FIRENZE | NELLO STUDIO DI GIORGIO DISTEFANO
di Mattia Lapperier
Lo studio nasce, cresce e si sviluppa di pari passo con l’artista. Ne riflette la personalità nel modo più autentico. È testimone silenzioso delle sperimentazioni più ardite, del perfezionamento di tecniche affinate negli anni e custodite gelosamente. È anche il luogo delle infinite prove, delle notti insonni, delle cocenti insoddisfazioni, che tuttavia possono sfociare talvolta in successi inaspettati. #TheVisit ha lo scopo di aprire le porte a tali realtà che per loro stessa natura sono poco accessibili, spazi che in tempi di pandemia rappresentano pure una delle rare occasioni di confronto diretto con l’arte contemporanea.
La crescente esigenza di maggiore intimità e raccoglimento, condizioni necessarie per portare avanti la propria ricerca, hanno indotto Giorgio Distefano ad allontanarsi dal centro di Firenze, città dove vive e lavora sin dagli anni della sua formazione. Di conseguenza, ormai da cinque anni l’artista ha deciso di collocare lo studio nella propria abitazione. La scelta di includerlo all’interno di casa – e dunque di far coincidere in buona sostanza lo spazio della vita a quello del lavoro – è ponderata e deriva dalla necessità di lavorare in uno spazio in cui ritrovarsi, che gli assomigli e gli permetta di dedicarsi alla pittura in modo totalizzante. Dopo anni trascorsi in città, in studi condivisi o magari in studio-vetrina, dove la concentrazione inevitabilmente era soggetta a continue sollecitazioni esterne, ha così individuato uno spazio a lui particolarmente congeniale, luminoso e accogliente, sito al quarto piano di un edificio, immerso nella quiete che solo un domicilio collocato fuori dal centro gli poteva offrire.
L’ambiente è raccolto, ordinato, affastellato di oggetti di ogni sorta e predisposto alla pittura a cavalletto e non solo. Giorgio Distefano è un cultore dei materiali; è di fondamentale importanza per lui avere il pieno controllo delle tecniche che utilizza. Gli inchiostri, gli oli, gli acrilici, gli stucchi o i metalli in foglia, unitamente ai supporti che spaziano dalle tele, alle carte (intelate e non), ai cartamodelli, sono disposti in studio con precisione e rigore. Come afferma lui stesso: “una materia la si possiede davvero soltanto nella misura in cui se ne conoscono tanto l’aspetto esteriore quanto quello interiore e soprattutto i processi di trasformazione che avvengono manipolando tale materia”.
Anche alla luce di ciò, non sorprende dunque che l’artista consideri parte integrante del processo creativo anche quella lunga e delicata fase di preparazione alla pittura che va dalla predisposizione della tela con colla animale, alla sua tensione sul telaio.
Accanto agli strumenti necessari alla pittura, Giorgio Distefano ama circondarsi di una serie di oggetti cari che, seppur sprovvisti di una qualsiasi utilità sul piano pratico, rivestono invece una grande importanza dal punto di vista psicologico. Ogni oggetto custodito in studio ha una sua storia e un suo significato, ognuno di essi ricorda all’artista la propria identità e origine, rappresentando, di fatto, un punto fisso a cui fare riferimento, in particolar modo nei momento di smarrimento. Tra le fotografie, le pietre, le radici e innumerevoli altri feticci, spiccano un manichino per disegno, emblematico della formazione avvenuta presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, e un pupo siciliano che, oltre a ricordargli la terra d’origine, gli rammenta anche il legame con il teatro e il suo passato di scenografo e costumista.
Contigua allo studio vero e proprio, c’è inoltre una sala più grande, in cui l’artista è solito accogliere i visitatori. Essa ha l’onere di porre in dialogo per la prima volta una sceltissima selezione dei lavori più recenti; per questo motivo la stanza muta periodicamente il proprio aspetto, pur conservando sempre un assetto minimale, atto a porre in relazione le opere con lo spazio, senza che queste lo affollino inutilmente. È qui che si entra realmente in contatto con la pittura di Giorgio Distefano; dove le ingarbugliate geometrie dei cartamodelli scortano il tratto asciutto dell’artista che, con un intervento lento e paziente, permette alla forma di emergere dal supporto. È qui dove la serie degli Ex voto e quella delle Cave si incontrano e, pur mantenendo la rispettiva autonomia, entrano in comunicazione tra loro.
Arcane simbologie di cui ormai si è perduto il significato sono racchiuse entro elaborate cornici barocche e si pongono all’osservatore come un linguaggio antico, difficilmente decifrabile, anche per le variazioni di forma e di contenuto che spesso l’artista opera sulla loro iconografia originaria.
Gli Ex Voto, svuotati dell’originario legame esclusivo con il sacro, ci proiettano piuttosto nel mondo interiore dell’artista, riflettendone i desideri o le aspirazioni più profonde e inconfessabili.
