MILANO | Fondazione Elpis | Fino al 7 luglio 2024
di MATTEO GALBIATI
Tra gli eventi dell’ultima Milano Art Week, una delle proposte più interessanti – in corso fino al 7 luglio prossimo – è la mostra personale di Theodoulos Polyviou (Cipro, 1989) proposta da Fondazione Elpis in tutti gli ambienti della sua suggestiva sede di Milano. Un Palazzo in esilio è l’inedito terzo capitolo del progetto Transmundane Economies – dopo Bellapais Abbey al Künstlerhaus Bethanien e SCREEN al Bode Museum entrambi a Berlino – che l’artista cipriota ha pensato appositamente per questa occasione, rimanendo fedele all’idea di osservare, analizzare, studiare, attraverso una coralità multilinguistica di espressività artistiche, i “vuoti del patrimonio culturale dell’isola di Cipro” che, dalla storia passata, si rielaborano con i nuovi modelli culturali attuali mettendo al centro i principi di intrecci contaminanti di reinvenzione e di reinterpretazione.
Con video, installazioni, sculture, disegni, dipinti, Polyviou ha disseminato numerose opere sui tre piani dello spazio milanese innescando veri e propri dispositivi visivi che alimentano riflessioni, attorno a temi analoghi, ma sempre orientate secondo punti di vista diversi e sfaccettati, capaci di accogliere anche la determinazione di chi osserva e che, quindi, con la propria esperienza trascende il punto di partenza iniziale offerto dall’artista. Punto di avvio della riflessione di Un Palazzo in esilio sono le vicende connesse alla costruzione del nuovo Palazzo Arcivescovile cipriota che, negli anni Cinquanta in un periodo di forti tensioni etnico-sociali, l’allora arcivescovo Makarios III volle costruire attraverso il primo concorso pubblico per un progetto architettonico indetto sull’isola. L’artista rimarca come il valore dell’espressione architettonica, per Cipro, fosse a quel tempo un mezzo di forte dibattito per segnare un punto di svolta identitario rispetto alla dominazione inglese. L’analisi di Polyviou si attiva grazie alla sua capacità di rielaborare poeticamente elementi – in taluni casi originali come i calchi dell’architettura del palazzo cipriota –, sostanze, forme e immagini con cui riesce a definire, per noi che osserviamo, una specialissima modalità di mediazione storica, artistica, poetica, sociale, filosofica.
Il simbolismo insito nella costruzione di questo edificio ha favorito, così, una percezione differente dell’unità della comunità cui appartiene, oltre ogni deriva nazionalista allora imperante: in questo senso la frammentazione della rielaborazione, attuata dall’artista negli ambienti della Fondazione Elpis, aiuta a unire il passato al presente rimarginando vicende che producono, proprio grazie al suo intervento e alla sua pratica così peculiare, un affascinante approccio più incisivamente attuale.
Il percorso si dipana attraverso una misurata e calibrata presenza di opere – come si diceva comunque numerose – che non affollano mai l’ambiente che si visita, ma diventano intelligenti dislocazioni, quasi punti di energia di senso, che, in un percorso a tappe, permette di suddividere e sezionare chiaramente la vicenda proposta da Polyviou. Al piano terra agiscono i calchi originali che – ora nell’archivio personale dell’artista, ma provenienti dai cantieri di numerose chiese cipriote e da quello del Palazzo Arcivescovile – sanno diventare manufatti autonomi: sono sculture vere e proprie pur in veste di preziosi frammenti di simbologie trascorse, ma costitutivi, secondo le parole dell’artista, come “negativi dogmatici” con la polarità di pieno e vuoto, positivo e negativo, presenza e assenza.
Ad avvalorare questa iconografia peculiare è l’evidente rivestimento prezioso in foglia oro apposto su alcuni di essi che non solo impreziosisce certamente questi oggetti, ma anche li enfatizza con un determinante carico iconografico-simbolico. Troviamo poi, sempre a legarsi a tradizioni dell’isola, alcune installazioni in guisa di candelabri che, pur realizzate con gli elementi dei ponteggi da cantiere, reggono candele votive realizzate dai laboratori artigianali ciprioti, rimando così alla narrativa generale del progetto.
Di particolare interesse, per il legame con la storia e il dibattito culturale della comunità di Cipro, sono le opere con taglio “pittorico” allestite nel piano interrato che presentano collage di pagine pubblicitarie di giornali e riviste, sia greche sia inglesi, risalenti agli anni Cinquanta, coevi, quindi, del bando e della costruzione del Palazzo. Comunicazione mass-mediatica e propaganda politico-coloniale si contaminano e Polyviou, serigrafandoli su materiali da edilizia poi resi telai, avvalora, accresce ed enfatizza il messaggio relativo al valore dell’identità propria.
Infine è davvero superba la videoinstallazione al primo piano che, realizzata con il contributo dell’architetto Loukis Menelaou, diventa un ambiente intimamente immersivo, di forte e intrigante suggestione. Un video, alcuni disegni progettuali, un modellino in scala – realizzato tra l’altro con lo stesso legno di recupero usato per il restauro della Fondazione – rappresentano il punto narrativo più forte dell’intero progetto: qui Polyviou, tra finzione e realtà, prova lui stesso a presentare una sua plausibile candidatura e con questa proposta partecipa, di là dal tempo, al concorso indetto negli anni Cinquanta.
Theodoulos Polyviou. Un Palazzo in esilio
10 aprile – 7 luglio 2024
Fondazione Elpis
via Lamarmora 26, Milano
Orari: da giovedì a domenica 12.00-19.00
Ingresso libero
Info: +39 02 89745372
info@fondazioneelpis.org
www.fondazioneelpis.org
Theodoulos Polyviou (1989, Cipro) è un artista con base a Berlino la cui pratica, nel suo nucleo, utilizza i media espansi per considerare il posto dei corpi all’interno della fisicità istituzionale e delle narrazioni culturali e politiche. Il suo progetto in corso Transmundane Economies utilizza la virtualità e le tecnologie digitali associate per studiare, ricostruire e riempire i vuoti del patrimonio culturale cipriota, allontanandosi da un’agenda nazionalista per speculare invece sul rapporto tra queerness, riparazione e reinvenzione all’interno degli intrecci storici dell’isola. Nel 2014 Theodoulos ha conseguito un master in Comunicazione Visiva presso il Royal College of Art di Londra. È cofondatore ed ex direttore del project space sperimentale Koraï, a Cipro. Nel 2020 ha co-curato la 19a edizione della Biennale Mediterranea: School of Waters, San Marino. Ha presentato il suo lavoro in mostre personali alla Künstlerhaus Bethanien, Berlino, e allo ZKM: Center for Art and Media, Karlsruhe, tra gli altri, e in varie mostre collettive, tra cui il Padiglione di Cipro alla Biennale di Architettura di Venezia del 2021. Nel 2023 è stato artista in residenza a Una Boccata d’Arte, progetto di arte contemporanea promosso da Fondazione Elpis, in collaborazione con Galleria Continua. Theodoulos Polyviou ha recentemente concluso la sua ultima mostra personale con la presentazione del secondo capitolo di Transmundane Economies intitolato SCREEN al Bode Museum di Berlino.