57. BIENNALE ARTE 2017 | PADIGLIONE FINLANDIA | 13 maggio – 26 novembre 2017
Intervista a XANDER KARSKENS di Luca Bochicchio*
Da pochi mesi è il nuovo direttore del Cobra Museum of Modern Art di Amstelveen, un’istituzione culturale olandese che affronta la sfida di valorizzare e attualizzare l’eredità storica, artistica e culturale del movimento europeo d’avanguardia che ha messo in crisi canoni e paradigmi della produzione artistica moderna. In questa edizione della kermesse veneziana, Xander Karskens (Breda, 1973) è il curatore di The Aalto Natives, installazione concepita per il padiglione finlandese (progettato nel 1956 da Alvar Aalto) da Erkka Nissinen (Helsinki, 1975) e Nathaniel Mellors (Doncaster, UK, 1974). Un progetto paradossale non solo nella sua costruzione, ma anche nella sua definizione: si tratta infatti di una collaborazione transnazionale che affronta questioni culturali e politiche critiche, in pericoloso avvitamento, come la costruzione dell’identità nazionale. Come Mellors e Nissinen hanno elaborato queste problematiche, e come Karskens vede le sfide dell’arte nella crisi della globalizzazione, è l’oggetto di questa intervista. Enjoy it!
Come descriveresti il progetto del padiglione finlandese, il cosiddetto Aalto Pavilion?
The Aalto Natives è un’installazione composta da molti elementi diversi, che offrono al visitatore un’“esperienza immersiva”: ci sono figure animatroniche in movimento che parlano tra loro, ci sono proiezioni video, luci colorate, sculture… Si tratta di una narrazione diacronica enfaticamente teatrale, giocata attraverso tutte queste diverse componenti, che a loro volta vengono attivate in punti specifici della narrazione.
In termini di contenuto, il lavoro unisce l’interesse comune degli artisti per l’uso della commedia e della satira nel commentare la cultura contemporanea. Alcune parti hanno una natura scatologica, altre presentano scene violente ispirate all’horror, vi sono poi riferimenti alla cultura popolare ma anche all’archeologia o all’idealismo trascendentale. Il lavoro riflette su soggetti “seri” come l’identità nazionale della Finlandia: un Paese con una storia geopolitica complicata, frapposta tra due rivali storici come la Svezia e la Russia; un Paese avanzato e progressista alla periferia d’Europa, che sta affrontando problemi simili a quelli di molte altre nazioni europee, come il populismo e la xenofobia. Nella storia di The Aalto Natives questi fenomeni sociopolitici contemporanei sono affrontati in modo alterato, comico, guardando allo sviluppo culturale di un mondo immaginario che comprende una Finlandia fondata da due figure messianiche: Geb e Atum.
Con la velocità delle comunicazioni – che sta cambiando il nostro approccio allo spazio-tempo, all’ambiente e così via – l’idea di “geografia” sembra aver perso peso, quasi si trattasse di un bizzarro personaggio del quale ci accorgiamo con sorpresa soltanto in occasione di eventi naturali o culturali eccezionali. Quale pensi sia oggi il valore della “nativeness”? Credi si tratti di un fattore chiave nelle pratiche artistiche attuali e future?
Ci troviamo in un momento geopolitico molto interessante, benché pericoloso e spaventoso, nel quale il neoliberismo ha fallito, l’effetto della globalizzazione sta producendo allarmanti e crescenti diseguaglianze e ci stiamo affannando a formulare fattibili alternative all’idea di stato nazionale. Alla luce della recente legislazione per gli ingressi negli USA o della crisi dell’immigrazione alle porte dell’Europa – solo per fare due esempi – i concetti di “nativeness” e di cittadinanza nazionale dimostrano come nonostante la tecnologia della rete digitale abbia creato un senso di universalità e accessibilità, la realtà politica sia piuttosto il contrario: in tutto il mondo c’è una ritirata regressiva dietro i varchi dei confini nazionali, cresce il conservatorismo culturale, la xenofobia e via dicendo. Alla domanda come ciò stia influenzando l’arte prodotta oggi, risponderei che una delle questioni topiche con cui l’arte deve confrontarsi oggi è: come ci si può impegnare criticamente contro tutto questo? E come può l’arte cambiare tutto questo?
Fin dalle prime fasi di questo progetto gli artisti Erkka Nissinen e Nathaniel Mellors hanno lavorato in modo totalmente collaborativo. Vedi qualche affinità tra un simile approccio (creativo-collaborativo) e i tuoi metodi, il tuo modo di affrontare il compito curatoriale?
Ci sono ovviamente molte sfaccettature nella funzione del curatore, e ogni progetto ha le sue esigenze particolari. In questo caso, il lavoro curatoriale non si è focalizzato tanto sulla co-autorialità nel cuore del processo artistico (che si è sempre diviso tra Mellors e Nissinen, i quali per lo più hanno hanno lavorato insieme a Los Angeles, mentre io ero ad Amsterdam), quanto su un ruolo più editoriale e di partner di feedback per aspetti cruciali nella progettazione delle opere e dell’installazione. Vedo il mio ruolo in questi termini: di feedback-partner e consigliere, di vertice dell’organizzazione, supervisore della produzione e fundraiser, piuttosto che quello di partner creativo. Ovviamente ci sono molti altri curatori che affermano una co-autorialità artistica e operano creativamente sullo stesso piano dell’artista. Tale dicotomia artista/curatore si è certamente ridotta sensibilmente nel corso degli ultimi vent’anni, come risultato di differenti processi di riconfigurazione istituzionale nel mondo dell’arte, e in molti casi non è più molto proficuo fare distizioni tra i due.
Rispetto ad altri progetti dei quali ti sei occupato, cosa significa per te lavorare per la Biennale di Venezia, tanto più nel contesto di un padiglione nazionale?
Ho sempre amato la Biennale di Venezia per tutte le sue contraddizioni intrinseche; si tratta di un mostro arcaico e problematico, tuttavia abbiamo bisogno di promuoverlo perché ci permette di riflettere su quelle stesse questioni al centro della crisi globale contemporanea. Poter utilizzare una simile cornice, e operare a questo livello di alta visibilità e risposta critica, è un’opportunità per ogni curatore. Poter fare tutto questo rappresentando un Paese che non è il proprio, come nel mio caso, in una collaborazione autenticamente internazionale, con un duo artistico dalla Finlandia e dal Regno Unito, un committente finlandese (l’incredibile squadra di Frame [Frame – Contemporary Art Finland https://frame-finland.fi/ n.d.r.]) e il grosso della produzione realizzata a Hong Kong, Los Angeles e Amsterdam, significa che questo progetto rilfette la “condizione globalizzata”, in linea con la ridefinizione della rappresentazione nazionale che è diventata sempre più comune, negli ultimi anni, in una biennale come questa.
*[da Espoarte #97 – Speciale Biennale]
FINLANDIA (Padiglione Alvar Aalto)
The Aalto Natives
Sede: Giardini
Commissario: Raija Koli, Frame Contemporary Art Finland
Curatore: Xander Karskens
Artisti: Erkka Nissinen e Nathaniel Mellors
Info: http://frame-finland.fi