VERONA | Studio la Città | FINO AL 27 FEBBRAIO 2021
di FRANCESCO FABRIS
A Verona, presso gli spazi immersivi della storica galleria Studio la Città va in scena Rosso e Grigio, una colta disamina attorno al rapporto – spesso sottovalutato o solo superficialmente indagato – tra artista e medium prescelto per l’espressione.
L’esposizione collettiva, curata da Marco Meneguzzo, racconta, attraverso indovinati accostamenti di artisti ed opere solo in apparenza lontane per epoca e matrice culturale, la radice della scelta di materie antitetiche quali ceramica e cemento. Da sempre, la preferenza artistica del materiale (spesso non univoca) è profondamente condizionante e significativa e riveste un ruolo particolare con riguardo all’opera plastica. Questa, per sua natura, presuppone relazioni con l’ambiente e lo spazio che la circonda e la accoglie, dialoghi con la luce, effetti percettivi plastici ed energie tridimensionali. Consapevole del vincolo espressivo che sussiste tra medium e significato, l’artista è necessitato a trascendere l’estetica a beneficio di una ricerca più profonda, in cui il rispetto della materia diventa comprensione della sua natura e indagine attorno alla rielaborazione. Un rapporto, dunque, di natura filosofica che origina dalla percezione fisica della materia e dalla sua intuizione, poi utilizzata come significante di un contenuto ideale.
Durante il processo di creazione, invero, il corpus misthicum, che risiede nell’intuizione artistica, viene in contatto con i materiali che rispondono ai sensi ed ai gesti dell’artista, generando interazioni e contaminazioni reciproche.
Il progetto espositivo evoca la traiettoria di questa indagine intima e, ricostruendo la storia di due materiali fondanti la tradizione scultorea, ne racconta la loro riscoperta documentandone l’utilizzo, anche e soprattutto da parte di artisti che non sempre ne hanno fatto il medium di elezione.
La fine delle avanguardie più spinte e l’esperienza del fare arte con tutti i materiali possibili, ha condotto ad una flessione del “concettualismo a tutti i costi”, così da riattualizzare il ruolo che i due materiali avevano ricoperto nella storia dell’arte.
Da un lato la ceramica, materiale prima duttile e poi rigido, inorganico, composto di molte molecole diverse che mescolate con acqua conferiscono all’argilla una spiccata duttilità, da sempre utilizzata per la sua funzione d’uso ed attestazione di status sociale (creazione di oggetti decorativi, stoviglie e vasellame, materiali edili quali piastrelle e tegole e rivestimenti di pregio) e per lungo tempo relegata in una dimensione “artigianale” che ne ha limitato l’utilizzo in ambito artistico moderno. Questo, sino al recupero da parte dei costruttivisti e suprematisti russi, della scuola Bauhaus, di Matta e Picasso, sino agli approdi più recenti.
Il materiale, di grande vocazione artistica, da una parte chiede competenza, sapienza e meticolosità per consentire esiti imprevedibili e sorprendenti e, dall’altra, si pone in aperta antitesi con la velocità dell’epoca e del pensiero effimero, richiedendo tempo e soprattutto attesa (si pensi alla delicata fase della cottura) per nascere e disvelarsi.
Dall’altra parte sta il cemento, legante idraulico per antonomasia, indagato nell’arte del dopoguerra per la forte valenza architettonica e sociale del territorio in ricostruzione e poi entità neutra, azzerante ed azzerata, base di scritture concettuali e di elaborazioni minimali che ne esaltavano il carattere immobile, statico, rigido ed “antiestetico”, inteso come privo di contenuti seducenti.
I 18 artisti sapientemente prescelti generano tensioni comunicative tra epoche, culture, provenienze geografiche e concettuali anche lontane, ma tratteggiano un percorso comune attorno al denominatore rappresentato dalla scelta (spesso originale e in controtendenza con gli esiti abituali) dei due materiali “magnetici” e stimolanti non soltanto per l’afflato tattile e per la riacquisita dignità artistica.
Nella preferenza del medium, in questo caso, si colloca il gesto artistico, l’intento comunicativo e lo spunto di riflessione da dipanare.
La comunione di visione unisce così, lungo un filamento immaginario, quasi trenta opere in dialogo sinergico ma profondamente sincrono.