Le sue Cave ci conducono invece in paesaggi aspri, scarnificati, totalmente privati della figura umana o di qualsivoglia elemento organico. Sono vedute di silenzio, in cui è quasi possibile percepire le qualità tattili della pietra; luoghi impervi dove i sensi rallentano sino a sospendersi, arrendendosi poi a una quiete straniante.
Tra intrecci geometrici, cave di pietra, strumenti di lavoro e amuleti di ogni sorta, lo studio di Giorgio Distefano è intriso della sua storia personale, consegnata ai suoi stessi oggetti e da essi tramandata. Tra questi, i cartamodelli, gli stessi che la nonna sarta utilizzava per confezionare abiti e che l’artista, da bambino, considerava oggetti di gioco, sono oggi tra i supporti che predilige. Poveri, effimeri, eppure intrisi dei ricordi più cari e, di conseguenza, guida imprescindibile per la pratica della pittura.
Giorgio Distefano è nato a Ragusa nel 1972 e ha frequentato e conseguito il diploma all’Accademia di Belle Arti di Firenze, città dove tuttora vive e opera. In seguito agli studi e dopo aver praticato per diversi anni l’attività di scenografo e costumista, collaborando con compagnie di teatro di ricerca e di danza, ha concentrato la sua ricerca sulla pittura. Questa ricerca si muove in senso trasversale, afferrando stimoli e suggestioni provenienti dall’approfondimento e dalla costante curiosità per le tecniche, nonché dallo studio della resa materica e dei valori ottici legati alla distanza e al senso di astrazione contenuto nella figurazione. I temi che hanno dominato questo percorso hanno a che fare con il Mediterraneo e i suoi svariati ambiti culturali. Lo studio del paesaggio e dei suoi inevitabili intrecci con gli insediamenti umani vuole evidenziare, da un lato, l’inevitabile perdita di identità territoriale – nell’abuso e nelle superfetazioni architettoniche che uniformano le specificità dei luoghi – dall’altra parte, la caratterizzazione degli stessi, nella mescolanza contraddittoria di stilemi, simbologie e dominanze naturali ineluttabili. La sua sperimentazione tecnica varia dall’utilizzo di colori a olio, stucchi e acrilici su tela e tavola, alla carta, nello specifico quella dei cartamodelli per abbigliamento, utilizzati in maniera “impropria”, sfruttando la forza della geometria prestampata come base di partenza per la “messa a modello” di luoghi-ritratto, evocati dalla memoria e ancorati all’attesa e all’aspettativa di una trasfigurazione pittorica inesorabile. Il fascino della geometria, nascosta o palesata, si fonde così ad atmosfere pittoriche brumose e contrastate, nella profondità di visioni sospese in un misterioso labirinto di segni. Ha tenuto diverse mostre personali in gallerie e spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero, tra cui Zit-Dim Art Space di Tainan – Taiwan; Museo di Arte Bizantina di Salonicco – Grecia; Phoenix Ancient City Museum di Fenghuang, Hunan – Cina; Parlamento Europeo di Bruxelles – Belgio; Casa Danzante di Praga – Repubblica Ceca; Art Hotel di Zamosh – Polonia; Agora|Z Palazzo Strozzi a Firenze; KPMG a Milano; Palazzo Montesano a Chiaramonte Gulfi; Palazzo Zacco a Ragusa; Cantine Florio di Marsala (TP); Gran Caffè Letterario Giubbe Rosse a Firenze; Palazzo Farnese di Ortona – Chieti; Galleria Civica Franco Libertucci di Casacalenda (CB). Ha preso parte a numerose collettive, residenze d’artista e rassegne in Italia e all’estero tra cui si segnalano Italian contemporary Art of cross-cultural vision, a cura di Zhang Yidan a Fenghuang – Cina; Who can give us Peace, International Union of Artists for Peace al Parlamento Europeo di Bruxelles; 40 Days, a cura di Mattia Lapperier, presso Quasi Quadro a Torino; Kosmos, a cura di Site Specific, presso il Museo del campanile di Santa Maria la Nova a Scicli; Omaggio a Salvo Monica, a cura di Francesco Lauretta, presso l’ex chiesa di Sant’Anna a Ispica; Geografie dell’anima, a cura di Sergio Tossi, presso Egg Visual Art di Livorno; Alter – Volti di luce e terra, a cura di Martina Cavallarin, Giusi Diana, Eleonora Frattarolo e Cecilia Freschini, a Chiaramonte Gulfi. È stato finalista Arteam Cup Contemporary Art Prize, II ediz. Palazzo del Monferrato – Alessandria; finalista Premio Carlo Bonatto Minella 2015 – Rivarolo Canavese, Torino e Praga; terzo classificato Premio Janua, Museo di Sant’Agostino di Genova; menzione e finalista Premio Cromica 2012 – Bibbiena (AR); finalista Biennale Premio Artemisia – Falconara (AN); finalista Premio Occhi per l’Arte contemporanea – Migliarino (FE); primo premio sezione pittura, LVI edizione del Premio per l’Arte contemporanea Basilio Cascella (Palazzo Farnese, Ortona – Chieti).