VENEZIA | SPAZIO BERLENDIS | Fino al 5 febbraio 2022
BRESCIA | MO.CA | Fino al 6 gennaio 2022
di FRANCESCO FABRIS
Spazio Berlendis prosegue la sua traiettoria di contenitore versatile ed innovativo ospitando la tappa veneziana di At Work! Lavoro, società, comunità nell’arte contemporanea.
La collettiva, frutto di un’idea di Ilaria Bignotti e resa possibile dalla collaborazione con ACME Art Lab e Marignana Arte ha già impegnato artisti (in buon numero sudamericani) in scena a Brescia, ove molte installazioni anche site specific hanno declinato il tema, soprattutto sociale, a fondamento dell’esposizione.
Attorno all’esortazione “At Work!” si sono stretti artisti internazionali diversi per età, estrazione artistica e culturale, media utilizzati ed interpretazione del lavoro artistico.
Tutti, però, saldamente unificati dall’idea centrale che la figura dell’artista riveste nel mondo contemporaneo, con la sua forza attrattiva e disgregatrice, disturbante e profetica ma necessaria per gettare luce sulle contraddizioni e sugli approdi futuri del mondo che ci ospita
Comune, dunque, l’esortazione pubblica a considerare la figura “sciamanica” come un moderno operaio di idee e provocazioni, di critica e disamina, di visione e premonizione, intriso della sua capacità di sintetizzare e disvelare il futuro umano, sociale, culturale e finanche economico dei suoi simili.
Il complesso tema della vocazione riflessiva ed anticipatoria del fare arte è condensato nell’attenzione al “lavoro”, in questo contesto inteso non solo come mero gesto creativo ma come veicolo di integrazione del singolo, motore della collettività, sintesi di crescita economica e sociale così come palcoscenico di derive colonialiste e di sfruttamento.
Condividendo la scelta di materiali industriali o comunque legati al concetto di elaborazione e produttività tutti gli artisti, a vario modo, attribuiscono rilievo al gesto ed alla pratica artistica, richiamando l’attenzione sul fare manuale come sintesi dell’idea di lavoro.
Le opere, riccamente eterogenee come i loro artefici, sollevano riflessioni attorno all’utilizzo (ed allo scarto) di materiali simbolo della vocazione culturale e sociale dei vari paesi, allo sfruttamento umano e materiale, alla fatica del gesto creativo, sia esso originale o assemblatore.
Gli esiti che da questa ricerca rimangono visibili nel contenitore veneziano sono ricchi e sfaccettati, indovinati nel loro dialogo come nelle velate contrapposizioni, ma tenuti assieme dalla nitida linea di pensiero comune.
Iconici, in questo senso, i telai ferrosi Untitled attraverso i quali Veronica Vasquez (Uruguay, 1970) condensa materialità esasperata con simbologia politica, raccontando attraverso uno scenario materico ed informale la storia di sfruttamento umano e sociale della donna lavoratrice in contesti emarginanti.
Di fronte a questi, con tutt’altro tenore muliebre, il Nodo d’amore di Lorenzo Passi (Milano, 1985) che include a forza in una struttura metallica un simulacro di cuore realizzato in vetro, tecnica che ha appreso con dovizia e che mette qui a disposizione di un romantico episodio legato alla propria vita sentimentale.
Il lavoro di Yuken Teruya (Okinawa, 1973) di contro, racconta di meticolose realizzazioni con spilli, nastro adesivo e carta, e di come i simboli del Monopoli – gioco capitalistico per eccellenza – possano essere utilizzati per creare simulacri politici dell’universo statunitense, in una ideale corsa alla disgregazione di mondi effimeri che rendono immediata la riscoperta di un fare minimo, minuzioso e manuale che libera un pensiero catartico e rassicurante.
La capacità di generare e contenere le forze fisiche primordiali è palesata da Arcangelo Sassolino (Vicenza, 1967) con L’inaspettato, dove l’immane sforzo di un cavo di acciaio di contenere la tensione di uno sci dolorosamente piegato racconta del concetto che in fisica prende il nome di “lavoro”, mentre la stessa forza è bilanciata dal fare quasi collezionistico di Maurizio Pellegrin (Venezia, 1956) che in Screens narra una fatica diretta a delocalizzare, in senso fisico e mnemonico, tende, pelli e borse che rivivono una forza evocativa nella loro applicazione su di un supporto esotico di per sé narrativo.
