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Milano | Fondazione Prada | 30 gennaio – 28 settembre 2020

Partono oggi, alla Fondazione Prada di Milano, due nuove mostre che non lasceranno di certo indifferenti gli spettatori.

Al quarto piano della Torre troviamo le “meraviglie” della mostra The Porcelain Room – Chinese Export Porcelain che raccoglie oltre 1.700 porcellane cinesi da esportazione.
L’esposizione, a cura di Jorge Welsh e Luísa Vinhais, riunisce esempi di porcellane realizzate tra il XVI e il XIX secolo per diversi mercati, gruppi sociali e religiosi. Il progetto dimostra l’efficienza dei produttori cinesi nell’intercettare le domande e le sensibilità di ogni singolo segmento di mercato, adattando la loro attività alle diverse esigenze. Nonostante le ceramiche cinesi siano conosciute al di fuori della Cina già durante la dinastia Tang (618-907) e abbiano raggiunto l’Europa all’inizio del XIV secolo, l’esportazione delle porcellane aumenta considerevolmente raggiungendo ogni regione del mondo solo dopo l’apertura delle rotte marittime verso est da parte dei portoghesi nel 1513. Durante la dinastia Ming (1368-1644) il mercato di esportazione diventa sempre più fiorente, inizialmente con il commercio delle porcellane celadon e smaltate blu. Quando gli europei iniziano a scambiare e commissionare le porcellane per importarle in Occidente, queste diventano la prima merce venduta a livello globale.

Immagine della mostra “The Porcelain Room – Chinese Export Porcelain”, a cura di Jorge Welsh e Luísa Vinhais, Fondazione Prada, Milano, 30.1 – 28.9.2020. Foto: Delfino Sisto Legnani. Courtesy Fondazione Prada

The Porcelain Room si inserisce in un ampio raggio di ricerche che la fondazione ha intrapreso, estendendo la propria attività a una pluralità di linguaggi espressivi che superano i confini dell’arte contemporanea. Senza creare gerarchie e distinzioni tra arti visive, artigianato, design e produzione in serie, la mostra sottolinea il valore creativo delle porcellane cinesi da esportazione rivelandone la raffinata lavorazione a un pubblico più vasto non formato da soli esperti. La scelta di allestire questa mostra in uno degli spazi della Torre, che ospita una selezione di opere della Collezione Prada, innesca un dialogo tra antico e contemporaneo e un confronto tra raccolte di oggetti e installazioni provenienti da universi culturali differenti.

Da segnalare, in particolar modo, l’allestimento suddiviso in tre sezioni che porta la firma di Tom Postma Design e che è concepito come una stanza nella stanza, una struttura rivestita di velluto marrone, che include diverse vetrine espositive e uno spazio intimo decorato in oro.

Presso la galleria Nord, invece, viene presentata Storytelling, una mostra personale del pittore cinese Liu Ye, a cura di Udo Kittelmann; il progetto espositivo, inaugurato per la prima volta a Prada Rong Zhai a Shanghai nel 2018, prosegue a Milano e include una selezione di 35 dipinti realizzati a partire dal 1992.

“Storytelling” Liu Ye, 30.1 – 28.9.2020, Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Liu Ye, The Little Match-seller, 2004, acrilico su tela, 220 x 180 cm, M+, Hong Kong

I suoi dipinti generano un contrasto cromatico e materico con le pareti di cemento e l’architettura industriale di Fondazione Prada, attivando una nuova sequenza  narrativa e un enigmatico contrasto con gli ampi spazi espositivi. La dislocazione geografica contribuisce a focalizzare l’attenzione sull’abilità di Liu Ye nel creare un universo pittorico personale, che non si inserisce in nessun movimento artistico specifico.

L’immaginario intimo e sensuale di Liu Ye trova le sue molteplici fonti di ispirazione nella letteratura, nella storia dell’arte e nella cultura popolare del mondo occidentale e orientale, dando vita ad atmosfere che evocano introspezione, purezza e sospensione. Nella sua pratica artistica coesistono racconto fiabesco e ironia, percorsi da una vena parodistica.

A proposito della sua produzione, Liu Ye ha sottolineato che “ogni opera è un mio autoritratto”.

In una combinazione di fonti ed elementi diversi, nelle sue tele si possono identificare diverse forze creative: memoria, osservazione, immaginazione e formazione artistica. Le sue opere sono pervase da una sorta di ambiguità sospesa tra due mondi: realtà e invenzione. Nel corso del suo percorso Liu Ye ha sviluppato un universo personale, al contempo accessibile e impenetrabile, che si potrebbe descrivere come una realtà soggettiva. La cifra stilistica propria del primo approccio di Liu Ye corrisponde a una collisione di anacronismi, tipica dell’individuo immerso in una cultura straniera: i motivi dell’arte moderna sono combinati a citazioni dei grandi maestri, e riferimenti alla cultura occidentale sono associati a icone della tradizione cinese. La natura autobiografica dell’opera assume connotazioni diverse alla fine degli anni Novanta, quando l’artista lascia l’Europa per tornare nel suo paese natale. La sua arte è un mezzo per investigare e scoprire se stesso, in un contesto fondato sullo scambio reciproco tra produzione artistica e vita quotidiana. “Sebbene non sia mai diventato un artista astratto, ciò che mi interessa è rendere essenziale il carattere narrativo e tendere alla semplificazione”, dichiara Liu Ye. Il suo immaginario non evolve secondo un sistema lineare o logico, ma si basa sul contrasto, come in un collage di forme e linguaggi diversi.

“Storytelling” Liu Ye, 30.1 – 28.9.2020, Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi.
Da sinistra a destra:
Liu Ye, Books on Books, 2007, Acrilico su tela, 30 x 20 cm, Collezione privata, Shanghai
Liu Ye, Mondrian in the Morning, 2000, Acrilico su tela, 180 x 180 cm, Collezione privata, Pechino

Come ha dichiarato Udo Kittelmann, “percepisco l’opera di Liu Ye come un messaggio pittorico sensibile che passa tra due mondi spesso considerati contraddittori: cultura occidentale e tradizione orientale. La sua pittura ha subito suscitato in me un grande interesse perché esprime una costellazione dialettica. Crea una relazione non solo con i complessi sviluppi della cultura in Cina, ma si fa testimone di una profonda conoscenza della storia culturale e pittorica europea. Le sue immagini affondano le proprie radici nei movimenti artistici e intellettuali tanto occidentali quanto orientali, facendo convergere le forze del passato e del futuro”.

The Porcelain Room – Chinese Export Porcelain
a cura di Jorge Welsh e Luísa Vinhais

e

Liu Ye | Storytelling
a cura di Udo Kittelmann

30 gennaio – 28 settembre 2020

Fondazione Prada
Largo Isarco, 2 – Milano

Info: T. +39 02 5666 2611
info@fondazioneprada.org
www.fondazioneprada.org

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