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VENEZIA – ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE | FONDAZIONE GIORGIO CINI | 14-30 SETTEMBRE 2018

intervista a SUSANNA POZZOLI di Livia Savorelli

Riscoprire le eccellenze del fare artigiano, significa molto spesso calarsi in una ritualità che prevede una concentrazione ai limiti dell’astrazione, gesti lenti e dipendenti da varie condizioni che il processo comporta. Assistere a questi “rituali del fare”, vivendo il “dietro le quinte” di alcune delle migliori botteghe artigiane di Venezia e del Veneto – che sono impermeabili alla frenesia contemporanea – è il privilegio che è stato concesso a Susanna Pozzoli – fotografa, artista e a sua volta artigiana – che così spiega il suo ultimo progetto Venetian Way: «Ogni immagine rappresenta una pausa tra un gesto e l’altro. Stimolano chi le osserva a essere attento, a prendersi il tempo necessario, ad aprire l’immaginazione»….

Sei tra i protagonisti di un grande evento culturale, Homo Faber, dedicato ai mestieri d’arte di tutta Europa. Come si è manifestato il tuo contributo? Come ti sei posta come artista nei confronti di questo evento che, come dichiarato negli intenti dell’organizzazione, è “una celebrazione di tutto quello che gli esseri umani sanno fare meglio di qualunque macchina”? Ti senti anche tu, a tua volta, “artigiana”?
Homo Faber nasce dalla collaborazione tra la Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, creata nel 2016 e la storica Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. L’evento, che sarà aperto al pubblico a Venezia il 14 settembre alla Fondazione Giorgio Cini, si compone di 4.000 m2 di mostre, incontri con i maestri artigiani e le realtà europee del settore, includendo concerti e molto altro.
Collaboro con entrambe le fondazioni, che negli anni hanno seguito e apprezzato il mio lavoro di ricerca e mi hanno scelta per raccontare con la fotografia i saperi della regione Veneto. Mi è stato affidato il Chiostro dei Cipressi, uno spazio bellissimo ma anche complesso per una mostra fotografica. La mostra è, infatti, una sorta di benvenuto, un ingresso nel ricco e sfaccettato mondo di Homo Faber.

Bruno Barbon Antiquariato, intaglio del legno e restauro, Venezia
© Susanna Pozzoli / Michelangelo Foundation for Creativity & Craftsmanship 2018
Stampa giclée su carta baritata, 75×75 cm montata con passe-partout e cornice in legno.

Il mio intento in questo contesto è quello di far parlare i luoghi, di valorizzare i piccoli momenti delle botteghe, il pregio e la specificità di un utensile consumato dal lavoro, l’incredibile ricchezza che si cela negli angoli di una fonderia attiva dal 1913… Invece di mostrare il risultato, oggetti unici e perfettamente eseguiti, ho voluto far luce e possibilmente proporre uno sguardo nuovo su quello che viene prima e sui luoghi di creazione. Sono ritratte materie prime, utensili, piccoli momenti rubati in rapidità tra un’azione e l’altra in diversi angoli di botteghe e laboratori. Una parte molto approfondita di Venetian Way si concentra invece sulle azioni. Ho documentato alcune delle fasi più significative in ogni realtà. Una selezione di questa sezione è raccolta in mostra nella parete “Gesti” che presenta tre immagini per ogni bottega con una descrizione.
Nel mio processo di lavoro, il tempo ha un ruolo fondamentale così come l’osservazione. Ho visto i luoghi, incontrato i maestri, studiato il lavoro che fanno prima di scattare. Si tratta di un progetto “lento” e minuzioso. Certamente mi sento artigiana, specialmente in un lavoro come questo. Ho avuto un mandato, un limite di tempo e una lista di botteghe da gestire. Mi è stato chiesto un progetto artistico fedele alla mia linea creativa ma attento alle realtà fotografate e con un’importante parte dedicata ai gesti in movimento, in azione. Una volta chiarito come impostare Venetian Way, con le mie macchine fotografiche, cavalletto, pellicole ed esposimetro mi sono messa al lavoro e ho viaggiato e lavorato per diversi mesi.

Vetreria Anfora, maestro Andrea Zilio, vetro d’artista, Murano, Venezia © Susanna Pozzoli / Michelangelo Foundation for Creativity & Craftsmanship 2018
Stampa giclée su carta baritata, 75×75 cm montata con passe-partout e cornice in legno.

