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MILANO | Fondazione Arnaldo Pomodoro | 10 aprile – 30 giugno 2013

Intervista ad ARNALDO POMODORO di Matteo Galbiati

Dopo la discussa chiusura della grande sede in via Solari – che tanto ha rammaricato pubblico e addetti ai lavori che vi hanno sempre trovato grandi mostre oltre che a un ricco calendario di varie e diversificate attività – torna a Milano la Fondazione Arnaldo Pomodoro, che riprende le sue proposte ripartendo dalla nuova sede di via Vigevano, nella dinamica e vitale zona dei Navigli, luogo carico di significati per il maestro Pomodoro che qui ha da sempre avuto il proprio studio milanese. La prima mostra – in apertura il prossimo aprile – è proprio dedicata ad Arnaldo Pomodoro di cui viene riletta la prima fase di ricerca e lavoro. In occasione della ripresa delle attività abbiamo posto al Maestro alcune domande.

La Fondazione riapre in un luogo simbolo per lei: è vicino al suo studio, un ambiente che le è particolarmente caro. Cosa significa per lei, che con una tenace volontà ha voluto promuovere l’arte attuale, poter ripartire con le attività espositive della Fondazione?
La Fondazione ha chiuso la sede espositiva di Via Solari, ma ha continuato la sua attività di studio e archivio in Vicolo dei Lavandai 2/A. Ora dispone di un contiguo luogo espositivo, dove si esporranno le collezioni e si terranno mostre diverse.

Qui lei concepisce e fa nascere le sue opere, ma la Fondazione promuove anche un percorso di studio e ricerca, diventando ancora più un polo di attrazione e di confronto. A che pubblico si rivolge? Pensa possa essere diverso rispetto all’esperienza precedente?
La Fondazione si rivolge a tutti coloro che amano l’arte e la cultura. In prospettiva ingloberà il mio studio e diventerà una sorta di studio-museo, cioè un luogo di conoscenza e di elaborazione che parli del mio lavoro, ma che riguardi anche, nel suo complesso, la pratica della scultura e dell’arte.

Si prosegue nel segno della continuità oppure è l’inizio di qualcosa di nuovo? Cosa cambia in questo spazio?
Gli scopi della Fondazione, nata nel 1995 con sede in Vicolo dei Lavandai, sono sempre gli stessi mentre nel tempo sono cambiate le sedi espositive: prima a Rozzano, alla periferia di Milano, in un padiglione industriale di circa 1200 metri quadri ristrutturato e riorganizzato da Pierluigi Cerri, poi in Via Solari dove il grande spazio, magistralmente ristrutturato da Cerri e da Alessandro Colombo, ha permesso di fare delle grandi mostre temporanee e diverse attività culturali. Negli anni sono andate maturando le condizioni per la scelta che considero definitiva: destinare gli spazi del mio studio a sede delle attività scientifiche ed espositive della Fondazione. Da qui è nata la terza fase che stiamo affrontando e che si proietta nel futuro.

Quali sono i contenuti particolari di questa prima mostra, curata da Flaminio Gualdoni, che la vede protagonista? Quali principi hanno governato le scelte delle opere?
Nel corso degli anni sono riuscito a riavere molti dei miei primi lavori, fino a formare un gruppo significativo di opere che ora ho deciso di esporre per documentare l’inizio del mio percorso artistico. «L’influenza intellettuale di Klee – scrive Flaminio Gualdoni – si avverte nel passo lirico e nella filigrana naturale tipici di Pomodoro di quel tempo, esplicitati da titoli in cui si dice di ‘orizzonte’, ‘situazione vegetale’, ‘estensione vegetale’, ‘paesaggio’. È, questo, il percorso che lo conduce alla consapevolezza del segno astratto come cellula plastica, caratteristico di tutta la sua straordinaria vicenda successiva».

Cos’è la scrittura sconcertante cui allude il titolo?
Si riferisce al testo di presentazione della mostra a Roma, alla Galleria dell’Obelisco del 1955, nel quale Leonardo Sinisgalli così scriveva: «È questa una scrittura sconcertante, che sentiamo densa di un fascino nuovo, quasi magnetico. Spieghiamoci. Questi lavori, come i piombi fioriti nell’acqua bollente, come le calamite, come i ferri di cavallo, hanno un potere cieco, una carica che deriva dalla loro materia, e dalla loro forma proprio come uno scongiuro, un abracadabra o, in campi più perigliosi, l’anello di Pacinotti, la ‘gabbia di scoiattolo’ di Galileo Ferraris. È veramente strano: ogni volta che ci tocca presentare artisti nuovi, ci accorgiamo che di necessità dobbiamo attingere ai ricordi, a una cultura, ai termini di un vocabolario più vasto del solito registro critico».

Per il 2013 prevedete due mostre: la prima, come detto, dedicata alla fase iniziale del suo lavoro e una seconda dedicata a Baj. Quali saranno gli orientamenti futuri delle scelte? Pensate ancora di porre anche attenzione sulle ricerche della nuova generazione di artisti?
Certamente, è uno degli scopi della Fondazione quello di sostenere la ricerca a 360° gradi delle giovani generazioni, aprendo lo spazio non solo per eventi espositivi, ma anche per iniziative diverse nei campi delle varie discipline artistiche e culturali.

Cosa si augura per il nuovo futuro della Fondazione? Quali obiettivi si prefigge?
Che possa proseguire a lungo in questa direzione.

Una scrittura sconcertante. Arnaldo Pomodoro. Opere 1954-1960
a cura di Flaminio Gualdoni

10 aprile – 30 giugno 2013

Fondazione Arnaldo Pomodoro
Vicolo Lavandai 2/A (ingresso da Via Vigevano 9), Milano

Orari: da mercoledì a venerdì 16.00-19.00
Ingresso libero

Info: +39 02 89075394
info@fondazionearnaldopomodoro.it
www.fondazionearnaldopomodoro.it

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