REGGIO EMILIA | COLLEZIONE MARAMOTTI
Intervista a SARA PICCININI di Chiara Serri
Sara Piccinini, reggiana classe 1983, è la nuova direttrice della Collezione Maramotti di Reggio Emilia, una delle collezioni private d’arte contemporanea tra le più importanti in Italia, riconosciuta e accreditata a livello internazionale. Una nomina che premia una professionalità maturata in seno al Museo stesso, accanto ai Collezionisti, a Marina Dacci e a tutto lo staff che ha contribuito negli anni alla valorizzazione della collezione permanente, ma anche alla realizzazione di mostre, pubblicazioni, premi e residenze. Dal 2018, al termine del mandato di Marina Dacci, Sara Piccinini ha ricoperto il ruolo di senior coordinator, assumendosi la piena responsabilità dell’organizzazione e della programmazione delle principali attività interne ed esterne della Collezione, in collaborazione con musei ed istituzioni pubbliche e private nazionali ed internazionali. La nomina a direttrice della Collezione Maramotti arriva in un momento di particolare difficoltà anche per il mondo dell’arte, che ha portato il Museo a potenziare l’attività online con contenuti originali, senza tuttavia lasciare da parte alcune nuove mostre in presenza, che si auspica possano essere inaugurate nel 2021, a partire dai progetti della giovane artista afroamericana Ruby Onyinyechi Amanze (1982) e dei TARWUK, un duo di artisti croati con base a New York…
Sei diventata direttrice della Collezione Maramotti in un momento storico molto difficile anche per il mondo dell’arte, in cui i musei sono da tempo chiusi e le mostre sospese. Come state riorganizzando le vostre attività per il prossimo futuro?
Abbiamo dovuto far slittare o estendere alcune delle nostre mostre, rivedendo la pianificazione in risposta alle conseguenze della pandemia, ma niente è stato annullato al momento, e stiamo continuando a lavorare sui progetti in corso e su quelli futuri. La mostra Mollino/Insides resterà visibile fino a metà maggio 2021, e nel suo breve periodo di apertura da inizio ottobre 2020 ha riscosso molta attenzione, sia da parte del pubblico che della stampa. Il percorso della collezione permanente si è arricchito, già dalla scorsa estate, di una serie di codici QR che offrono ai visitatori degli insight con curiosità e approfondimenti sugli spazi e gli artisti. Anche sul piano digitale abbiamo intensificato i contenuti a disposizione online, soprattutto tramite il nostro canale YouTube e i profili social. Abbiamo iniziato a produrre delle piccole serie video originali, ad esempio #paroledartista, legata sia a opere più storiche – con pensieri e scritti di Licini, Zorio, Anselmo – sia a delle piccole carte blanche, per cui abbiamo invitato artisti come Luisa Rabbia, Flavio de Marco, Richmond Burton, Jason Dodge, Alessandro Pessoli a inviarci un pensiero in forma di video sul loro presente e sulla loro ricerca.
Penso che al di là della contingenza pandemica la necessità di trovare nuovi modi significativi e interessanti di raccontare una collezione, una mostra, un’opera, resterà. Sempre ad introdurre, accompagnare, approfondire una relazione personale, diretta e fisica con le opere, in uno spazio particolare, in un determinato momento. Tutto questo non può essere surrogato in forma smaterializzata, e penso che l’esperienza collettiva del lockdown, del distanziamento, l’abbia reso ancora più evidente.
In questi giorni c’è grande attesa per il nuovo Decreto, che si auspica possa considerare anche la riapertura dei musei o, quantomeno, fornire qualche informazione circa le tempistiche. Avrete già programmato nuove mostre per il 2021? Puoi fornirci qualche anticipazione?
Ci auguriamo di poter inaugurare un nuovo progetto della giovane artista afroamericana Ruby Onyinyechi Amanze, a fine febbraio. ruby ha realizzato una nuova opera di dimensioni monumentali per la parete lunga della nostra Pattern Room, una sorta di grande “affresco su carta” contemporaneo, popolato da creature ed elementi attraverso cui l’artista esplora la matericità del supporto e costruisce lo spazio. L’altro progetto “a invito” del 2021 sarà presentato in autunno con i TARWUK, un duo di artisti croati con base a New York, che stanno lavorando a sculture e disegni. Abbiamo anche in programma mostre con materiali della nostra biblioteca/archivio, in continuità con l’esperienza di Rehang : Archives del 2019. Seguiremo poi la residenza in Italia di Emma Talbot, vincitrice del Max Mara Art Prize for Women, che dovrebbe iniziare ad aprile. Con Emma, Max Mara e la Whitechapel Gallery stiamo anche ragionando su una partnership con CIRCA (circa.art), un bel progetto sulle Piccadilly Lights a Londra. Poi un nuovo evento di performance site specific, verso la fine dell’anno, in collaborazione con I Teatri di Reggio Emilia… Il doppio libro sul progetto The Fountains of Za’atari di Margherita Moscardini, di prossima pubblicazione… Il nostro work in progress procede, anche se naturalmente siamo in costante osservazione dell’evolversi della situazione pandemica e dei suoi effetti.