Per realizzare questa mostra hai scelto di usare la fotocamera analogica e non quella digitale. Ci spieghi i motivi di questa scelta e come, operativamente e stilisticamente, hai scelto di operare?
Già in passato hai realizzato un importante progetto legato ai maestri artigiani della Corea, sono ravvisabili delle similitudini di approccio ai due progetti?
Nella mia ricerca personale spesso ho deciso di lavorare in pellicola medio formato a colori. Si tratta di un approccio artigianale al lavoro, con un suo processo rigido, diviso tra preparazione, produzione, sviluppi, provinature, post-produzione e stampa. Ci sono dei tempi di attesa e di riflessione. Come quelli di molti degli artigiani fotografati, i miei utensili non sono innovativi né iper-performanti, sono certamente di qualità ma quello che conta è la dimestichezza, l’esperienza, la fiducia che ho nei confronti di queste macchine. Lavorare in pellicola è per me ancora oggi fantastico e amo le limitazioni che impone. Trovo stimolante il dover scegliere a priori e scattare molto poco, rispetto a quando si lavora in digitale. Nell’anno di realizzazione di Venetian Way ho fotografato con le mie Hasselblad e Rolleiflex fusioni di metallo, la creazione di vetro soffiato, la battitura della foglia d’oro… operazioni complesse e rapide. Ho destato una certa curiosità se non derisione in qualche bottega. In realtà per me il non “vedere” ma invece dover “immaginare” il risultato è un aspetto importante del fare fotografia che mi impone una concentrazione simile a quella dei maestri che sto ritraendo. Dell’analogico inoltre amo molto la resa nelle situazioni con pochissima luce, le pose lunghe che mi permettono di avere tutto a fuoco in una piccola parte e uno sfocato accattivante tutto intorno.
Mi è difficile descrivere le mie fotografie da un punto di vista stilistico ma credo di poter affermare che l’astrazione e l’attenzione ai dettagli sono molto importanti così come la costruzione nell’inquadratura di un gioco di linee rigoroso. Il formato quadrato è sempre strato per me molto interessante, decisamente il mio favorito. Non amo il “tutto a fuoco” ma al contrario mi piace scegliere cosa mettere in valore e utilizzare parti fuori fuoco in colore come elementi cromatici spesso non leggibili. Guardando i provini mi accorgo che molte fotografie presentano colori vivaci ma spesso solo 1 o 2 per ogni scatto. Per la disperazione di Roberto Berné, il mio stampatore che ha realizzato per questa mostra stampe di grande impatto che valorizzano il lavoro fotografico, propongo immagini dense ma quasi monocromatiche.

Colophonarte, libri d’Artista a tiratura limitata, Belluno © Susanna Pozzoli / Michelangelo Foundation for Creativity & Craftsmanship 2018
Stampa giclée su carta baritata, 75×75 cm montata con passe-partout e cornice in legno.

L’opportunità di partecipare a Homo Faber si lega a HANDMADE. Korean Way, progetto fotografico che ho realizzato in Corea del Sud nel 2010. In un contesto allora iper-tecnologico e all’avanguardia ho deciso di concentrarmi sul mondo dei grandi maestri artigiani, selezionando alcuni “patrimoni viventi”, chiedendo di incontrarli e di fotografarli in un modo insolito, lontano dagli standard richiesti dalle riviste. Le fotografie si concentrano sul “dietro le quinte”: i luoghi di lavoro, le materie prime, gli scarti, la polvere accumulata nel tempo… Non vi è nessun desiderio di descrivere o documentare ma solo di evocare le presenze e le azioni, giocando con la bellezza intrinseca in colori e forme a volte misteriose. Il lavoro è stato apprezzato dalla fondazione Michelangelo che ne ha colto tutte le sfumature e si è immaginata un seguito veneto come omaggio alla regione e alla città di Venezia che ospitano Homo Faber.

Hai dichiarato che Venetian Way “non si occupa della bellezza dell’oggetto, quanto della bellezza dell’amare il proprio mestiere”. Come questa esperienza ha modificato (se lo ha fatto) la tua idea di artigiano, cosa ti ha maggiormente sorpreso?
Con ovvie differenze, tutti i mestieri che ho fotografato mi hanno rivelato la necessità e la potenza della concentrazione. I maestri si “astraggono” in qualche modo da tutto nel momento in cui creano. Come in ogni lavoro artistico, questo momento porta con sé una magia. I greci direbbero che il Genio viene a visitare chi crea. Per me fotografare questo istante è un momento di grazia e credo che nelle fotografie questo si comprenda. Nel momento di creazione i maestri sono in “pace”: dalla mente al gesto, tutto si concentra con grande armonia in una coreografia che spesso richiede degli assistenti e tantissime fasi diverse di lavoro strutturate in più giorni ed eseguite da diverse mani. In questi mesi ho riflettuto sulla qualità del lavoro come “fare”, come azione e come vocazione, sulla sua essenza al di là del riscontro economico e del risultato. Ho visto il creare al tornio, al martello, in fornace anche come momento di astrazione dalla tecnologia dominante, dallo stile di vita moderno che in qualche modo frammenta tutto e ci rende distratti. L’artigiano si deve concentrare. Questo lo avevo già visto e percepito ma ne ho compreso il valore profondo in questo anno così intenso e condiviso con persone diverse ma piene di motivazione, tenacia e precisione.

