VENEZIA | Collezione Peggy Guggenheim | Fino al 15 aprile 2013
di MATTEO GALBIATI
Cinque indiscussi maestri rappresentano e raccontano da protagonisti, nella mostra Postwar, le vicende artistiche dell’arte italiana del secondo dopoguerra nel periodo cruciale tra gli anni Sessanta e Settanta. Partendo da Lucio Fontana, maestro per intere generazioni di artisti, il percorso espositivo si snoda sala dopo sala, con un itinerario cronologico, presentando un’attenta analisi delle opere di Piero Dorazio, Enrico Castellani, Paolo Scheggi e Rodolfo Aricò. In ogni sala lo spettatore incontra il temperamento e il linguaggio proprio di ciascuno di loro che dimostra – seguendo la rilettura attenta che ne ha dato Luca Massimo Barbero – quanto la loro pittura sia stata orientata verso il superamento dei contenuti dell’Informale che aveva caratterizzato i decenni precedenti la loro attività. Tutti accendono le opere con la forza coloristica e luministica del colore, che spesso ricorre al rigore simbolico della monocromia per lasciar intendere i contenuti più visionari e intellettuali quali atti fondanti il sapere e la conoscenza artistica: opera come dimensione di pensiero, opera come atto filosofico dunque. La mostra pone l’accento sul valore alto raggiunto dalle loro espressioni che, in quegli anni e con il loro fare, s’inserivano a pieno titolo nel dibattito proprio della scena artistica internazionale. La mostra ha la peculiarità di concentrarsi soprattutto sulle figure di Paolo Scheggi e Rodolfo Aricò, con approfondimenti specifici che diventano mostra nella mostra.
Di Aricò – di cui si è edita un’approfondita monografia, in collaborazione con l’Archivio Rodolfo Aricò, interamente dedicata allo studio della sua produzione degli Anni ’60 – si sottolinea il lavoro dal contenuto più astratto-geometrico, quando la sua pittura si adoperava nella sottolineatura di forme archetipali e architetturali con opere che diventano veri e propri contrappunti spaziali. Tali segni legano l’atto visivo all’istante della contemplazione e della riflessione, nel tempo e nello spazio esatti della verifica del suo pronunciamento. La monocromia vibratile di Aricò produce forme che spostano l’attenzione dalla fisicità contingente a dinamiche che diventano pulsioni intellettive e spirituali. Il farsi della sua poesia, anche quando si mantiene composta entro un’apparente sembianza di illusoria forma rigorosa, scompone e disgrega la definizione della propria oggettività, presagendo il suo ri-divenire senza tempo. Anche la relazione con lo spazio e l’ambiente diventa per lui urgenza da verificare costantemente: queste opere, la cui geometria pare sollecitata da stati tensivi e alteranti il corpo stesso della pittura, lasciano solo precorrere la relazione opera-ambiente che, negli anni successivi, avrà risvolti sempre più fisici e concreti nelle manifestazioni di un’arte che vuole essere sempre più oggetto reale, concreto, ma anche voce della in-tangibilità di un filosofare attraverso il muto colore.
Ogni opera di Aricò individua la manifestazione di un passaggio dell’accadere, è un atto colto e raffinato che l’artista passionalmente coglie dall’infinito del divenire e che mantiene in tensione in tutta la sua potenzialità esperiente. La purezza formale dei grandi capolavori in mostra vivifica un’aniconicità che non è mai algida, perché ci consegna una visione la cui libertà non si trattiene sulla superficie contenibile e arginabile del supporto ma, con ordine misurato e definibile, deflagra nella dimensione del vivere.
Rodolfo Aricò. Oggetti di pittura e pittura di spazio
nell’ambito della mostra Postwar. Protagonisti italiani
a cura di Luca Massimo Barbero
Fino al 15 aprile 2013
Collezione Peggy Guggenheim
Dorsoduro 701, Venezia
Orari: 10.00-18.00, chiuso il martedì
Ingresso: Euro 14,00, Euro 12,00 over 65 anni, Euro 8,00 studenti, gratuito fino a 10 anni
Info: +39 041 2405411
info@guggenheim-venice.it
www.guggenheim-venice.it