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Mentre un nuovo anno si apre nell’atmosfera del “posticipo” (vedi Fiere ed opening rimandati in prossimità della primavera) per le gallerie italiane, e non solo per loro, si tratta di affrontare ancora un anno che si preannuncia all’insegna dell’adattamento.
I temi su cui riflettere sono sempre tanti e abbracciano aspetti differenti che partono dalla programmazione di galleria, in presenza e online, agli strumenti e alle modalità di comunicazione, al ruolo del digitale e alle relazioni al di là di uno schermo. Non ultime le nuove sfide, prospettive e progetti da sviluppare cui una galleria non può mai prescindere pur nell’incertezza del momento.
Iniziamo una serie di appunti settimanali con la selezione di 26 gallerie scelte per introdurci nel 2022 con uno slancio verso il futuro. Approfondimenti online di cui trovate una sintesi sul primo numero di Espoarte dell’anno: il #116.
(a cura di Francesca Di Giorgio)
TORINO | Galleria Peola Simondi
Francesca Simondi
Il periodo storico che stiamo attraversando si sta rivelando un’occasione per riflettere sul ruolo delle gallerie come luoghi di vendita, di scambio, di progettazione ma anche spazi di sperimentazione artistica di scoperta o riscoperta di artisti. Che cos’è oggi una galleria d’arte? Le gallerie d’arte possono essere ritenute ancora luoghi di sperimentazione? Potete raccontarci alcuni aneddoti, episodi ed esperienze personali (del passato o del presente) che facciano comprendere al pubblico cosa accade in galleria oltre ai classici momenti espositivi?
Domanda interessante e complessa, alla quale è difficile dare una risposta definita. Per capire cos’è oggi una galleria d’arte o quali forme potrebbe assumere nel futuro credo sia fondamentale la lettura di “Inside the white cube. L’ideologia dello spazio espositivo”, raccolta di saggi scritti da Brian O’Doherty e pubblicati per la prima volta nel 1976 sulla rivista Art Forum. O’Doherty apre una discussione critica sul ruolo della galleria nel sistema dell’arte e su come cambi – a partire dal secondo dopoguerra – la relazione tra artista, spazio espositivo e visitatore-osservatore. La galleria è stata sicuramente luogo di sperimentazione. Si pensi, solo per citare alcuni esempi, alla performance di Vito Acconci, Seedbed, che egli eseguì a New York, alla Sonnabend Gallery nel gennaio 1972; Rhythm 0 di Marina Abramović, avvenuta nella galleria Studio Morra di Napoli nel 1974; Le Vide (1958) di Yves Klein e Le Plein (1960) di Arman alla Iris Clert di Parigi.
Oggi, la sensazione è di vivere un tempo sospeso. Un tempo in attesa di un cambiamento che coinvolgerà tutti gli attori del sistema dell’arte. Si parla sempre più di NFT, digitalizzazione, criptovalute. Il futuro dell’arte sembra andare in questa direzione. Ma se non fosse così? Se dopo la crisi mondiale che stiamo vivendo diventasse più urgente tornare a riprendere contatto con la materia e con la vita reale?
I momenti più interessanti della galleria avvengono spesso fuori dalle sue stanze: negli studi degli artisti, durante le fiere, incontrando colleghi galleristi nei loro spazi espositivi, dialogando con direttori di musei e curatori. Pensando alla nostra galleria, mi vengono in mente gli ultimi incontri, negli studi (che spesso sono studio-casa) di Francesca Ferreri, Paola De Pietri e Giuseppe Mulas. È da questi momenti di confronto che possono nascere nuove idee e nuovi stimoli.
Un giorno, rientrando a casa dallo studio di Mulas, mi sono accorta di avere sotto le suole delle scarpe tracce del suo blu pastoso, è li che percepisco la vera emozione e lo spiraglio di un cambiamento.
L’esperienza della pandemia e il nuovo rapporto che si è venuto ad instaurare con la tecnologia e il digitale. Come avete continuato a portare avanti la vostra comunicazione, con quali strumenti e modalità? Questi strumenti, sviluppati a partire dalla necessità del momento, continuano ad essere parte integrante della vostra attività?
All’inizio del 2020 abbiamo tentato di ridurre le distanze determinate dall’isolamento pandemico sfruttando al meglio i social media e i canali di comunicazione che la galleria usava già da molti anni (sito, facebook, instagram, twitter). Durante il primo lockdown abbiamo realizzato una serie di video nei quali le opere degli artisti venivano raccontate attraverso musiche e letture tratte da romanzi. Parallelamente abbiamo portato avanti l’iniziativa #noirestiamoonline, con la quale pubblicavamo un artista e un’opera al giorno. Era un tentativo per mantenere un contatto con chi ci seguiva da casa. Continuiamo ad utilizzare i social media e il sito come strumenti di comunicazione ma riteniamo che l’arte vada vissuta in prima persona. Il digitale non può sostituire l’esperienza diretta. Mi auguro che la crisi che stiamo vivendo possa aiutarci a fare un passo indietro. A riprendere contatto con il nostro corpo, con la materia, con la tecnica, senza rinnegare le scoperte tecnologiche. L’interazione tra innovazione e tradizione potrebbe generare nuovi ed interessanti linguaggi.
