TORINO | NELLO STUDIO DI LAURA PUGNO
di Mattia Lapperier
Lo studio nasce, cresce e si sviluppa di pari passo con l’artista. Ne riflette la personalità nel modo più autentico. È testimone silenzioso delle sperimentazioni più ardite, del perfezionamento di tecniche affinate negli anni e custodite gelosamente. È anche il luogo delle infinite prove, delle notti insonni, delle cocenti insoddisfazioni, che tuttavia possono sfociare talvolta in successi inaspettati. #TheVisit ha lo scopo di aprire le porte a tali realtà che per loro stessa natura sono poco accessibili, spazi che in tempi di pandemia rappresentano pure una delle rare occasioni di confronto diretto con l’arte contemporanea.
Nonostante nel caso di Laura Pugno sia certamente riduttivo individuare un unico spazio quale ambiente di riferimento in cui ella è solita lavorare, sono ormai quindici anni che l’artista ha eletto a studio uno stesso luogo. Nel corso del tempo ha imparato a conoscerne le caratteristiche, a determinarne i limiti, a scoprirne le infinite potenzialità. Inizialmente casa-studio, successivamente solo studio, dalla primavera 2020 in poi – in pieno lockdown – è tornato a essere casa-studio a tutti gli effetti. Lo spazio ha continuato a mutare e ad adattarsi alle esigenze del momento, divenendo luogo del quotidiano, in cui condurre la vita in tutte le sue sfaccettature: dal privato, al professionale, a tutto quello che vi sta in mezzo.
Lo spazio in senso lato – e in particolare nella sua accezione di paesaggio – è determinante per Laura Pugno. La sua ricerca artistica trova i propri fondamenti proprio nella percezione di esso, muovendo in direzione di una decostruzione della visione intesa in senso tradizionale. La sua arte si nutre imprescindibilmente di un contatto diretto con il paesaggio; un paesaggio esperito in prima persona, attraverso tutti i sensi, emancipato dalla concezione stereotipata che lo individua quale mero oggetto della visione, pensato piuttosto come autentico soggetto e considerato nei propri elementi culturali. Le lunghe e solitarie passeggiate in montagna, così come i frequenti sopralluoghi volti a elaborare soluzioni site specific, spesso costituiscono entrambi il primo passo nella messa a punto di progetti che nascono e si sviluppano all’esterno, per poi essere ripresi in studio, in un secondo momento. Quest’ultimo spazio – pur continuando a rivestire un ruolo essenziale tanto nel predisporre e organizzare ogni intervento, quanto nello sviluppo e perfezionamento di ogni lavoro dell’artista – in particolare negli ultimi anni, è diventato sempre più un luogo di ritorno, in cui elaborare (o rielaborare) esperienze già maturate all’esterno.
Oltre all’ampio ambiente principale occupato da tavoli, mobili e ripiani su cui lavorare, ricercare e conservare le opere già prodotte, l’artista è solita operare anche in luoghi meno convenzionali. In giardino, ad esempio, è dove ha condotto le sperimentazioni sulle piante trattate con schiuma poliuretanica, al fine di esplorare, attraverso un’azione brutale e intrusiva, le alternative possibilità di crescita e di sviluppo insite nelle leggi della natura. Se un angusto capanno in giardino diventa un luogo misterioso in cui elaborare processi in fieri, celati alla vista dei più, Laura Pugno – all’occorrenza – trasforma il bagno in camera oscura in cui sviluppare scatti catturati all’esterno o adibisce la cucina a laboratorio in cui spennellare cioccolata sull’immagine del monte Cervino, al punto da cancellarne l’iconico profilo, prendendo così una posizione netta nei confronti di tutte quelle campagne promozionali più invasive che, negli anni, hanno ridotto la cima della montagna a marchio pubblicitario.
