BOLZANO | Alessandro Casciaro Art Gallery | 10 marzo – 29 aprile 2017
Intervista a SISSA MICHELI di Gabriele Salvaterra*
Tessuti che cadono dall’alto congelati attraverso video e fotografia nell’attimo irripetibile che precede il loro rovinare a terra: ecco come si presentano gli ultimi lavori di Sissa Micheli presentati nella personale a lei dedicata dalla Galleria Alessandro Casciaro di Bolzano. L’evento espositivo diventa l’occasione per incontrare l’artista e ragionare tanto sulla sua poetica, quanto sulle ragioni teoriche che hanno guidato questa recente produzione.
Lungo tutto il tuo percorso espressivo hai toccato una grande varietà di media e approcci artistici. Qual è per te la cifra che riunisce i tuoi interventi al di là delle differenze?
Per circa dieci anni mi sono costantemente e quasi esclusivamente dedicata al tema dell’autoritratto fotografico narrativo legato all’autoscatto. Facebook ha fornito la piattaforma per la massificazione globale dei selfie e ora il mio interesse per l’autoritratto è fortemente diminuito. Dopo una crisi artistica a Parigi ho deciso di liberarmi di questa etichetta e di esprimermi più liberamente, cercando di far emergere il mio lato originale e di superare i miei limiti. Invece di produrre strettamente fotografia, ho iniziato a collegare diverse discipline artistiche e ad entrare di più nello spazio. Se guardo indietro mi rendo conto che mi ero cimentata con il video, l’installazione, la scultura e il disegno già durante lo studio all’Accademia d’arte contemporanea a Vienna. Spesso le opere si sviluppano l’una dall’altra ma direi che quello che le unisce sono la ricerca, una profonda curiosità e introspezione psicologica, una fusione delle contraddizioni dell’animo umano e delle antitesi insite nelle cose. Si tratta di una sintesi mia, intima, che rimane comunque misteriosa.
Fotografia, video, installazione: in quale medium ti trovi maggiormente a tuo agio?
Senza dubbio il medium che mi dà più sicurezza è la fotografia. Ogni opera si sviluppa da un’immagine, da una visione che ho. Oserei dire che tutto si sviluppa da un’immagine fotografica, dal bidimensionale per arrivare poi al tridimensionale. Posso aggiungere del movimento per poi tornare al bidimensionale. Ad esempio anche una scultura motorizzata può tornare ad essere un video oppure persino una fotografia.
Riconosci in te e nel tuo lavoro un aspetto surreale o di straniamento? E che valore hanno il ricordo, la malinconia e l’ironia nelle tue opere?
Cerco sempre di includere un aspetto misterioso, surreale o ironico. Desidero irritare e far soffermare lo sguardo dell’osservatore. In media una persona guarda un quadro solamente per qualche secondo. Solo se viene toccato, irritato, scioccato o stupito ritorna a rifletterci e a osservarlo. Ho fatto dei lavori specifici sulla ricostruzione di ricordi, uso frequentemente ambientazioni del passato e l’ironia è un buono strumento per esprimere critica e non subire censure. In questo senso come disse Victor Hugo “la libertà comincia dall’ironia”.
Nella pratica dell’artista oggi pensi sia ancora possibile trovare un valore sociale? Credi che il suo ruolo sia più vicino a quello del guastatore, del compagno d’avventura o dell’insegnante?
Per me è sempre più importante il valore sociale, a cui tendo con le mie opere e a cui cerco di dare voce. Uso l’arte come strumento per far riflettere sul nostro tempo. Mi ritengo un’artista analitica e non mi piace l’arte didattica, dunque credo che il mio approccio sia quello dello scienziato-inventore, filosofo e sociologo. Non mi dispiace poi se riesco a includere nel lavoro anche una nota politico-sociale.
La tua ultima produzione è attualmente esposta alla Galleria Alessandro Casciaro, quale vuole essere il fil rouge della mostra e che tipo di lavori hai esposto?
Il mio ultimo ciclo di lavori, realizzato nell’ex quartiere tessile di Londra, mostra indumenti sospesi nell’aria in forme inconsuete e irripetibili davanti a sfondi industriali tipicamente londinesi. L’insieme rappresenta un’interfaccia tra fotografia e film. Partendo da una riflessione sulla concretizzazione d’idee artistiche ho scritto un testo filosofico basandomi sul “mental model” di Stephen Shore, sulle teorie di Gilles Deleuze e su Event. Philosophy in Transit di Slavoj Žižek. Ho cercato di trovare una metafora che potesse tradurre quest’idea e ho fatto lanciare indumenti nell’inquadratura della macchina da presa che riprende il loro breve volo per poi scattare una foto. La mia voce fuoricampo accompagna il volo dei tessuti riflettendo sul rapporto tra fermo immagine e immagini in movimento, tra calcolo e “unknown-knowns” (Slavoj Žižek). Tanti fattori come la forza di gravità, l’accelerazione, la resistenza dell’aria condizionano la loro forma.
Alcuni tuoi lavori anche del passato mi riportano alle One minute sculptures di Erwin Wurm per il loro carattere estremamente transitorio e per la loro capacità di isolare un istante irripetibile in un flusso determinato di tempo. È questo un riferimento in cui ti riconosci anche in quest’ultima produzione?
A prescindere dai lavori di Erwin Wurm, il mio lavoro è molto riflessivo sul medium del quale faccio uso. L’aspetto transitorio è immanente nella fotografia perché in se stessa è un’arte che non perdura nel tempo. Una fotografia a colori ha un arco di vita di solamente cinquant’anni!
Un altro riferimento a cui non riesco a non pensare è quello del film di Sam Mendes, American Beauty, nella celebre scena in cui un sacchetto di plastica danza nell’aria come un piccolo miracolo nel quotidiano. Unicità nella normalità: c’è qualcosa di questo nei tuoi recenti lavori?
Interessante, non ci avevo pensato. Sì, si potrebbe parlare di unicità nella normalità oppure anche citare Eraclito: “Nessun uomo entra mai due volte nello stesso fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, ed egli non è lo stesso uomo”.
Quindi questi lavori sono anche una sorta di visualizzazione del processo mentale che (ti) porta a una nuova idea e alla sua realizzazione materiale? Si tratta in fondo, semplicemente, di vedere con occhi diversi le cose più comuni?
Sì, è proprio così.
* Intervista tratta da Espoarte#96
Sissa Micheli è nata nel 1975 a Brunico (BZ). Vive e lavora a Vienna.
www.sissamicheli.net
Eventi in corso:
Sissa Micheli. On the Process of Shaping an Idea into Form through Mental Modelling
Alessandro Casciaro Art Gallery
Via Cappuccini 26/a, Bolzano
10 marzo – 29 aprile 2017
Info: +39 0471 975461
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