BOLZANO | Museion | 2 febbraio – 1 maggio 2013
di GABRIELE SALVATERRA
Delizia fragrante o delitto in flagrante. La personale di Rosemarie Trockel gioca sul doppio senso, l’accostamento libero e l’eclettismo, in un allestimento che, prendendo spunto dall’opera dell’artista, non segue alcuna direttrice storica o tematica ma dispone liberamente le ottanta opere in un unico grande spazio. Al di là del gioco di parole il lavoro dell’artista insiste effettivamente sugli opposti riuscendo a coniugare arbitrarietà e disciplina, attrazione e repulsione, vulnerabilità e fermezza, ironia e serietà in un discorso dove il femminile emerge come fattore caratterizzante.
La spina dorsale della mostra è costituita dalla produzione forse più inaspettata per la Trockel, una serie di collage dove la tecnica dadaista e alcuni elementi del lessico di Max Ernst vengono piegati a uno sguardo nomade e postmoderno, libero di vagare nelle epoche e arraffare qua e là con spregiudicatezza. Per questo nell’aspetto materico delle sue ceramiche si può riconoscere qualche legame con le concrezioni di Jean Arp oppure, nei moduli geometrici applicati a parete, agganci con il minimalismo di Sol LeWitt.
Liberi di passeggiare nell’ampio spazio del Museion sono proprio queste sculture bianche a regalare i primi momenti di meraviglia. La loro pulizia e la modularità della loro forma risulta straniante quando si osserva che sono realizzate in leggera gommapiuma. Inaspettate e discrete queste installazioni esemplificano la capacità della Trockel di innestare in un lessico prettamente maschile come il minimalismo, la levità di un pensiero altro. Anche nelle grandi tele intessute di foggia quadrata, l’aspetto suprematista del quadrato di Malevič si apre all’intrecciarsi delle trame di derivazione femminile in un grande lavoro in cui allo stesso tempo si è accolti e rigettati dalla calda superficie lanosa.
In modo simile un simbolo della reclusione domestica come il battipanni si ribella al suo tradizionale statuto simbolico diventando molle e deforme. C’è poi spazio anche per le famose piastre da cucina che, assieme ai lavori a maglia, identificano immediatamente l’opera della Trockel. In questo caso è lo spostamento a determinare uno scarto nel significato dell’oggetto e con la disposizione di questi fornelli in verticale il più trito emblema di femminilità repressa ottiene una nuova direzionalità, aggressiva e resistente contro ogni consuetudine.
In questa ampia carrellata il rischio maggiore sembra però quello di circoscrivere il lavoro di questa artista all’ambito, comunque limitato, della militanza femminista. Al contrario, le sue opere più riuscite vivono in rapporti formali dove oggetto e materia si trasfigurano e liberano dalla propria materialità per diventare un’immagine nuova, fortemente seduttiva al di là di qualsiasi indicazione di genere.
Rosemarie Trockel. Flagrant Delight
a cura di Dirk Snauwaert
La presentazione a Bolzano è a cura di Letizia Ragaglia
in collaborazione con Rosemarie Trockel
Museion
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