Mamiano di Traversetolo (Parma) | Fondazione Magnani-Rocca | 16 marzo – 30 giugno 2024
di ILARIA BIGNOTTI
Come fare a raccontare il genio incredibile, metamorfico, leggerissimo e profondissimo, di Bruno Munari, oggi? Come fare a condensare settant’anni di idee e di lavori, dall’arte al design, dalla grafica alla pedagogia (e si pensi ai pioneristici laboratori per stimolare la creatività infantile)?
“Di Munari – ricorda Marco Meneguzzo, curatore della mostra con Stefano Roffi – esiste un’autobiografia brevissima, in trentotto frasi davvero sintetiche, continuamente aggiornata sino alla fine:
“quello nato a Milano nel 1907 / Quello delle Macchine inutili del 1930 / Quello dei nuovi libri per bambini del 1945 / Quello dell’Ora X del 1945 / Quello delle Scritture illeggibili di popoli sconosciuti del 1947 / Quello dei Libri illeggibili del 1949 / Quello delle Pitture negative-positive del 1950 / Quello delle Aritmie meccaniche del 1951 / Quello delle Proiezioni a luce polarizzata del 1952 / Quello delle fontane e dei giochi d’acqua del 1954 / Quello delle Ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari del 1956 / Quello del Portacenere cubico del 1957 / Quello delle Forchette parlanti del 1958 / Quello del design / Quello delle Sculture da viaggio del 1958 / Quello dei Fossili del Duemila del 1959 / Quello delle Strutture continue del 1961 / Quello delle Xerografie originali del 1964 / Quello degli Antenati del 1966 / Quello del corso di design alla Harvard University USA del 1967 / Quello della Flexy del 1968 / Quello della grafica editoriale Einaudi / Quello dell’Abitacolo del 1971 / Quello dei Giochi didattici di Danese / Quello dei colori nelle Curve di Peano del 1974 / Quello dei Messaggi tattili per non vedenti del 1976 / Quello dei bonsai / Quello dei Laboratori per bambini al museo del 1977 / Quello delle rose nell’insalata / Quello della lampada di maglia / Quello dell’Olio su tela del 1980 / Quello dei Filipesi del 1981 / Quello dell’Alta tensione del 1991 / Quello degli Ideogrammi materici del 1993 / Quello premiato col Compasso d’Oro, con una menzione onorevole dall’Accademia delle Scienze di New York / e quello premiato dalla Japan Design Foundation “per l’intenso valore umano del suo design” / Quello del premio Andersen per il miglior autore per l’infanzia / Quello del premio Lego”.
Un’autobiografia, che è straordinaria, e che farebbe allora davvero parlare, percorrendo la mostra, di un’esposizione dedicata a tutto ciò che Munari ha ideato, prodotto, e prima ancora visto, e capito, sollecitato, e rinnovato, per l’umanità contemporanea.
Ma ancora il curatore smentisce la presunta pretesa di totalità, dichiarando che questa grande mostra sia in realtà “il paradossale pretesto per nuovi studi su Munari”.
Quel che è certo, è che sono trascorsi oltre 15 anni dalle due grandi retrospettive dedicategli a Milano e a Roma, e di lui, della sua opera, della sua instancabile e plastica creatività, c’è sempre molto, altro, tutto da vedere, esperire, imparare. Ed in effetti, questa alla Fondazione Magnani-Rocca è una mostra densa, densissima, dove ad ogni giro di sguardo trovi qualcosa da scoprire, mentre i colori, le linee, le immagini-sorpresa, i movimenti virtuali o reali delle sue opere, le sue sculture, i suoi video, i suoi libri e le copertine dei libri degli altri che lui ha disegnato, i suoi dipinti certamente, i suoi letti dai quali far scendere farfalle, componibili e modulabili a seconda dei nostri sogni si contaminino e prendono l’uno dall’altra vita, energia, caleidoscopici, compenetrantisi.
Forse quello che Bruno Munari ci ha insegnato in modo puntuale, e che assolutamente, ancor oggi, costituisce la base di una ineccepibile didattica delle immagini, è che quel che conta è scoprire il processo per il quale i colori si stagliano, le forme si muovono, il nostro corpo si ambienta e dialoga con gli oggetti, mentre l’occhio torna ad essere misura di tutte le cose.
Munari ci ha insegnato a credere nella maieutica, nell’arte della levatrice: ci fa scoprire, in un’epoca infestata e infestante di soluzioni velocissime e altrettanto evanescenti, virtuali e digitali, dove addirittura viene messo in discussione il nostro ingegno – la nostra fantasia – per cederli all’Intelligenza Artificiale – ci fa scoprire, scrivevo, che possiamo ancora ambire al gioco, all’invenzione e all’inventiva, alla scelta e all’errore, anche. Possiamo essere – possiamo restare – umani. Basta avere la forza di guardare a una forchetta come a una lettera di un nuovo alfabeto, o saper osservare le ombre proiettate da un po’ di fili di ferro.
Non ci serve molto, eppure abbiamo bisogno di TUTTO: di tutto il nostro voler conoscere, voler capire, e anche voler sognare. Grazie, Maestro. Grazie di TUTTO.
BRUNO MUNARI. TUTTO
a cura di Marco Meneguzzo e Stefano Roffi
16 marzo – 30 giugno 2024
Fondazione Magnani-Rocca
via Fondazione Magnani Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma)
Info: +39 0521 848327 / 848148
info@magnanirocca.it
www.magnanirocca.it