PORTO S. STEFANO (GR) ǀ NELLO STUDIO DI SAMANTHA PASSANITI
di Mattia Lapperier
Lo studio nasce, cresce e si sviluppa di pari passo con l’artista. Ne riflette la personalità nel modo più autentico. È testimone silenzioso delle sperimentazioni più ardite, del perfezionamento di tecniche affinate negli anni e custodite gelosamente. È anche il luogo delle infinite prove, delle notti insonni, delle cocenti insoddisfazioni, che tuttavia possono sfociare talvolta in successi inaspettati. #TheVisit ha lo scopo di aprire le porte a tali realtà che per loro stessa natura sono poco accessibili, spazi che in tempi di pandemia hanno rappresentato pure una delle rare occasioni di confronto diretto con l’arte contemporanea.
È nei pressi di Porto S. Stefano nel Comune di Monte Argentario (GR) che, piuttosto isolato, in una zona di confine, dove un tempo si estendevano distese infinite di campi coltivati, Samantha Passaniti ha scelto di collocare il suo studio, sin dal 2017. Si tratta di un luogo per lei denso di significato, vissuto sin dall’infanzia, a cui, ancora oggi, è profondamente legata. È lì dove il padre aveva stabilito il suo laboratorio di falegnameria nautica; è lì dove, ancora prima, la nonna coltivava la terra; è sempre nello stesso luogo dove – letteralmente – affondano le sue radici. L’ormai ex capannone industriale esiste sin dall’anno della sua nascita, è cresciuto con l’artista che ne conosce alla perfezione ogni angolo. Ovunque affiorano ricordi di quando da bambina andava a trovare il padre e passava ore a giocare con la segatura e il legno. Già in quegli anni stava inconsapevolmente stabilendo un primo contatto con quei materiali naturali che sarebbero diventati determinanti per il futuro percorso artistico. È proprio dal padre che Samantha Passaniti ha ereditato l’amore per la manualità, nonché una certa dimestichezza nella lavorazione dei materiali più ostici.
Alcuni macchinari per la lavorazione del legno ancora superstiti, così come un grosso tavolo che oggi potremmo considerare d’antiquariato, sono stati recuperati dall’artista e riconvertiti a basi da appoggio. Un unico ambiente piuttosto ampio e soppalcato funge da studio vero e proprio; nella parte superiore l’artista è solita dedicarsi alla ricerca e alla progettazione, in quella inferiore invece è dove sperimenta nuove procedure e rifinisce le opere. Alle pareti e sui cavalletti si intervallano lavori finiti, bozze e prove che, quasi fossero appunti visivi, restituiscono la dimensione di una ricerca continua, condotta con ogni mezzo disponibile. Attiguo allo studio, adiacente a un atrio esterno dove l’artista lavora durante i mesi estivi, si accede a un ulteriore ambiente che, già magazzino ricolmo di scarti di legname, oggi è divenuto laboratorio in cui poter operare su scala maggiore. Proprio lo sgombero di quest’ultimo spazio ha offerto lo spunto per la serie Imperfect, realizzata tra il 2018 e il 2019, a partire dai residui di lavorazione su cui anni addietro era intervenuta la mano del padre. L’artista in questo caso aggiunge il proprio contributo con un’operazione che, anziché avere la pretesa di riparare, esalta ogni singola crepa e imperfezione, avviando una riflessione sui difetti dei rapporti umani, spesso di per sé forieri di crescita interiore e cambiamento di prospettive.
Oltre alla considerevole quantità di lavori in fieri disseminati praticamente ovunque, a catturare l’attenzione di chi visita lo studio di Samantha Passaniti sono certamente i molti contenitori che custodiscono vari materiali di raccolta. Collezionare elementi naturali è una pratica che l’artista ha iniziato a condurre a partire da un viaggio in Marocco quando, sedotta dal colore rossastro della terra, non ha potuto fare a meno di prelevarne un campione.
