SOLIERA (MO) | Castello Campori | 30 ottobre 2021 – 30 gennaio 2022
Intervista a GIULIA STACCIOLI e LORENZO RESPI di Matteo Galbiati
“Le mie sculture non sono pensate come oggetti di abbellimento della città, come monumenti, non illustrano o celebrano, sono strumenti di provocazione o stimolo, di coinvolgimento, di rilevamento critico, occasione di una discussione pubblica collettiva. I contenuti del mio lavoro traggono ragione dalla volontà di partecipazione attiva”
Mauro Staccioli
Non si poteva non citare lo stesso artista per introdurre Mauro Staccioli. [re]action, sapiente e impegnato progetto che riporta la grande scultura nelle sale del Castello Campori (e nelle vie) di Soliera (MO). L’essenza di questa mostra – nata dalla volontà del direttore del museo emiliano Lorenzo Respi e dall’appassionata partecipazione e sostegno dell’Associazione Archivio Mauro Staccioli di Volterra nella persona della direttrice, Giulia Staccioli – è, infatti, quella di mettere in luce, attraverso un percorso “libero” e “non convenzionale”, proprio l’idea di scultura come intervento capace di attivare una dialettica partecipata del pubblico, base e fondamento primo di tutta la quarantennale ricerca di Staccioli. La scultura di Mauro Staccioli (1937-2018), nell’essenzialità delle sue forme, è e vuole essere segno nello spazio, presenza che sovverte le dinamiche scontate dell’ambiente, parte di una relazionabilità dinamica nella realtà del vissuto.
I tratti unici e singolari, in cui aspetti culturali e pubblici si contaminano (e rafforzano) con quelli legati ad una sfera affettiva e personale, di questa esposizione – che siamo certi a Mauro tanto sarebbe piaciuta in questa “dimensione” puntuale ed esatta, precisa e misurata di come se ne racconta il fare e il pensiero di interpretare il senso della scultura – li approfondiamo nell’intervista con Giulia Staccioli, figlia dell’artista, e con il curatore Lorenzo Respi:
Cosa rappresenta questa mostra per te e per l’Archivio dopo le ultime grandi esposizioni che hanno avuto per protagonista il lavoro di tuo padre? Qui a Soliera si respira una dimensione più intima ed empatica della monumentalità “semplice” della sua scultura…
Giulia Staccioli – Ogni mostra di mio padre, da quando è mancato, per me rappresenta sempre un tuffo nel passato, c’è sempre grande emotività da parte mia. La sua opera non riesco a sganciarla dalla figura di padre e dai ricordi privati che mi legano fortemente ai suoi lavori. Questa mostra va ancora più in profondità. La conoscenza che Lorenzo ha di mio padre è personale e amicale questo fa sì che, in quanto è stato realizzato, ritrovi ancor più chiaramente la dimensione di Mauro Staccioli uomo, persona.
Grazie alle scelte che tu e Lorenzo avete attuato mi colpisce molto sentire Mauro presente e non solo rappresentato dal suo lavoro: credo che, conoscendo la sua attenzione e cura maniacali per la sua opera, in questa mostra così “esatta” si sarebbe rispecchiato…
GS – Lorenzo ha fatto un grandissimo lavoro, io non ho contribuito nelle scelte ed è proprio per questo che il vedere e vivere la mostra in modo genuino mi ha portato dentro quella dimensione artistica e umana fortissima che è parte fondante della mostra. Lo ringrazio per quanto è riuscito a fare con delicatezza e profondità.
