RIVOLI (TO) | Castello di Rivoli | 11 ottobre 2014 – 15 marzo 2015
di CORINNA CONCI
Un rito che accompagna ad incontrare il mare per la prima volta.
Un viaggio iniziatico che narra l’archetipo femminile.
Due lavori site-specific danno il nome alla mostra MadRE, giocando sull’analogia mare/madre.
Il progetto Voir la mer (2011) apre il percorso espositivo al Castello di Rivoli. Istanbul: vivere in una città circondata dal mare e non averlo mai visto. Sophie Calle (Parigi, 1953) presenta il Mar Nero ad alcuni abitanti della città turca portandoli sulle sue rive. Dopo la visione sconosciuta i protagonisti fissano la telecamera: le enormi video installazioni svelano i movimenti inconsapevoli dei visi in primo piano, trasmettendo la travolgente commozione che li possiede. Uno stupore li avvolge completamente come solo l’incontro con la natura può fare. È la consapevolezza della presenza portentosa della madre terra.
Per il progetto Rachel, Monique (2006-2014) è d’obbligo il silenzio e proibite le fotografie. Allo spettatore si richiede responsabilità, rispetto per ciò che l’artista mette a disposizione. Testi, installazioni, video e fotografie costituiscono un libro di ricordanze, un journal intime del prima/durante/dopo la morte della madre avvenuta nel 2006. Simboli altamente affettivi e pieni di valore per l’artista, costituiscono un archivio immaginifico-poetico meticoloso.
Nell’antichità le credenze e le pratiche dei culti misterici erano rivelate solo agli iniziati: la parola mistero significa infatti “cosa da tacere” ma anche “inesprimibile a parole”. Nei riti dei Misteri Eleusini veniva rappresentata in diverse fasi la separazione della figlia Persefone dalla madre Demetra, raffigurate come il doppio l’una dell’altra. Fondamentali erano gli oggetti sacri attraverso i quali era possibile la contemplazione, il più alto grado dei misteri. Nelle sale auliche della residenza Sabauda ci si sente parte di un rito simile a questo. In assoluto silenzio e riservatezza, lo spettatore come un iniziato si immedesima, sente l’assenza e la vive. Osserva le opere, gli oggetti sacri e li contempla, cercando la figura perduta.
Un’operazione di assemblamento di memorie, pezzi di puzzle che si accorpano in un’immagine materna esterna/interna. Poi il ricordo integrato si deposita su una figura unica, un essere che è stato vivo e non lo è più, ma esiste ancora: una giraffa impagliata che l’artista chiama Monique e installa nel suo studio a Parigi. L’essenza della madre è presente con lo sguardo e veglia la figlia dall’alto. Infine, Sophie diventa Monique e compie un viaggio al Polo Nord che la madre avrebbe voluto fare nella sua vita. L’artista porta con sé i gioielli e una fotografia della madre e li seppellisce sotto la neve. Realizza e interiorizza. Avviene la riunificazione delle due figure.
L’elaborazione dell’assenza è narrata nelle fasi del rito dei Misteri Eleusini (discesa, ricerca, ascesa) parallele a quelle del lutto teorizzate da John Bowlby. La disperazione della perdita, la ricerca della persona scomparsa, e infine il ricongiungimento come introiezione del suo ricordo. Eschilo, nel 460 a.C. circa, fu il primo ad introdurre un secondo attore in scena, a parlare nel teatro della vita quotidiana, a raccontare del dolore che ogni uomo è destinato a soffrire nella vita. Il drammaturgo sosteneva che la giustizia concede in cambio il sapere solo a chi soffre (sofferenza, chiamata notte oscura da Juan de la Cruz).
Sophie Calle dialoga con un altro protagonista e coinvolge totalmente gli spettatori. Inscena la vita e le sue sofferenze mostrandole nude nel loro pieno vigore emotivo. Ciò che colpisce inconsapevolmente chi osserva è il fatto che si è vicini alla verità.
Sophie Calle non inganna, non ha paura di perdere frammenti di sé esponendosi e patendo, ricercando la verità. Un percorso personale che sembra andare incontro alla purificazione che avviene, secondo la tradizione ascetico-mistica, facendo operare nella mente la forza della logica che governa il mondo. Ma la passione intellettuale crea un ateismo che a volte ha molto da insegnare ai credenti.
Esco dall’ottava e ultima sala della mostra con in mente le parole di Vito Mancuso: “Si tratta di vivere in totale comunione con il mondo, senza giudicare il suo travaglio […] ma facendo propria la sua notte oscura.”
Sophie Calle. MadRe
a cura di Beatrice Merz
11 ottobre 2014 – 15 febbraio 2015
Castello di Rivoli
Museo d’Arte Contemporanea
Piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (TO)
Info: www.castellodirivoli.org