MILANO | A arte Invernizzi | 21 maggio – 16 luglio 2015
di KEVIN McMANUS
La galleria A arte Invernizzi, come è noto, si è distinta negli anni per una particolare attenzione verso le ricerche legate all’arte cinetica, ottica e programmata e, in generale, ad un approccio concreto-progettuale. Anche la prospettiva scelta per leggere questi fenomeni è chiara: la produzione di quegli anni è studiata, documentata, collocata nel suo specifico contesto culturale, in un rapporto costante con studiosi i quali, anziché limitarsi alla stesura del consueto testo di presentazione, contribuiscono in modo costante e significativo alla storiografia sugli artisti trattati dalla galleria.
All’interno di questa logica, le mostre fungono in primis come presentazione al pubblico degli esiti di queste ricerche e del loro senso profondo. Non fa eccezione l’evento attualmente in corso, dedicato a Gianni Colombo (1937-1993), e curato da Marco Scotini con la collaborazione di Francesca Pola. La mostra è focalizzata innanzitutto sugli ultimi lavori di Colombo, e in particolare sulla grande esposizione alla Galerie Hoffmann di Friedberg (1992-93), ricostruita negli spazi della galleria di via Scarlatti.
L’allestimento si articola attorno a tre opere principali, una delle Bariestesie, accompagnata dai disegni progettuali, installata al posto della scala che conduce dall’ingresso al piano superiore della galleria, uno Spazio curvo del 1992 e, al piano inferiore, il suggestivo Spazio diagoniometrico (für Hans Poelzig), lavoro centrale della mostra di Friedberg. Attorno e in mezzo a questi spazi, una serie di lavori dei decenni precedenti – dalle sperimentazioni con il Gruppo T fino a lavori dei primi anni Ottanta – testimonia con immediata evidenza la profonda coerenza di una ricerca che pure ha prodotto risultati così diversi, ma anche l’evoluzione di un pensiero e di un’attività sempre attenti agli studi sulla percezione della forma e dello spazio.
Tante sarebbero le riflessioni suscitate da questa mostra, essenziale e al tempo stesso estremamente appagante. Ne basti una, a cui contribuisce la perfetta armonia tra l’ambiente espositivo della Galleria Invernizzi, con la sua particolare articolazione architettonica, e gli ambienti di Colombo, che sembrano addirittura pensati apposta per questa collocazione: la pregnanza del concetto di spazio nel lavoro di Colombo. Può sembrare una constatazione banale, ma tutti i lavori in mostra giocano sulla pervasività e problematicità del rapporto uomo-spazio: la scala “bariestetica” che costringe il fruitore a riconfigurare la propria collocazione individuale nell’ambiente, l’elemento luminoso rotante che rende ambigui e cangianti i confini dello spazio buio, i coni rovesciati dello spazio “diagoniometrico”, colonne mancate che mettono in crisi il nostro istinto a percepire il mondo secondo assi ortogonali, ma anche a misurare lo spazio a nostra disposizione sulla base di questa rappresentazione semplificata delle cose.
Colombo sembra, quindi, proseguire e rilanciare il grande progetto di Lucio Fontana di far vedere lo spazio: uno spazio che non è più un’entità descrivibile in “negativo” come vuoto o distanza tra gli oggetti, ma che diventa un quid percepibile coi sensi, e che richiede di essere conquistato attraverso un processo consapevole.
Dobbiamo pensare a ciascuno dei passi con i quali saliamo la scala, come il millepiedi di Arnheim; lo spazio, allora, diventa qualcosa di concreto, tangibile materialmente e godibile esteticamente. Come i primi respiri dopo una lunga apnea.
Gianni Colombo (L’ultimo ambiente)
a cura di Marco Scotini
testo in catalogo di Marco Scotini, Francesca Pola
21 maggio – 16 luglio 2015
A arte Invernizzi
Via Domenico Scarlatti 12, Milano
Orari: da lunedì a venerdì 10.00-13.00 e 15.00-19.00; sabato su appuntamento
Ingresso libero
Info: +39 02 29402855
info@aarteinvernizzi.it
www.aarteinvernizzi.it