TORINO | NELLO STUDIO DI FRANCESCA FERRERI
di Mattia Lapperier
Lo studio nasce, cresce e si sviluppa di pari passo con l’artista. Ne riflette la personalità nel modo più autentico. È testimone silenzioso delle sperimentazioni più ardite, del perfezionamento di tecniche affinate negli anni e custodite gelosamente. È anche il luogo delle infinite prove, delle notti insonni, delle cocenti insoddisfazioni, che3’30 tuttavia possono sfociare talvolta in successi inaspettati. #TheVisit ha lo scopo di aprire le porte a tali realtà che per loro stessa natura sono poco accessibili, spazi che in tempi di pandemia rappresentano pure una delle rare occasioni di confronto diretto con l’arte contemporanea.
Per Francesca Ferreri lo spazio non rappresenta un mero luogo passivo in cui lavorare a sculture o installazioni, esso incarna piuttosto un autentico attivatore di pensieri; un contenitore in grado di riflettere la sua personalità, un luogo in cui riconoscersi e in cui immedesimarsi. Pertanto, non appare affatto azzardato sostenere che la relazione intessuta con lo spazio determini in larga misura il suo fare arte. Estensione della propria interiorità, Francesca Ferreri innesca con esso un approccio di tipo espansivo e adattivo. Sia che si tratti del suo studio, di luoghi deputati a ospitare residenze artistiche o di altri preposti ad accogliere interventi site specific, lo spazio in sé, la sua storia, il suo stato attuale, le sue imperfezioni, i suoi limiti, le sue prerogative suggeriscono possibili soluzioni o rappresentano eventuali sfide che l’artista accoglie e affronta.
Lo studio dove attualmente lavora è vasto, funzionale e strategicamente illuminato nella sua parte centrale da un grande lucernaio a soffitto che consente l’ingresso spontaneo della luce naturale. Precedentemente attività commerciale (da panificio, a officina meccanica, a laboratorio di tende da sole), dal 2015 l’ampio spazio al pian terreno, in centro a Torino, assume il nuovo status di studio d’artista. Francesca Ferreri, anziché stravolgerlo, ha da subito sfruttato a proprio vantaggio le peculiarità di ogni ambiente, adattando le varie sale alle proprie esigenze, rispettandone tuttavia la progressiva stratificazione e suddividendo fondamentalmente lo studio in tre parti. Situata all’ingresso, una prima stanza raccolta e confortevole, ricca di volumi e cataloghi, è finalizzata allo studio e alla ricerca, nonché all’accoglienza dei visitatori. Procedendo, si giunge poi ad un secondo ambiente molto ampio e illuminato dall’altro che funge da laboratorio vero e proprio. Lo studio termina, infine, con altre due sale comunicanti in cui trovano posto rispettivamente il magazzino e l’archivio.
Proprio in questi ultimi spazi l’artista conserva una gran quantità di materiali di recupero disposti in vasche, collezionati nel corso del tempo e in attesa di essere riesumati per fungere da sostanza primaria per i progetti futuri. Si tratta perlopiù di oggetti di consumo, coloratissimi, sintetici; oggetti dimenticati, testimoni superstiti di una storia che resta sconosciuta, residui di un tempo perduto a cui l’artista intende rendere rispettoso omaggio. Da tale intento prendono forma tutte le operazioni di restauro che da anni caratterizzano la sua ricerca; Francesca Ferreri si prende cura di tali oggetti, reinserendoli nel flusso della vita, in altre parole concede loro una seconda possibilità, sottraendoli all’oblio cui sembravano essere irrimediabilmente destinati.
È proprio la dicotomia esistente tra i concetti di tempo ed eternità, già sottesa a tutti gli interventi di restauro, a ispirare Horae, recente lavoro che riflette sulla necessità umana di quantificazione del tempo. Come la stessa Francesca Ferreri afferma: «Quasi sempre le Horae parlano di esperienze raccolte-in-sé, di eventi quotidiani, modesti ma non rinunciabili. Le preziose miniature che ornano i libri d’ore che ci sono rimasti a partire dall’alto Medioevo, evocano eventi sacri, ma è un sacro personale, intimo, perlopiù racchiuso in una stanza, condiviso con pochissimi o magari con nessuno. Un sacro che si contenta di un luogo».
Un ulteriore, poderoso, lavoro occupa attualmente la parte centrale dello studio di Francesca Ferreri. Una protuberanza materica incombe dalla parete, ricorda l’asticella che serve a segnare le ore nelle meridiane, detta comunemente gnomone, e assume qui dimensioni ipertrofiche. Il muro si protende, buca lo spazio, lo percorre tutto e metaforicamente giunge fino al sole. La misurazione del tempo si fa spazio; ancora una volta lo spazio – reale, apparente o solo alluso – è al centro.
Francesca Ferreri (Savigliano, CN, 1981) è interessata alla nozione di lacuna come potenziale attivatore del processo scultoreo. La sua ricerca si interroga sulle possibili analogie fra la pratica di restauro e i meccanismi della mente e si esprime con linguaggi eterogenei quali il disegno, la scultura, l’installazione e la videoanimazione. Le sue recenti mostre personali includono Gaussiana al Museo Casa Morandi, Dona Ferentes al Museo Felice Casorati (doppia personale con Manuele Cerutti), Cluster Clutter alla Galleria Alberto Peola di Torino e Fuzzy Traces a P/////AKT, Amsterdam (NL). Tra le residenze a cui ha preso parte: THE HISK a Gent (BE), MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma, CARS Omegna. Il suo lavoro è stato esposto in numerose collettive presso istituzioni, gallerie e spazi no profit italiane e internazionali, fra cui: MKHA, Anversa (BE), La Rada, Locarno (CH), La Casa Encendida, Madrid (ES), MACA, Alcamo, FROST, Miami (FL), MIDEC, Laveno, Fondazione Merz, Torino, Mars, Milano, Museo Paolo Graziosi, Firenze. Le sue opere fanno parte di collezioni private e pubbliche, tra le altre GAM e Museo Ettore Fico di Torino (IT), Museo d’Arte Contemporanea di Lissone (IT), Museo Tornielli (Ameno, IT) e Palazzo Forti di Verona (IT). Per maggiori info: francescaferreri.com