Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi
Shirin Neshat. Donne senza uomini. Women without Men
di Francesca Di Giorgio
Leone d’Oro alla 48a Biennale d’Arte di Venezia (1999), dieci anni dopo Leone d’Argento per la miglior regia al Festival di Venezia (2009) con Uomini senza donne, nell’anno successivo presidente della sezione Orizzonti. Artista pluripremiata e simbolo di un’arte dal significato sociale e politico universale, seppur sempre riconducibile alla sue radici iraniane, alla cultura islamica, Shirin Neshat torna in Italia con un nuovo progetto. A Milano l’artista rimane colpita dalla Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale e qui sceglie di portare, in forma inedita, la summa di un lavoro che la vede impegnata da molti anni: Women without Men. Un’installazione multimediale composta da 15 schermi distribuiti nello spazio della sala «in un flusso continuo e sincronico di immagini, suoni, luci e poesia». Parliamo con Franco Laera di Change Performing Arts che ha seguito da vicino l’artista nella realizzazione dell’opera visibile fino al 28 febbraio…
Francesca Di Giorgio: La collaborazione tra Change Performing Arts e Shirin Neshat è iniziata tempo fa. Quando vi siete incontrati e in quali occasioni avete lavorato assieme?
Franco Laera: La collaborazione con l’artista Shirin Neshat inizia nel 2003 con la video installazione Issar – Symphony of Sorrowful Songs, all’interno della mostra Immaginando Prometeo, evento artistico progettato e prodotto da Change Performing Arts con la cura di Robert Wilson per il Salone del Mobile. La video opera racconta lo strazio della guerra (in quel caso la Guerra del Golfo) attraverso la sofferenza di una madre, espressa attraverso la dolente invocazione dello Stabat Mater di Gorecki.
Nello stesso anno Change Performing Arts ha prodotto lo spettacolo multimediale Logic of the Birds, presentato a Londra e New York oltre che all’Ortigia Festival di Siracusa, con musiche di Sussan Deyhim. Il progetto era ispirato al poema persiano del XII secolo La conferenza degli uccelli.
Nel 2007 Shirin Neshat è presente alla prima edizione del Festival Up to Date al Teatro Out Off di Milano, con il video The Last Word e uno dei video che compongono l’opera Women without Men, Zarin.
Il progetto, aperto la scorsa settimana, si inserisce in un vero e proprio “tour” che vede impegnata la Neshat sulla scia del successo del lungometraggio Women without Men. La “sinossi” di un lungo lavoro?
Il progetto è quello che fino ad oggi ha impegnato più a lungo Shirin Neshat. L’artista si ispira alle cinque protagoniste del romanzo Donne senza uomini della scrittrice iraniana Shahrnush Parsipur. Il romanzo è stato messo all’indice in Iran e la sua autrice imprigionata, prima che riuscisse a lasciare il paese d’origine e trasferirsi negli Stati Uniti, condizione che condivide con la Neshat, che per la natura controversa e provocatoria delle sue opere non può certo rientrare in Iran.
Shirin ha iniziato a lavorare al progetto Women without Men nel 2004 realizzando la video installazione Mahdokht e quindi ha proseguito con le altre quattro figure femminili fino al 2008 realizzando cinque autonomi video d’arte. Solo a quel punto ha iniziato a pensare di radunare le differenti storie in un unico lungometraggio presentato al Festival di Venezia nel 2009 e premiato con il Leone d’Argento. Il premio ha contribuito a ottenere la distribuzione mondiale del film ed ha impegnato per un anno intero l’artista nella promozione cinematografica. La mostra milanese è quindi una chiusura del cerchio, perché vede il ritorno del progetto alla dimensione installativa, con la sincronica presenza di tutte le cinque figure femminili. I titoli dei singoli video sono infatti i nomi delle cinque dolenti donne protagoniste delle loro vicende nel contesto del colpo di stato che nel 1956 portò lo Shah a prendere il potere in Iran.
Perché la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano? Nello stesso luogo ricordiamo, nel 1953, la mostra di Picasso – Guernica fu collocata proprio in questa sala – fino a Maurizio Cattelan, nel 2010, con La nona ora e la Donna crocifissa…
Un’immensa sala di circa 600 metri quadri e un percorso “a nastro” in cui a parlare, contemporaneamente, sono cinque installazioni e lo spazio architettonico stesso. Su quali basi si è lavorato per l’allestimento?
La particolarità straordinaria della Sala delle Cariatidi è immediatamente percepibile da chiunque vi entri, anche prima di venire a conoscenza delle vicende storiche che ne hanno definito l’aspetto attuale. Una saggia e lungimirante decisione di chi diresse i lavori di restauro dopo la Seconda Guerra Mondiale fu quella di lasciare a vista i segni e le ferite inferte dai bombardamenti all’architettura della sala. Si può dire che allora la Sala delle Cariatidi è diventata il cuore pulsante di Palazzo Reale, la sala più importante che mantiene a vista i segni del tempo dopo il restauro completo del Palazzo.
Shirin Neshat, nella visita che ha anticipato la programmazione di questa mostra, ha deciso d’istinto che qui più che altrove la sua opera avrebbe trovato la giusta eco e il simpatetico dialogo con un’architettura che testimonia, nelle pareti scrostate e nelle cariatidi ferite, la memoria dolorosa delle devastazioni prodotte dalla guerra: pur nella differenza delle vicende storiche e del linguaggio espressivo dei due artisti, non è forse lo stesso fremito dolente che ci coglie di fronte sia a Guernica di Picasso, sia alle immagini di Shirin Neshat?
La mostra in breve:
Shirin Neshat. Donne senza uomini. Women without Men
Un progetto promosso da Comune di Milano-Cultura e Change Performing Arts
Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi
piazza Duomo 12, Milano
Info: +39 02 54917
www.comune-milano.it/palazzoreale
Fino al 28 febbraio 2011
In alto, da sinistra:
“Donne senza uomini”, still da Zarin (2005), credito fotografico © Shirin Neshat, courtesy Gladstone Gallery, New York
Shirin in production: ritratto dell’artista Shirin Neshat durante le riprese, courtesy Gladstone Gallery, New York
Al centro:
“Donne senza uomini”, still da Faezeh (2008)
In basso:
“Women without Men/ Donne senza uomini”, Milano Palazzo Reale, photo© Luciano Romano / Change Performing Arts