LECCO | Galleria Melesi | 19 settembre – 14 novembre 2020
di MATTEO GALBIATI
Nonostante la chiusura anticipata, dettata dal recente DPCM che impone il blocco delle attività di gallerie e musei, abbiamo scelto di pubblicare questa recensione per mettere in evidenza un progetto di grande qualità e di importante significato per il valore intrinseco che ha in sé. Questa mostra è capace di fondere, in una progettualità unica, mondi e modi diversi, occasioni di collaborazioni differenti ed esperienze artistiche lontane a vantaggio di quei precisi, per quanto imprevedibili a chi guarda, rimandi e connessioni che sono quanto mai importanti oggi a sostegno di un dialogo e di un confronto capaci di suscitare un fascino inatteso e, per questo, intrigante nella sua percezione.
Ci voleva l’immaginazione e la sensibilità di Sabina Melesi per conciliare l’inconciliabile. L’esperienza della gallerista e la sua capacità di lettura del lavoro degli artisti con cui lavora l’ha portata a fondere due contesti distanti quali il mondo della scultura definita dalla ricerca sulla ceramica contemporanea e quello della fotografia. Con Analogie Latenti nel suo spazio di Lecco ha riunito, infatti, le opere di Simone Negri, Fabio Taramasco e Stefania Ricci, avendo la premura di stabilire una connessione effettiva tra estetiche che, indipendenti, sollecitano la nostra immaginazione su temi e visioni differenti.
Il punto focale della mostra non è tanto quello di far interagire questi tre diversi linguaggi in un prestabilito apparentamento, ma di assimilarli in un’unica intonazione che genera legami e affinità per le sensibilità che, sottese, uniscono profondamente le opere di tutti e tre gli artisti.
Simone Negri (1970) e Fabio Taramasco (1980) sono protagonisti di questo progetto espositivo perché scelti dalla galleria come vincitori della Menzione speciale di Sabina Melesi assegnato all’interno dell’edizione del 2019 del Concorso CoffeeBreak.Museum che, indetto dal Museo della Ceramica Giuseppe Gianetti di Saronno, si rivolge alle eccellenze artistiche che scelgono la tecnica ceramica come linguaggio d’elezione, se non esclusivo, per il proprio lavoro. Entrambi attivi e noti sul piano nazionale e internazionale, propongono una visione differente del materiale che li porta a definire le proprie superfici come luogo per l’apparizione di un’immagine che scivola surreale in proposte narrative spiccatamente peculiari: in uno (Negri) restano tracce evanescenti di una sostanza consumata nel tempo e congelata nella sua dissolvenza, nell’altro (Taramasco) il peso della definizione di presenze è tanto netta quanto copiosamente stratificata nelle sue risultanze.
Negri propone geometrie solide e mutevoli, mai compiutamente nette secondo la convenzione, sulle quali poi lascia che il colore predisponga un suo naturale e libero accadere che mobilita il semplice volume-oggetto ad essere inizio di un principio di divenire inarrestabile in tale sua mutevolezza generante. Taramasco riabilita storie e immaginari che, innestati in un uso peculiare di materiali e tecniche, sensibilizzano lo sguardo ad una lettura nuova – e quindi differente nel suo valore sentimentale e concettuale – di elementi attinti dalla grande storia umana. L’intimismo con cui si recepiscono queste vicende e la modalità con cui sono proposte intercettano nel silenzioso farsi e disfarsi delle opere di Negri una comune matrice immaginifica, sorgiva di empatie che devono essere scoperte per attivare quell’umana capacità di “sentire” il proprio connettersi con l’altro esercitata da questi materiali.
Si spiega ancor meglio il senso di unità reciproca di questa mostra con la lettura delle immagini fotografiche di Stefania Ricci che – voluta da Sabina Melesi, in accordo con il critico Roberto Mutti, per la partecipazione “fuori sede” della galleria alla XV edizione di Milano Photofestival – unisce, con il loro labile manifestarsi, le polarità evidentemente opposte dei linguaggi di Negri e Taramasco. I suoi scatti, qui rappresentati dalle serie Vasi cinesi e Collezione di farfalle, lasciano vibrare i soggetti in un suggestivo apparire in un’atmosfera onirica carica e densa, pur nella rarefazione del contesto, di impressioni che accalorano lo sguardo di chi le osserva. Tra sogno e ricordo Ricci fa trapelare, nonostante il punto di partenza sia una necessità di utilizzare comunque il mezzo fotografico per rendere la verità delle cose, il senso poetico dei suoi racconti e delle sue esperienze peculiari vissute al loro interno. Ne esce, allora, una realtà visionaria che non manca, appunto, di vestire anche l’animo di chi guarda questi suoi lavori. La tecnica del contatto in camera oscura si intreccia con un colore che, integrato direttamente con le dita, aiuta Ricci a vitalizzare ogni immagine ed è questa dichiarazione di “messa in vita” dello statuto intimo dell’opera che si riverbera, abbracciandole, nelle corrispondenze (diverse) che affiorano con le ceramiche di Negri e Taramasco.
Le visioni e gli orizzonti del pensiero, dell’esperienza, dell’immaginazione si allargano e si intersecano in questo allestimento misurato e calibrato, preciso ed equilibrato nonostante la numerosa presenza di opere. L’insieme, come si diceva, è segno di un’impronta che affina una proposta giusta, raffinata nel sottilissimo peso evocativo che vuole suggerire, come sottotraccia silenziosamente emergente dalle suggestioni dettate dall’intervento e dal dialogo che accettano i tre artisti, un rilancio della sensorialità affettiva – prima che di sensi – che innegabilmente si attiva visitandola.
Il tutto si manifesta come un piacevole ritmo esperienziale che distilla la consapevolezza di un vissuto che, nella diversità della singola vicenda, forse ci accomuna davvero tutti. È solo l’intensità con cui, tra verità e suggestione, si sceglie di provarlo che lo rende per ciascuno di noi diverso e incredibilmente singolare.
Simone Negri, Stefania Ricci, Fabio Taramasco. Analogie Latenti
in collaborazione con Museo della Ceramica Giuseppe Gianetti di Saronno e Milano PhotoFestival
introdotta da Mara De Fanti (direttrice del Museo della Ceramica G. Gianetti) e da Roberto Mutti (direttore artistico del Milano PhotoFestival)
19 settembre – 14 novembre 2020
Galleria Melesi
via Mascari 54, Lecco
Orario: solo su appuntamento
Info: +39 0341 360348; +39 348 4538002
info@galleriamelesi.com
www.galleriamelesi.com