ROMA | Z2O Sara Zanin gallery | Fino al 18 novembre 2017
di Irene Biolchini
Nel descrivere il pensiero magico delle menti arcaiche Sigmund Freud parlava di un sentimento oceanico, capace di collegare gli eventi cosmici al sentire umano: il tuono è collegato a noi e viceversa. La mostra, curata da Marinella Paderni, riesce ad indagare la relazione tra questo sentire universale e la ‘potenza dei pensieri’ e lo fa ripartendo dai lavori di tre artisti contemporanei che, attraverso la storia umana e personale, danno voce e corpo ad una storia che li trascende.
L’impianto della mostra si costruisce su questo dialogo, concettuale prima ancora che formale, delineando un percorso attraverso il tempo fisico ed esperienziale. Il tempo diviene estensione del sentire dell’artista, interpretazione di dati oggettivi e fattuali, partendo da una ridiscussione temporale: nei lavori di Letizia Cariello l’elemento stesso del calendario viene riassemblato e ridiscusso mediante l’intervento grafico dell’artista. «Il tempo individuale» viene reinterpretato – scrive la curatrice Marinella Paderni – «creando una scansione visiva circolare […] tutta personale […] del calendario solare di un anno». E vi è in questa circolarità, nella negazione del tempo lineare positivista, l’essenza stessa della mostra che si sviluppa per sovrapposizioni, per ritorni, per cortocircuiti.
In un Ouroboros visivo, infatti, anche la mostra può essere fruita con un andamento assolutamente circolare, uno svolgersi privo di gerarchie ed individualità. Le stesse individualità negate dal lavoro di Silvia Camporesi che, pur omaggiando bizzarri sperimentatori del passato recente, ne astrae le figure e le inserisce in una narrazione collettiva, trasformandoli in eroi di un’epopea condivisa. La Storia dallo sviluppo anti-lineare e anti-scientista proposta dalla Cariello trova la sua naturale corrispondenza nelle figure di questi ricercatori di scienze imperfette, come Raffaele Bendandi (che elaborò una teoria sull’insorgenza dei terremoti, ma totalmente priva di qualunque fondamento scientifico) o di Lilienthal, progettatore di ali per il volo, Icaro del mito scientista di inizio Novecento. E sono infatti queste figure, astratte dal loro contesto, a campeggiare al centro di ricostruzioni plastiche poi ri-fotografate dall’artista. L’individuo cessa di essere tale e diventa figura anonima, mezzo per ricostruire la Storia attraverso sovrapposizioni e finzioni, in quinte sceniche che fondono reale e fittizio per lasciare spazio solo al sentire dell’artista. Un sentire, appunto, universale che fonde in sé storia umana e fenomeno naturale, come nel caso degli studi sui voli degli uccelli inseriti nell’Almanacco sentimentale.
La stessa Storia discussa, smantellata e reinventata da Jakub Woynarowski che, in un ‘diagramma di flusso’ da lui concepito, avvicenda figure e motivi della storia dell’arte per generare una continuità formale tra epoche e momenti distinti (che finiscono così per fondersi). Come scrive Marinella Paderni: «Monitorando i fenomeni culturali che nel tempo hanno condiviso simboli visivi simili per rappresentare la loro ideologia, l’artista presenta la storia della contemporaneità nell’arte come una teoria dell’occulto». Una teoria dell’occulto o dell’indefinibile, del sentire silenzioso suggerito dal titolo della mostra in un’indagine che – avvicinando artisti di provenienze e generazioni diverse – riesce a dare voce al silente.
Silently Close are Some Particles. Letizia Cariello, Silvia Camporesi, Jakub Woynarowski
a cura di Marinella Paderni
in collaborazione con l’Istituto Polacco di Roma
20 settembre – 18 novembre 2017
Z2O Sara Zanin gallery
Via della Vetrina 21, Roma
Info: + 39 06 70452261
www.z2ogalleria.it