Se “l’apertura” immaginaria deve essere riconosciuta a Lucio Fontana che, già assistente del padre nell’atelier di scultura in Argentina, è presente con i piatti in ceramica con i Guerrieri a cavallo, con la piccola Battaglia in ceramica e la Vittoria Alata del 1937 nonché con un unico “taglio” del 1962/64 in tinta naturale, lo sviluppo aniconico è affidato ai cementi di Imi Knoebel che con Betonis, opera del 1990, accosta precisione geometrica delle forme e tenuità dei colori, per indurre alla riflessione emotiva che ne scaturisce.
Lucio Pozzi, con Diciotto impronte, opera del 2014, composta di strisce di terracotta colorata, compendia alla perfezione il senso della materia prescelta, dichiarando “ho scoperto che mi interessa coltivare il tocco della mano e non sapere mai né cosa sta per succedere né quando un’opera è finita”.
A questi fa da squisito contraltare una “sontuosa” lastra di cemento rosso in cui Alberto Garutti, trattando il materiale a mo’ di foglio imperituro, incide una verità assiomatica che ci coglie poco più in là del nostro piede: “Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora”.
L’approccio simbolico è di Alberto Scodro, che con Trottole traduce il significato del materiale e della tecnica (la terra e il tornio) in un oggetto che richiama il moto del pianeta, che ha lo stesso nome della materia. A Jessica Stockholder, invece, il compito di utilizzare il cemento unitamente ad altri materiali di recupero per realizzare Edge of Hot House Glass, simbolo della leggerezza trattenuta a forza e collocata di fronte a Composizione, un insieme di pannelli in ceramica sui quali Emilio Scanavino traccia con la mano leggeri segni esteriori, metafora di una pesantezza interiore tipica del linguaggio informale. Se Dave Hardy utilizza cemento e poliuretano in The apartment, sintesi di forze contrapposte che si bilanciano a vicenda tra minimalismo ed antiform, Claudia Losi ci conduce nel progetto Biotope, dove forme animali di diverse specie si fondono in un coacervo di tessuto e cemento traccia delle dinamiche evoluzionistiche.
Lo sguardo naturalistico prosegue in Daniela Monaci, che in Frammenti del bello e nelle installazioni Colombe che beccano il vetro trasla la bidimensionalità dell’opera pittorica o video nel suo simulacro materiale, in uccelli di creta smaltata e in petali di ceramica attentamente modellati e dipinti, cui fanno eco le sei zucche di Luigi Carboni che, incidendone il volume ceramico in Canti Durevoli, rappresenta le forme iconiche “trasformate” da segni e lacerazioni che revocano in dubbio l’unicità forma/materia.
Completano l’esposizione, tra le altre, i lavori di Antonio Ievolella (Scudi, ossidi su cemento fuso), di Riyas Komu (la multimaterica Benevolent Grass), i Piatti in ceramica di Fausto Melotti e Sonia Delaunay e le opere di Francesco Simeti (Bramble e Withered, ceramiche e terrecotte in bilico tra natura ed architettura).
La chiosa, ideale, non può che spettare a Emil Lukas, unico tra gli artisti in mostra a tentare un dialogo anche fisico tra i due materiali.
Water Study-As the dish outside the window fills narra di un trittico di blocchi in cemento che ospitano tazze e bicchieri in vetro e ceramica la cui reazione all’acqua che contengono, ora evaporata ora stantia sul fondo, reca con sé l’indagine sul mutare dei materiali nel tempo e nell’ambiente.
Un’opera dunque sintesi del confronto e della storia dei materiali esplorati, dove i colori cromaticamente lontanissimi del titolo (Rosso e Grigio) realizzano da soli una tavolozza di contrasti, dialoghi ed interferenze. Assolutamente nuove, assolutamente non cercate, per nulla scontate.
ROSSO E GRIGIO
a cura di Marco Meneguzzo
Artisti: Luca Caccioni | Luigi Carboni | Sonia Delaunay | Lucio Fontana | Alberto Garutti | Dave Hardy | Antonio Ievolella | Imi Knoebel | Riyas Komu | Claudia Losi | Emil Lukas | Fausto Melotti | Daniela Monaci | Lucio Pozzi | Emilio Scanavino | Alberto Scodro | Francesco Simeti | Jessica Stockholder
12 dicembre 2020 – 27 febbraio 2021
Studio la Città
Lungadige Galtarossa 21, Verona
Orari: lunedì dalle 14.00 alle 18.00
da martedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00
sabato dalle 9.00 alle 13.00
Info: +39 045597549
info@studiolacitta.it
https://studiolacitta.it