MILANO | Pac – Padiglione d’Arte Contemporanea | 28 marzo – 20 maggio 2018
di ALBERTO MATTIA MARTINI
Certamente Teresa Margolles non ha paura e non teme manifestare il proprio pensiero.
La mostra personale dell’artista messicana al PAC di Milano è infatti un racconto improntato sul reale, una narrazione che non si risparmia, non trattiene il fiato, ma lo fa trattenere al visitatore, mettendolo al cospetto di una realtà cruda parte di un mondo contemporaneo sempre più individualista, egotico ed egoista, che riversa la propria aridità intellettuale nella non accettazione della diversità e quindi nella violenza.
L’artista di origini messicane, con una formazione in medicina legale, punta il dito e l’attenzione contro la violenza di ogni genere, ma in special modo quella compiuta in Messico e che sta causando “non solo” un numero considerevole di morti, ma che sta distruggendo il tessuto sociale, urbano ed architettonico del stesso paese.
La Margolles avendo lavorato per dieci anni nel Collettivo SEMEFO (Servicio Médico Forense), che cerca di combattere la violenza, conosce bene l’argomento posto all’attenzione del visitatore del PAC, all’interno di un percorso espositivo esplicato in vari ambienti.
Nella mostra intitolata Ya Basta Hijos De Puta, il corpo entra in modo irruento e persistente, anche se solo alcune volte è rappresentato. Come accade nell’opera Pistas de Baile (2016), composta da nove grandi ritratti fotografici di transessuali, immortalati presso Ciudad Juàrez, in un luogo di macerie: resti di discoteche demolite con l’illusione di una riqualificazione degli spazi ed invece abbandonati a loro stessi. Emerge un contrasto netto tra la degradazione del luogo e i soggetti abbigliati nella loro “divisa” da lavoro, appariscente e sfarzosa. Nella serie di immagini manca la decima, il cui soggetto era la transessuale Karla, collaboratrice dell’artista e la più anziana di tutte, punto di riferimento della comunità transgender di Ciudad Juárez, brutalmente assassinata nel 2015.
L’artista rende omaggio a Karla in un’altra sala del museo dal titolo Karla, Hilario Reyes Gallegos (2016). La grande foto in bianco e nero con la protagonista vestita come una sposa e ospitata in una sala totalmente dipinta di rosso, dove si trova il vero certificato di morte di Karla, con il suo nome maschile, la testimonianza audio delle colleghe e una grossa pietra recuperata nello stesso luogo dove nel 2015 Karla fu ritrovata con il cranio fracassato appunto da una roccia. A Ciudad Ciudad Juárez le vite dei transessuali non hanno per le autorità alcuna importanza e le indagini di conseguenza non vengono mai svolte.
La morte entra a piedi pari in tutte le le opere della Margolles e quindi pervadendone gli spazi del PAC, come nell’opera The Papeles (2003), fogli di carta monocromi realizzati con l’acqua utilizzata per lavare i corpi negli obitori; o come l’opera Vaporización (2001-2018) costituita da una sala completamente satura di vapore acqueo proveniente dal liquido nel quale sono stati dissolti e sterilizzati i sudari che hanno avvolto i corpi negli obitori di Milano e ancora 57 cuerpos (2010), un filo di trenta metri teso nello spazio espositivo, che unisce il filo delle vite spezzate da morte violenta di 57 messicani.
Il lavoro della Margolles è un lavoro essenziale, sintetico, ma potente, coraggioso, struggente, che coinvolge il fruitore con non solo con lo sguardo ma con tutti i sensi, riuscendo a ridare un “senso” e quindi restituire un nome e una dignità a questi individui a cui è stato negato tutto: anche la vita.
TERESA MARGOLLES. YA BASTA HIJOS DE PUTA
a cura di Diego Sileo
28 marzo – 20 maggio 2018
Pac – Padiglione d’Arte Contemporanea
Via Palestro 14, Milano
Info: +39 02 8844 6359
c.mostre@comune.milano.it
www.pacmilano.it