Nel 2020 l’attività della Collezione Maramotti è corsa parallelamente su due binari: da un lato la ricerca (ricordiamo che all’interno della sede è presente un’importante biblioteca), dall’altro l’online per consentire agli appassionati d’arte di apprezzare, sebbene in altre forme e modi, le vostre proposte. Qualche esito particolarmente interessante in termine di ricerca? Cosa pensi dell’online?
Penso che l’online sia uno strumento prezioso, ma credo anche che dovremmo cercare di utilizzarlo al massimo delle sue possibilità, come qualità e originalità dei contenuti, come dispositivo per creare un valore aggiunto, per espandere gli sguardi e le prospettive. A proposito di biblioteca, proprio poiché quella della Collezione include materiali rari e importanti, stiamo lavorando su alcuni appuntamenti in video per presentare cinque libri-opera realizzati da Mario Diacono e Claudio Parmiggiani negli anni ’70. E la biblioteca/archivio sarà appunto protagonista di due appuntamenti espositivi che contiamo di presentare quest’anno. Concepire e realizzare questo tipo di progetti rappresenta un’occasione di approfondimento continuo anche per noi, un esercizio stimolante per tracciare connessioni a volte non così prevedibili e scontate, tra materiali e artisti che conosciamo molto bene. A fine 2020 abbiamo anche iniziato a realizzare alcuni video su opere del nostro storage, normalmente non visibili al pubblico; saranno disponibili online nelle prossime settimane, e proseguiranno regolarmente.
Dal 2007 sei cresciuta professionalmente all’interno della Collezione Maramotti, occupandoti di comunicazione, progetti espositivi ed editoriali e residenze, assumendo, successivamente all’uscita di Marina Dacci, con la quale hai lavorato per tanti anni, il ruolo di coordinatrice. Quali sono stati gli incontri più importanti? Gli artisti che hanno segnato il tuo percorso?
Non finirei davvero più di elencarli…! Gli incontri profondi sono stati tanti, ogni artista ha lasciato un suo segno ben definito, sono cresciuta assorbendo ogni singola esperienza condivisa – riflessioni, problemi, cambi di direzione, suggestioni – e tutto è stato ossigeno, per me. Dai pranzi umanamente spirituali con Massimo Antonaci agli scambi energetici, letterari e operistici con Helen Cammock; dai due intensi mesi di residenza reggiana di Evgeny Antufiev, a base di cristalli, ossa e mascarpone, alla camminata in Appennino con Angelo Bellobono a farci da guida. Però ricordo abbastanza chiaramente il primo incontro diretto con l’operare di un artista. Avevo 24 anni ed eravamo in Collezione, durante gli allestimenti della permanente. Vedere Barry X Ball installare chirurgicamente e ritualmente, in un silenzio quasi ultraterreno, le sue complesse opere tecno-barocche in onice messicana, oro, corian, pigmenti e fili mi ha fatto immediatamente mettere a fuoco che mi trovavo davanti a qualcosa di speciale, ho visualizzato vividamente e fisicamente una dimensione altra. Ed era quella in cui avrei voluto essere, in cui avrei amato muovermi.
Quali novità vorresti introdurre all’interno della Collezione Maramotti? Ci sono nuovi percorsi che ritieni dovrebbero essere esplorati?
Penso che questo luogo abbia una linea coerente che attraversa decenni di collezionismo di una famiglia, che passa soprattutto, ancora oggi, attraverso l’esplorazione del linguaggio pittorico. Tra le mostre più recenti, in questo senso, Svenja Deininger e Mona Osman. È un tratto fortemente distintivo, che proseguirà. Così come continueremo a cercare di intercettare la ricerca di artisti emergenti nel suo momento di slancio, di scatto ed evoluzione verso dimensioni e progettualità non ancora sperimentate. Negli anni più recenti, diversi progetti che abbiamo presentato hanno posto interrogazioni sul significato stesso di fare arte, oggi, su come gli artisti intervengano fortemente sulla visione del mondo, sugli effetti concreti di un immaginario, di uno scarto dello sguardo, di un cambio di pratica. Penso ad esempio a Krištof Kintera, ma anche a Claudia Losi, Lutz & Guggisberg o all’Atelier dell’Errore BIG (che ospitiamo nei nostri spazi dal 2015). E continueremo a portare avanti progetti di collaborazione con artisti e istituzioni con cui c’è affinità di dialogo in queste molteplici direzioni.
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66, Reggio Emilia
Info: +39 0522 382484
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www.collezionemaramotti.org