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FIRENZE | PALAZZO STROZZI | 22 febbraio – 19 luglio 2020

di TOMMASO EVANGELISTA

Attualmente chiusa fino al 3 aprile a seguito del DPCM dell’8 marzo 2020, la mostra Aria di Tomás Saraceno, dagli spazi ora vuoti e silenziosi di Palazzo Strozzi, esprime probabilmente con maggior risonanza le sue complesse modalità di relazione con il pubblico e con i luoghi (la rubrica In Contatto consultabile sul sito della Fondazione funge attualmente da attrattore virtuale, stimolando interessanti riflessioni legate ai temi della personale). Nelle sale rinascimentali progettate da Benedetto da Maiano si aggirano, al presente, fantasmi del rimorso, dell’azione incompleta, dei movimenti futuri mentre le opere comunicano un’utopia delle forme e dell’azione artistica che si scontra ironicamente con la distopia attuata dall’odierna emergenza epidemica. In questa tensione dell’assenza leggiamo allora le dinamiche delle opere che si irrigidiscono all’interno degli spazi armonici del palazzo e conducono lo spettatore in una costante tensione tra luce e ombra, bianco e nero, catturato dall’interazione dei sistemi e degli aracnidi.

Tomas Saraceno © Ela Bialkowska, OKNO Studio

Costante della mostra è il segno che viene ad essere declinato in innumerevoli relazioni di carattere matematico, geometrico, fisico, chimico e richiama sovente un’idea complessa di struttura radiale, neuronale, evolutiva, rizomatica, metafora efficace degli orizzonti estetici attuali in bilico tra neuroscienze e flusso di informazioni. Il segno per eccellenza è il filo di seta delle ragnatele la cui costruzione segue un metodo del tutto istintivo sebbene estremamente razionale. Ogni specie di ragno realizza, in solitudine o comunitariamente, una tipologia di ragnatela, orbicolare e “catturante”, che diviene per l’artista allegoria della costruzione e dimensione del cambiamento (quando diverse tipologie di ragno con “stili” differenti vengono attivati nella realizzazione di un’opera quest’ultima muta, proponendo architetture inedite). Tali ragnatele, guidate e favorite all’interno di gabbie, divengono affascinanti sculture naturali capaci di dialogare con l’ambiente, l’aria, la polvere, le pulsazioni dei singoli visitatori i quali con le loro azioni determinano, sovente, inconsapevoli dinamiche e modificazioni interne (molto poetica a riguardo Sounding the Air, uno strumento eolico “suonato” dal movimento dei fili).

Tomás Saraceno, Webs of At‐tent(s)ion, 2018 © Photography by Studio Tomás Saraceno

Le utopiche strutture architettoniche che caratterizzano il mondo di Saraceno possono ricordare nel complesso Ottavia, la “città-ragnatela” delle Città invisibili, «una città che, come tutte le città invisibili, è un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili». E invisibili sono i cambiamenti e le variazioni delle opere, pensate per comunicare un’Aerocene, periodo nel quale secondo l’artista l’elemento-medium sarà l’aria e l’opera d’arte sarà uno strumento funzionale per l’umanità, e per questo e solo per questo avrà una forte dimensione estetica.
L’artista, in un dialogo fecondo e inevitabile con la scienza, lavora su una forzata idea di costruzione sociale cercando nel mondo animale e vegetale un’utopia della forma capace di comunicare gli effetti e i difetti dello sviluppo umano. Ma nell’indagare questo processo lavorativo-creativo non ci si può dimenticare di Karl Marx che nel Capitale scriveva: «Il ragno compie operazioni che assomigliano a quelle del tessitore, l’ape fa vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall’ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. Alla fine del processo lavorativo emerge un risultato che era già presente al suo inizio nella idea del lavoratore, che quindi era già presente idealmente». L’Aerocene quindi, nel criticare giustamente la caotica struttura della società odierna, considerando l’essere umano solo come elemento funzionale e negativo a dispetto della “creatività” animale, non risolve completamente il problema delle intenzioni e del libero arbitrio assestandosi su un’azione minima di intervento; meglio guardare al ragno allora quale elemento totemico e creativo secondo la sua millenaria iconografia.

Tomás Saraceno, Stillness in Motion – Cloud Cities, 2016 © Photography by Studio Tomás Saraceno

Probabilmente quella di Saraceno non è una zona del sacro (anche se l’invenzione di Arachnomancy Cards, una sorta di Tarocchi, nasconde una velata dimensione demo etnoantropologica e archetipale) ma una soglia che vuol far oltrepassare al pubblico per condurlo in una dimensione polifonica e asincronica, in una sorta di nichilismo estetico che annulla non attraverso la strutturazione dell’immondo e dell’informe ma attraverso l’infinita condivisione di mondi che ci appaiono ora suoni, ora costruzioni babeliche, ora reticoli inermi. La rappresentazione di tutto ciò avviene con un linguaggio formale estremamente pulito e asettico, privo di particolari novità che non siano state osservate già in Koons e Kapoor, mentre nell’Arte Povera ritroviamo l’indagine sui numeri, la dimensione ecologista, il tentativo dell’assenza che cura. La radicalità del radicante, dell’estetica globalista dell’interazione diffusa, è sicuramente un argomento attuale di analisi; il punto è che gli eventi naturali non bastano a rappresentare gli avvenimenti delle società complesse dove si intessono eventi tecnologici culturali economici militari.

Tomas Saraceno – Flying Gardens – 2020 – Foto Tommaso Evangelista

La visione ecologica quindi non basta a dirimere questioni di ordine politico e a far mutare estetiche determinate da ben altri fattori. «L’arte di Tomás Saraceno ci fa riflettere su problemi e sfide caratteristici della nostra era divenuti sempre più urgenti, come l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la sostenibilità, il superamento di barriere geografiche e sociali» afferma il curatore Arturo Galansino; tornando a Calvino e al suo Il castello dei destini incrociati notiamo allora come la forma del coronavirus Covid-19 (sono chiamati coronavirus per le punte a forma di corona presenti sulla loro superficie) ricordi le strutture fluttuanti di Saraceno e come questi abbia influenzato, in solo un mese di circolazione, tutto il nostro vivere comunitario. Rifletto allora su come sia diventato arduo, per gli artisti contemporanei, trovare un accordo intersoggettivo di valore capace di visualizzare presenti e futuri possibili, connessioni e relazioni, e mi domando come potrà essere l’arte, e la fruizione stessa di Aria, dopo questa estenuante quarantena che ci priva del tempo e del rapporto attraverso una distopica dimensione di assenza e distanziamento.

Tomás Saraceno. Aria – Palazzo Strozzi – Foto Tommaso Evangelista

Tomás Saraceno. Aria
a cura di Arturo Galansino
Promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Studio Tomás Saraceno
Con il sostegno di Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze

22 febbraio ‐ 19 luglio 2020

Palazzo Strozzi
Piazza Strozzi, Firenze

Info: +39 055 2645155
info@palazzostrozzi.org

https://www.palazzostrozzi.org/

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