorso lavorativo con Paolo Sorrentino, quali aneddoti e quali ricordi conservi con maggior passione?
Ho avuto la fortuna di conoscere un Paolo Sorrentino giovanissimo e di condividerne la crescita, assieme ad un gruppo di persone che l’hanno accompagnato in questi anni, fino al trionfo Hollywoodiano dell’Oscar, una straordinaria avventura umana, di cui ogni film è stata una tappa appassionata, da serbare nella sua interezza.
Tra tutti i film che hai documentato, da spettatore interno e poi da fruitore esterno, quali sono le tue pellicole preferite, quelle cui sei più legato e perché?
Fra i film di Paolo sicuramente Il divo e La grande bellezza. Il primo perché raccontava un personaggio ed avvenimenti che appartenevano alla nostra storia recente. Avvenimenti che avevo seguito da vicino, per la mia attività di fotoreporter; il secondo per la sua complessità: un film con molti attori, tantissime comparse e con scene complesse, tanti luoghi diversi e tutti bellissimi, girato quasi interamente di notte. Tutto questo ha moltiplicato i miei stimoli visivi, ogni giorno di lavorazione c’era un aspetto da approfondire, senza ripetizioni, mai scontato. Una miniera di immagini in cui scavare.
La tua mostra rientra nel progetto Irpinia: un sistema fra cultura e memoria, curato con tenace passione da Maria Savarese, cosa significa per te dare il tuo contributo artistico e culturale per il rilancio di questa regione?
L’Irpinia è una regione straordinaria, una terra dalla natura ancora intatta, una sana cultura contadina, prodotti di eccellenza nel campo agroalimentare e bellissime testimonianze del passato come l’Abbazia del Goleto, l’affascinante location che ospita la mia mostra. La possibilità che mi è data, attraverso la mia esposizione, di accendere un faro, una luce, su questa ricchezza, di contribuire a farla conoscere è uno degli aspetti più positivi e gratificanti del mio lavoro.
Quali progetti hai in corso? A cosa stai lavorando?
Attualmente a Napoli sto documentando due progetti di carattere sociale: uno di inclusione infantile nel quartiere Montesanto attraverso la creazione di una banda, “La Scalzabanda”, l’altro di riqualificazione dal basso del parco di Scampia.
Sui set di Paolo Sorrentino. Fotografie di Gianni Fiorito
a cura di Maria Savarese
26 ottobre – 30 novembre 2014
Abbazia del Goleto
Contrada San Guglielmo, Sant’Angelo dei Lombardi (AV)
Orari: da giovedì a domenica, 10.00-13.00 e 16.00-19.00
Ingresso libero
Irpinia: un sistema fra cultura e memoria
direzione artistica Maria Savarese
finanziato da Regione Campania attraverso P.O.F.E.S.R. Regione Campania 2007-2013 Ob. Op. 1.12
promosso da Comune di Bagnoli Irpino
con il matronato di Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee di Napoli
19 settembre 2014 – 31 gennaio 2015
Sedi: Palazzo del Municipio, Parco pubblico, Chiesa di San Domenico a Bagnoli Irpino (AV); Abbazia del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi (AV); Piazza Natale e il centro antico a Nusco (AV); Carcere Borbonico ad Avellino