Importante aspetto di questo progetto espositivo è l’attenzione al ruolo didattico, conoscitivo, partecipativo che la scultura per Mauro doveva avere, così qui le opere si rivolgono sempre ai bambini, ai ragazzi, ai cittadini e ai visitatori… La scultura come elemento di interazione e dialogo è, del resto, un punto fermo dell’impegno che nei decenni ha attraversato la sua ricerca. Ogni sua realizzazione era estremamente attenta a “coinvolgere” ogni possibile fruitore…
GS – Esattamente questo: è l’attenzione verso il “pubblico”, l’aspetto educativo dell’arte che pone quesiti ma che esiste fisicamente vicino al visitatore. La stanza dei bambini l’ho trovata estremamente azzeccata. Sono linguaggi semplici e diretti; c’è l’osservazione e la tangibilità del processo creativo. Mi sono ritrovata bambina, con i dubbi di cosa tutto ciò volesse significare, ma nello stesso tempo con la gioia di poterci “giocare”.
Quali programmi ha l’Archivio per il prossimo futuro? A cosa state lavorando?
GS – È già da alcuni anni che stiamo lavorando al progetto di digitalizzazione del materiale di archivio. Stiamo portando avanti una collaborazione molto bella con la Biblioteca Hertziana che prevede la digitalizzazione dei lavori degli Anni ’70. Parallelamente, per tenere viva e valorizzare l’opera di mio padre con Andrea Alibrandi, direttore dell’archivio e Sergio Borghesi, valutiamo e prendiamo in seria considerazione tutte quelle attività che rendano fruibili e vicine alle persone le opere di mio padre, sia sul territorio italiano che all’estero.
Come è nato questo progetto, come lo avete costruito e che difficoltà avete incontrato nell’organizzazione della mostra?
Giulia Staccioli – È un progetto che è stato proposto da Lorenzo e che, rispecchiando le caratteristiche di cui abbiamo parlato, è stato accettato e sostenuto con grande entusiasmo dall’Archivio, ma il vero lavoro è stato suo.
Lorenzo Respi – Un progetto si realizza solo grazie al contributo di tutti coloro che si impegnano attivamente per la sua attuazione. L’Archivio, Giulia e Andrea Alibrandi, e Marco Niccoli, sono stati fondamentali per superare le difficoltà e gli imprevisti che inevitabilmente si sono presentati nell’organizzazione di un progetto ambizioso.
Il titolo, come già per la mostra di Arnaldo Pomodoro, sintetizza perfettamente in una sola parola (anche se dal doppio, giusto, senso) l’idea e il principio fondanti che Mauro aveva della scultura: che fosse azione, stimolo, partecipazione attiva, come già abbiamo detto con Giulia. Come avviene, secondo te, questa azione che intendeva essere “dialettica” tra opera e spettatore?
LR – Il progetto [re]action [ri]mette in atto la triplice dialettica artista-opera-pubblico, tipica del metodo di lavoro di Staccioli. L’azione ha origine dal rapporto fisico tra la scultura, lo spazio e lo spettatore: l’occupazione di un volume (in certi casi si tratta di un vero e proprio ingombro, scomodo) sollecita una reazione quasi spontanea in chi la affronta. È proprio in quell’istante che si passa a un secondo livello dialettico, quello del ‘dialogo muto’, della risposta critica consapevole alla provocazione che la scultura attiva nel contesto in cui è allestita. Ci troviamo di fronte a una sospensione temporale che riattiva il senso critico individuale e collettivo.
Quale peculiarità espressiva determinante ha il “segno” scultoreo di Staccioli nella relazione con lo spazio-ambiente e, sopra tutto, con il tempo-storia, aspetto quest’ultimo fondamentale e assai trascurato nell’analisi del suo lavoro che, invece, la mostra mette bene in luce?
LR – Nel lavoro di Staccioli penso sia necessario distinguere tra nozione di tempo e di storia – e hai ragione a dire che è stato un aspetto trascurato. La storia, infatti, è la risoluzione in forma di scultura delle tradizioni e delle suggestioni che il contesto ha suscitato nella progettazione di Mauro. Il tempo, invece, è l’attualità che si rinnova ciclicamente nella percezione dell’opera da parte dello spettatore e che lo stimola alla reazione. Il segno-scultura è, quindi, al tempo stesso, immanente e permanente.