Se in Complicidade Tulio Pinto (Porto Alegre, 1974) genera un dialogo di sospensioni ed equilibri delicati e leggerissimi tra vetro soffiato ed acciaio, il fare artistico più strettamente manuale è raccontato da Giulio Malinverni (Vercelli, 1994) che, attraverso il dittico di olio su onice Diga, si applica alla pratica pittorica tradizionale (che contempla preparazione e gesto meticoloso) lasciando però che il materiale di supporto “lavori” l’aggressione ricevuta con il colore per poi restituirla con esiti mai immobili.
L’elogio della miniaturizzazione e della sua resa straniante è invece omaggiata dai lavori del sudamericano Marco Maggi (Montevideo, 1957) e dal riconoscibile Quayola (Roma, 1982) di Remains, Provence landscape.
Con Spelling in blue, generosa opera composta di scheletri di diapositive che raccolgono cartoncini meticolosamente lavorati, il primo delega all’osservatore la realizzazione di un percorso visivo ed interpretativo che lo incita all’attività, mentre nel secondo la raccolta ossessiva degli esisti di una indagine ottica restituisce il lavoro scientifico in una immagine onirica, eterea e straniante pur nella sua riconoscibile fisicità.
L’esposizione, in questa puntata veneziana, è completata dai lavori di Dagoberto Rodrigues (Cuba, 1969), Silvia Infranco (Belluno, 1982), Albano Morandi (Salò, 1958) e Serena Fineschi (Siena, 1973), tutti accomunati dalla rivendicata centralità del compito dell’artista, chiamato a far rivolgere l’attenzione sui modi del fare arte sottolineando nel contempo la sua figura di soggetto assolutamente responsabile nel contesto sociale, economico e culturale di cui disvela potenzialità e forze, limiti e peccati.
Al lavoro (!), dunque, ognuno secondo le proprie responsabilità – non ultimi i fruitori ed interpreti dei lavori – per affrancare una volta in più l’arte da spinte meramente estetiche, sino a disvelarne l’immane compito di guida del pensiero umano nel panorama di scelte e vicende sociali, umane ed economiche che necessitano di collaborazione per il bene comune.
AT WORK! Work, Society, Community in contemporary art
da un’idea di Ilaria Bignotti
a cura di Ilaria Bignotti e ACME Art Lab (Alessia Belotti, Melania Raimondi e Camilla Remondina)
con il supporto di Piero Atchugarry Gallery, Miami e Marignana Arte, Venezia
una mostra in due sedi:
Spazio Berlendis
Calle Berlendis 6301, Venezia
Fino al 5 febbraio 2022
Artists in mostra a Venezia:
Serena Fineschi (Siena, 1973), Silvia Infranco (Belluno, 1982), Marco Maggi (Montevideo, Uruguay, 1957), Giulio Malinverni (Vercelli, 1994), Albano Morandi (Salò, 1958), Lorenzo Passi (Milano, 1985), Maurizio Pellegrin (Venezia, 1956), Túlio Pinto (Brasilia, 1974), Quayola (Roma, 1982), Dagoberto Rodriguez (Caibarién, Las Villas, Cuba, 1969), Arcangelo Sassolino (Vicenza, 1967), Yūken Teruya (Okinawa, 1973), Verónica Vázquez (Treinta y Tres, 1970).
Info: info@spazioberlendis.it
info@marignanaarte.it
www.spazioberlendis.it
MO.CA – centre for new cultures
Palazzo Martinengo Colleoni
via Moretto 78, Brescia
Fino al 6 gennaio 2022
Info: info@morettocavour.com
www.morettocavour.com
Artisti in mostra a Brescia: Pablo Atchugarry (Montevideo, Uruguay, 1954), Serena Fineschi (Siena, 1973), Silvia Infranco (Belluno, 1982), Giulio Malinverni (Vercelli, 1994), Lorenzo Passi (Milano, 1985), Maurizio Pellegrin (Venezia, 1956), Túlio Pinto (Brasilia, 1974), Pablo Rasgado (Zapopan, 1984), Arcangelo Sassolino (Vicenza, 1967), Yūken Teruya (Okinawa, 1973), Verónica Vázquez (Treinta y Tres, 1970).