Uprooted feeling, ad esempio, è un lavoro generato a partire dallo sradicamento di un tronco di vite dal terreno di famiglia, proprio dallo stesso luogo dove oggi si trova lo studio. Lungi dal costituire una sottrazione fine a se stessa, tale operazione permette all’artista di riflettere sulle sue origini, di riappropriarsi del suo spazio, che possiamo considerare come un riflesso di quello interiore. Nel tempo – anche a seguito di una lunga residenza sul lago di Bolsena, periodo rivelatosi estremamente utile per la sua ricerca benché impegnativo sul piano emotivo, soprattutto per le lunghe ore trascorse in totale solitudine – tale abitudine si è consolidata, finendo per diventare parte integrante del processo creativo.
Fiori secchi, radici, cortecce, resine, pietre, terre di diversa composizione e consistenza sono tutti elementi raccolti in occasione di residenze o interventi site specific. Le opere che ne derivano è come se fossero ‘figlie’ di tali esperienze, loro prolungamenti nel tempo. È quanto è accaduto di recente con la cenere raccolta al centro dell’installazione Il tempio del cerchio, realizzata per l’evento Arte e Vino di Capalbio, e in seguito riutilizzata come pigmento.
Coadiuvata anche dalla trattatistica tardomedievale, a partire dal celeberrimo Libro dell’arte di Cennino Cennini, Samantha Passaniti negli ultimi anni ha sempre più accantonato il colore industriale in favore di antichi procedimenti di pigmentazione naturale. Polveri di alabastro o di cortecce, sabbie e terre costituiscono la base cromatica su cui poi interviene con successive intrusioni di bianco, vera e propria firma dell’artista. Il bianco non cancella il colore sottostante, lo eleva. Anche suggestionata dalla lettura di White di Kenya Hara, agile trattato filosofico scoperto in occasione della visita presso la Dia Art Foundation di New York, Samantha Passaniti considera il bianco come un nuovo principio, un autentico simbolo di rinascita. Il suo studio – quasi si trattasse di un laboratorio alchemico – è il luogo dove queste rinascite avvengono. Dove l’elemento naturale, vivificato dal bianco, sublima e diviene intima riflessione sul nostro essere nel mondo.
Samantha Passaniti è nata a Grosseto nel 1981, vive e lavora tra Monte Argentario e Roma. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma, nel 2015 frequenta un corso post laurea alla Slade School of Art di Londra. Nel 2018 è selezionata dall’organizzazione internazionale ReArtiste per una collettiva presso la MC Gallery di New York. È tra i finalisti del premio Arteam Cup 2018, 2019 e 2020, sempre nel 2020 vince una residenza artistica incentrata sul legame tra arte e natura nel Geopark patrimonio Unesco del Monte Beigua (Savona) ed è selezionata per una residenza presso il centro di arte contemporanea Arteventura in Andalusia, Spagna all’interno del Parco naturale della Sierra di Aracena. In entrambe le residenze realizza installazioni ambientali site specific. Tra le recenti mostre personali si menziona “Corrispettivo naturale” del 2018, a cura di Davide Silvioli presso la Art G.A.P. Gallery di Roma, “Rethinking Materials, Rethinking the Place” sempre curata da Davide Silvioli nel 2020 nel palazzo storico Cozza Caposavi di Bolsena (VT) e, infine, “Confidence in the uncertain” a cura di Giorgia Basili, presso la galleria Curva Pura di Roma. Tra le numerose mostre collettive in Italia e all’estero, si menziona la partecipazione a giugno 2020 alla mostra Athens Open Art presso la galleria Art Number 23 di Atene. La sua ricerca artistica è incentrata sulla sperimentazione di materiali naturali raccolti nell’ambiente che diventano oggetto di riflessione e indagine sulla complessità dei rapporti umani e dell’esperienza esistenziale. Le sue opere pittoriche e installative nascono da un continuo rapporto, dialogo e scambio tra interno ed esterno, tra mondo intimo e ambiente, tra uomo e natura, tra esperienza esistenziale e cicli naturali, con una particolare attenzione alle simbologie ancestrali e agli archetipi spirituali che collegano sin dai tempi più remoti l’uomo al mondo naturale che lo ospita. www.samanthapassaniti.com