Il 2021 ha segnato la ripresa degli appuntamenti in presenza. Tra mostre in galleria e la vostra presenza nelle fiere di settore, che tipo di feedback avete avuto dal pubblico e dal collezionismo?
Abbiamo ripreso il contatto con il pubblico all’inizio di giugno con la personale di Emily Jacir: Not So Long As the Night. La partecipazione alla seconda edizione in presenza di The Phair, fiera torinese interamente dedicata alla fotografia e all’immagine, è stata per noi fondamentale in quanto è stato il contesto dove poter incontrare nuovamente collezionisti e professionisti del settore in un periodo dell’anno normalmente meno fervente per il mondo dell’arte. Subito dopo l’estate la programmazione è continuata con l’inaugurazione in galleria della personale di Gioberto Noro e la partecipazione a Miart, ArtVerona e Artissima. La ripresa è stata per noi molto positiva, abbiamo percepito da parte dei collezionisti la voglia di riprendere a vivere in presenza l’arte e gli eventi ad essa correlati.
Qual è il vostro pubblico di riferimento e come lo avete visto cambiare nel tempo?
La galleria è strettamente legata al territorio locale e nazionale. Abbiamo un pubblico che segue le attività e le proposte della galleria in modo continuativo da molti anni. Nello specifico si tratta di collezionisti e professionisti del settore molto attenti ed informati in merito alle dinamiche del mondo dell’arte.
Negli ultimi anni, grazie anche all’inserimento di nuovi e giovani artisti tra cui Paolo Bini, Giuseppe Mulas e Victoria Stoian, abbiamo notato l’avvicinarsi di un pubblico nuovo: giovani collezionisti, talvolta al loro primo acquisto, hanno iniziato a frequentare la galleria e a mantenere un rapporto nel tempo.
Qual è, invece, il vostro personale rapporto con gli altri attori privati (le altre gallerie del vostro territorio) e le istituzioni come Musei e Fondazioni?
Alberto Peola negli anni ha lavorato a stretto contatto con gli enti locali, pubblici e privati, collaborando anche con le gallerie presenti sul territorio e contribuendo alla nascita di TAG-Torino Art Galleries, di cui da quest’anno è il nuovo Presidente. L’associazione TAG, fondata nel 2000, ha per scopo la promozione e la diffusione dell’arte, con particolare attenzione all’arte contemporanea, come elemento di crescita culturale del territorio e della comunità locale.
Le Gallerie continuano ad essere tra i pilastri del Sistema e sono considerate come un punto di riferimento per artisti, collezionisti e non solo ma oggi più che mai dobbiamo chiederci: di che cosa avete bisogno in questo momento?
Sicuramente avremmo bisogno di un maggiore supporto da parte di istituzioni pubbliche e private, a livello nazionale ed internazionale. È grazie a queste collaborazioni ed interazioni che gli artisti, e con loro anche le gallerie di riferimento, possono crescere e sviluppare il loro percorso di ricerca e sperimentazione.
Un esempio positivo che va in questa direzione è l’Italian Council, un progetto della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nato nel 2017 con il preciso compito di promuovere la produzione, la conoscenza e la diffusione della creazione contemporanea italiana nel campo delle arti visive.
Spesso si parla di mancanza di coraggio da parte del sistema dell’arte ma oggi nel mercato dell’arte contemporanea è ancora possibile assumersi margini di rischio? Da quando è co-direttrice di Galleria a quali cambiamenti sostanziali ha assistito nel mercato dell’arte?
Lo scorso 10 novembre l’Hermitage di San Pietroburgo ha inaugurato Ethereal Aether la sua prima mostra di opere d’arte digitali: 38 NFT, esposti in una ricostruzione digitale delle strutture del museo. L’avvento degli NFT e della criptovaluta rappresentano oggi il maggiore cambiamento nel mercato dell’arte: una sfida affascinante che comporta margini rischio e che forse non tutte le realtà del sistema dell’arte sono pronte o interessate ad affrontare.
Nuove sfide e prospettive. Progetti da sviluppare o in cantiere?
Il 10 febbraio abbiamo inaugurato la personale di Francesca Ferreri e a seguire, ad aprile, presenteremo le ultime opere realizzate da Cornelia Badelita.
La primavera invece sarà dedicata alla fotografia: in mostra le opere di Paola De Pietri dalla serie Da inverno a inverno. Mentre il 27, 28 e 29 maggio ci aspetta il terzo appuntamento con The Phair.
In cantiere: la personale di Fatma Bucak, vincitrice del Premio Tosetti Value per la fotografia -Artissima 2021. L’inaugurazione è prevista a fine ottobre 2022.
MOSTRA IN CORSO:
Francesca Ferreri. Matematica della materia
testo di Elena Inchingolo
1o febbraio – 26 marzo 2022
Galleria Peola Simondi
Via della Rocca 29, Torino
Info: +39 011 8124460
info@peolasimondi.com
www.peolasimondi.com