BRESCIA | Link Point
di ILARIA BIGNOTTI
Il nome desta sospetti: nel sistema tradizionale dell’arte, si insegna infatti che non è molto “strategico” indicare sul proprio sito o nel proprio spazio espositivo troppi “link” ad altri siti o spazi, complice la paura, spesso ingiustificata, di essere così bypassati e scavalcati dal pubblico, facile a perdersi sulla rete.
Questa “paura” è stata a sua volta il risultato, e la causa, di una cultura, quale soprattutto la nostra, che negli ultimi trent’anni ha premuto l’acceleratore su un individualismo sfrenato e su quel “guardare al proprio orticello” che già ci ha fatto perdere diversi appuntamenti, e più di un treno da prendere, invece, al volo.
Ma di tutto questo Fabio Paris, gallerista ed editore con alle spalle dodici anni di esperienza sul campo, non se ne è mai curato molto. E come lui, Domenico Quaranta, curatore e tra i massimi esperti, ad oggi, dell’unico linguaggio rigorosamente promosso e proposto dalla Fabio Paris Art Gallery: la new media art.
Del resto, i due si sono sempre mossi, e hanno da sempre cercato e sostenuto, quelle ricerche artistiche che, grazie al digitale, seguivano la regola della mossa del cavallo, come insegnava, al secolo scorso, il signor Sklovskij: muoversi obliquamente, criticando il sistema dall’interno e per di più usando i suoi stessi mezzi, quelli più all’avanguardia – ovvero, nel XXI secolo, il digitale e la net art, le tecnologie più sofisticate e i media più innovativi.
Se il non avere avuto paura a lavorare facendo rete, indicando ben più di un link, è stato sempre naturale per Fabio Paris, con il 2011 la scelta è stata ancora più radicalmente necessaria: assieme a Domenico Quaranta e Lucio Chiappa, esperto in comunicazione e marketing, hanno fondato il Link Center for the Art of the Information Age. A questo trio di fondatori si sono poi aggiunti tre collaboratori Matteo Cremonesi, Susanna Scotti e Cristina Taglietti.
È poi seguita l’inaugurazione di uno spazio fisico, il Link Point, nello stesso spazio dove prima era la galleria privata di Fabio Paris: non una negazione, né tantomeno una sostituzione dunque, di una realtà che fino a quel momento aveva saputo guardare alla contemporaneità prima ancora che lo diventasse, spesso presentando le future espressioni artistiche internazionali. Chi scrive, nella mente, rivede la terribile, e perfetta, mostra degli Übermorgen.com, all’indomani dei danteschi orrori di Guantamano – e di tutte le prigioni del mondo; ricorda le lucide grida iconografiche di Alterazioni Video, con quel caos apparente frutto di un rigore critico degno della ricerca più matura di inizio secolo – da Hearthfield a Schwitters – e rammenta anche, più recentemente, la coraggiosa esposizione che, durante la Notte Bianca del 2011, rifletteva sulle relazioni tra arte e archivio digitali, Collect the WWWorld. The Artist as Archivist in the Internet Age. Mostra che è stata visitata da curatori e direttori di istituzioni e musei internazionali; e dopo essere stata esposta alla House of Electronic Arts Basel, nella primavera 2012, in autunno è approdata a New York, da 319 Scholes e nel 2013 arriverà al LABoral di Gijon, in Spagna. Nel frattempo, sono nate le Link Editions, sono stati ideati – e varati – altri progetti espositivi, all’insegna del dialogo e della con-divisione. Ho messo un trattino, tra le due parole: perché il Link Center ha una ben precisa identità, frutto di un lavoro collettivo. Per Fabio Paris non è una novità. Per molti, lo sarà di sicuro.
Link Point
via Alessandro Monti 13, Brescia