Come avete voluto costruire il percorso espositivo e quali caratteristiche avete evidenziato? Quali scelte hanno guidato il vostro sguardo e quali i punti centrali che per voi sono di imprescindibile importanza?
LR – Non è un percorso espositivo canonico, non è né tematico, né cronologico, né esaustivo, ma ripresenta in ‘forma’ di allestimento il personale modo di intendere la scultura di Mauro, che agisce sui volumi e nei contesti. Imprescindibile è stata la scelta di disseminare nelle sale del Castello Campori sculture di medie e grandi dimensioni, prive di basi, che costringono il visitatore a modificare gli usuali percorsi di visita e a percepire gli spazi con una fastidiosa sensazione di provvisorietà. Abbiamo poi presentato due cementi inediti degli anni Settanta, appena restaurati dall’Archivio, e cercato di ricostruire l’allestimento filologico di una sala olfatto-sonora, progettata da Mauro e mai realizzata, di cui aveva lasciato un appunto scritto tra i materiali d’archivio. Non ultima la sala dedicata ai più piccoli con le opere ad altezza di bambino e un videoracconto per immagini sulla vita di Mauro.
Soliera è ormai epicentro dell’analisi della scultura contemporanea, promuovendo mostre complesse e sempre scientificamente ineccepibili, ma anche riportando la scultura nel suo luogo di destinazione: lo spazio urbano, pubblico. Dopo l’Obelisco per Cleopatra di Pomodoro, ora il paesaggio cittadino accoglie il monumentale Portale di Staccioli. Perché quest’opera e dove si colloca?
LR – Innanzitutto mi fa molto piacere che si percepisca la qualità alta dei progetti per il Castello dell’Arte, che sono il risultato di uno sforzo condiviso con l’Amministrazione di Soliera, visionaria e coraggiosa, in anni difficili per congiuntura economica e pandemia. Il Portale segna il secondo ingresso al centro storico di Soliera, opposto a quello già presidiato dall’Obelisco per Cleopatra di Arnaldo Pomodoro. Via Nenni pensiamo sia la sua collocazione naturale, essendo di fatto la scultura una soglia ideale da oltrepassare, non solo per entrare nel centro storico riqualificato ma anche per stimolare una riflessione seria sul concetto di arte urbana e ambientale in un’epoca dove c’è molta superficialità critica rispetto a presunti interventi artistici negli spazi pubblici.
Anticipazione sui prossimi progetti?
LR – Vorrei tanto poterti rispondere con un nome, ma purtroppo sto ancora lavorando alla proposta per l’autunno del prossimo anno da sottoporre a Roberto Solomita sindaco di Soliera. Andremo avanti nonostante le difficoltà e gli imprevisti, mantenendo alta la qualità della proposta culturale, con la speranza di avere sempre una risposta positiva da parte del pubblico e degli addetti ai lavori.
Mauro Staccioli. [re]action
a cura di Lorenzo Respi
promossa da Comune di Soliera e Fondazione Campori
con il patrocinio oneroso della Regione Emilia Romagna
prodotta da All Around Art
in collaborazione con l’Associazione Archivio Mauro Staccioli di Volterra
realizzata con il supporto di Esselunga, Le Gallerie Shopping Center e REinova
catalogo All Around Art con testi di Massimo Bignardi, Alberto Fiz e Lorenzo Respi
30 ottobre 2021 – 30 gennaio 2022
Castello Campori
Piazza Fratelli Sassi 2, Soliera (MO)
Orari: sabato, domenica e giorni festivi 9.30-13.00 e 15.00-19.30
Ingresso gratuito
Green pass e uso della mascherina obbligatori
Info: Fondazione Campori
+39 059 568580
info@fondazionecampori.it
www.fondazionecampori.it
www.solieracastelloarte.it
All Around Art
+39 366 5232551
info@aaa-allaroundart.com
www.aaa-allaroundart.com