Ci sono tuttavia significativi esempi di opere che nascono esclusivamente nel paesaggio, ritrovando all’interno di quest’ultimo la loro più autentica ragion d’essere. È il caso della serie che Laura Pugno ha realizzato in montagna tra il 2011 e il 2012, incidendo a punta secca su lastre di plexiglass l’immagine del paesaggio alle sue spalle, irrimediabilmente intaccato nella sua parte centrale dalla figura stessa dell’artista; presente durante la composizione dell’opera, assente – in negativo – nella veduta.
La dialettica tra assenza e presenza informa gran parte della linea di ricerca intrapresa dall’artista. L’immagine del paesaggio spesso viene da lei modificata, alterata, sino a risultare, talvolta, drasticamente cancellata. Il paesaggio innevato – minato nella sua stessa sopravvivenza dal riscaldamento globale e dall’azione antropica sull’ambiente – diviene per tali drammatici motivi oggetto di costante riflessione da parte di Laura Pugno.
Se già dal 2018 l’artista ha individuato nella neve l’oggetto di una sorta di archeologia del futuro, realizzandone calchi pittorici e scultorei, con l’intento di salvaguardarne la forma e la consistenza, da destinare ai posteri che rischiano di non conoscerla mai direttamente; una recente videoinstallazione indaga quali siano le motivazioni più profonde del nostro legame affettivo con tale singolare fenomeno meteorologico. Over Time, questo il titolo della videoinstallazione inaugurata presso il Museo delle Scienze di Trento il 9 luglio 2021, esaminando il nostro bisogno di vivere, studiare, persino ricreare artificialmente la neve, sonda ancora una volta il rapporto tra essere umano e ambiente naturale, cruciale per l’artista.
Tesa tra volontà di documentazione, esplorazione della percezione e rielaborazione culturale, la ricerca di Laura Pugno è connaturata al paesaggio montano; esso non solo rappresenta il punto di partenza di ogni lavoro, è anche il sostrato che alimenta ogni intervento dell’artista, nonché il luogo prediletto in cui ella agisce e dunque – in senso figurato – il suo studio più autentico.
Laura Pugno (Trivero, 1975) esplora da molti anni il tema del paesaggio, letto
in relazione ai meccanismi della visione e della percezione, con una prospettiva al tempo stesso sensibile alle tematiche ambientali ed ecologiche, e alla sua natura di costruzione sociale. La sua ricerca si sviluppa in chiave processuale, con linguaggi che spaziano dal disegno alla fotografia, alla scultura, al video. Ha tenuto mostre personali, tra le altre, al MUSE – Museo delle scienze, Trento; alla Fondazione Zegna, Trivero; al MAN, Nuoro; alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, e al MART, Rovereto, nell’ambito del Project Wall. Ha esposto in numerose collettive presso istituzioni quali la Fondazione Zegna, Trivero; Casa Masaccio, Arezzo; la Fondazione del Monte, Bologna; il Museo Nazionale della Montagna, Torino, e in gallerie e spazi non profit quali Spazio Instabile, Colle Val d’Elsa; Alberto Peola, Torino; Renata Fabbri, Milano; Studio la Città, Verona; SpazioA, Pistoia. All’estero ha esposto in istituzioni quali, tra altre, il MAGASIN, Grenoble; Deutsche Bank Wealth Management, Londra; Nida Art Colony, Lithuania, e al Forum Stadtpark di Graz, con il quale ha vinto il premio Q-International Spring de La Quadriennale di Roma. Nel 2013 ha vinto il Premio Cairo. Tra le principali residenze alle quali ha preso parte: MH ART PROJECT, Cognac; Öres Residency Programme, Finlandia; Dolomiti Contemporanee, Belluno; Fondazione Spinola Banna, Poirino; CARS, Omegna. Ha co-fondato, nel 2007, il Progetto Diogene, del quale ha fatto parte fino al 2017. La sua installazione site-specific Primati, 2018, è esposta in permanenza nel Giardino Botanico Saussure a Courmayeur. Dal 2013 insegna all’Istituto Europeo di Design (IED) di Torino, dove vive.
laurapugno.info