Quali delle 21 realtà artigiane veneziane con cui hai interagito ti ha colpito maggiormente? Quali riti ti sono maggiormente “entrati dentro”? Vuoi condividere con noi qualche aneddotto particolarmente significativo originato da questi incontri?
Onestamente ogni realtà che ho fotografato è molto speciale e i momenti da raccontare sarebbero moltissimi. La lista include mestieri rari, altri legati al territorio; si passa da piccole botteghe con un solo maestro a realtà come Bonotto; Miles e Ballin che hanno fatto della tradizione un’industria specializzata a vocazione artigianale. Avendo l’opportunità di tornare più volte ho familiarizzato con alcuni gesti e trovato risposta a molte curiosità. Alcuni momenti e azioni particolarmente impressionanti me li sono portata nei sogni: la fusione del metallo in stampi di terra della Fonderia Artistica Valese, il maestro Andrea Zilio al lavoro mentre soffia e dà forma ad oggetti complessi e incandescenti, la Fornace Orsoni dove soffioni di vetro leggerissimo vengono prima creati e poi spezzati per l’applicazione della foglia d’oro…

Fornace Orsoni, tessere in vetro per mosaico, Venezia © Susanna Pozzoli / Michelangelo Foundation for Creativity & Craftsmanship 2018
Stampa giclée su carta baritata, 75×75 cm montata con passe-partout e cornice in legno.

È stato un lavoro molto “tattile” in cui odori, temperature, materie differenti, polvere e luci sono entrate a far parte del mio universo. Per esempio le temperature, a volte infernali come nelle fornaci a luglio o al contrario il freddo umido dello squero Tramontin in pieno inverno, aperto sul “rio” per far entrare dalla riserva le due lunghissime aste di rovere che diventeranno i fianchi della gondola.
Tra le botteghe con un solo maestro certamente mi ha colpito l’universo di Giampaolo Babetto, artista del gioiello e professore. Uomo di cultura, appassionato e dedicato alla sua attività, ha creato un microcosmo perfetto. Il suo atelier-casa è immerso negli ulivi appena al di fuori dal villaggio di Arquà Petrarca vicino a Padova. Ogni oggetto, ogni dettaglio della casa antica da lui restaurata è pensato e/o realizzato da Babetto e in un certo modo richiama le sue creazioni di orafo, tutte giocate su forme geometriche ed un uso molto particolare del colore. Babetto lavora immerso nella pace e nella bellezza, in un luogo convertito ad hoc per i suoi bisogni, lontano dallo stress.

Tessitura Luigi Bevilacqua, broccati e tessuti pregiati, Venezia. © Susanna Pozzoli / Michelangelo Foundation for Creativity & Craftsmanship 2018
Stampa giclée su carta baritata, 75×75 cm montata con passe-partout e cornice in legno.

In Venezia una delle prime realtà che ho visitato è stata la Tessitura Luigi Bevilacqua dove telai del Settecento sono ancora all’opera: ricordo benissimo il mio “Wow” interiore… Il laboratorio è come sospeso in un altro secolo ma è autentico: tessitrici giovani tessono con costanza per terminare progetti su commissione di prestigio. Non siamo in un museo, non è un luogo per turisti ma Bevilacqua ha scelto di non meccanizzare i telai e di continuare a produrre a mano broccati e tessuti con il metodo Jacquard. Tutto ha una grazia e una musicalità. Il gesto al telaio forte e preciso delle tessitrici provoca una serie di rumori particolari, il telaio sussulta e si muove sul suolo fatto di travi in legno posate sopra la sabbia per ammortizzare.
Tra i maestri al lavoro, oltre alle prodezze del vetraio Andrea Zilio, certamente mi ha molto incantato il maestro Mario Bertolin che al tornio è così agile ed esperto da far sembrare tutto semplice. Lavora concentrato ma con il sorriso e può permettersi di chiacchierare e ridere, raccontandomi la storia di Nove e delle sue ceramiche che si vendevano in tutto il mondo. Nel fare con tanta disinvoltura questi gesti il maestro ci dimostra tutta la sua capacità, il risultato di un tempo imprecisato, lunghissimo, quasi incredibile, il tempo che ha passato al tornio da quando ha imparato ragazzo a oggi.

Ceramiche Artistiche 3B, maestro Mario Bertolin, ceramiche al tornio, Nove. © Susanna Pozzoli / Michelangelo Foundation for Creativity & Craftsmanship 2018
Stampa giclée su carta baritata, 75×75 cm montata con passe-partout e cornice in legno.

Susanna Pozzoli, Venetian Way
mostra a cura di Susanna Pozzoli e Denis Curti

nell’ambito di Homo Faber. Crafting a more human future

14-30 settembre 2018
Fondazione Giorgio Cini
Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia

Info: www.homofaberevent.com/it/momenti-veneziani
Ingresso libero previa registrazione sul sito homofaberevent.com

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