Intervista a Roberto Pugliese di Sissa Verde
Roberto Pugliese, giovane sound artist napoletano, presenta Soniche vibrazioni computazionali, la sua prima personale da Studio La Città di Verona, a cura di Valentina Tanni.
Il lavoro del giovane partenopeo si situa nella frontiera tra arte e musica, le sue opere si dissolvono nell’ambito della tecnologia e della musica sperimentale e nel rapporto che si crea con l’essere umano. Attraverso la creazione di software riesce a rendere le sue installazioni “vive” in un leitmotiv in cui si perde il confine tra il naturale e l’artificiale.
Sissa Verde: In un’intervista hai dichiarato che per te l’arte è un mezzo per comunicare la scienza, e che oggi, con l’aiuto della scienza, si possono sperimentare nell’arte cose che prima erano impensabili. Nelle tue opere arte, tecnologia e musica si incrociano sempre… Quale delle tre prevale maggiormente?
Roberto Pugliese: Ho sempre pensato che un’opera d’arte possa essere definita tale se riesce, nel suo equilibrio, a dare diversi stimoli contemporaneamente. Trovare questo equilibrio è un processo veramente molto complesso. Per le mie opere parto da una intelaiatura concettuale che è la base e poi, attraverso la tecnologia, cerco il modo di realizzarla. Mi definisco un artista sonoro ma sono ben cosciente del fatto che, nelle mie opere, spesso l’aspetto visivo è importante almeno quanto quello sonoro. Credo che un concetto ben strutturato debba servirsi anche di un aspetto visivo forte per essere più immediato ed incisivo.
Quanto la sound art e l’arte cinetica sono fondamentali per la tua ricerca artistica?
Da sempre ho sentito la necessità di dare forma al suono e la sound art è stata il mezzo attraverso il quale ho unito le mie ricerche di musica elettronica con l’arte visiva.
All’arte cinetica mi lega la fascinazione proveniente dalla meccanica e dall’elettronica che ha per me un sapore cyber punk. In questo periodo sto lavorando molto con la robotica legata alla produzione di suoni.
Il suono, quindi, è un elemento fondamentale per la tua ricerca artistica, in che modo sviluppi la parte audio dei tuoi lavori?
L’audio assume diverse nature. In lavori come Ivy Noise o Unità minime di sensibilità, progetto e programmo software interattivi che prelevano dati in tempo reale dall’ambiente circostante o dai fruitori; questi parametri macro, strutturalmente, pilotano una serie di funzioni randomiche che gestiscono la natura dei suoni. Sono dei sistemi autonomi che, una volta attivati, vivono di vita propria auto-gestendosi, per cui è impossibile stabilirne a priori il risultato sonoro esatto, ma solo la linea generale. Per quanto riguarda i lavori dove è presente la cinetica, ad esempio Critici ostinati ritmici il suono non è filtrato da nessun dispositivo audio, ma è la stessa apparecchiatura elettromeccanica che lo produce con una frequenza dettata da un microcontrollore. Infine, come nel caso dei pannelli sonori, la fonte audio è pre-registrata ed assume i connotati di una composizione elettroacustica con una durata temporale precisa, con un inizio ed una fine.
Le due opere presentate nella personale sono entrambe interattive, quanto conta per te il dialogo che si viene a creare tra l’opera e il fruitore?
In questo caso le opere sono interattive, ma non vengono influenzate dai fruitori, bensì da fattori esterni. Nel caso di Critici ostinati ritmici il risultato sonoro dell’installazione cambia in base alle statistiche inerenti la deforestazione globale, mentre nel caso di Unità minime di sensibilità la diversità del suono è prodotta e cambia in base ai valori provenienti da sensori posti all’esterno della galleria che captano dati inerenti alle condizioni atmosferiche.
L’aspetto interattivo è molto presente ed importante nei miei lavori, ma cerco sempre di essere attento a non banalizzarlo trasformando l’arte in un gioco. Quando lavoro sull’interazione con le persone, costruisco strutture complesse che permettono al fruitore di rendersi conto di essere parte dell’opera ma senza capire in che modo interagire con la stessa. Questo accade perché non c’è un’interazione binaria dettata da un’azione-reazione; da una serie di azioni elaborate viene fuori una serie di reazioni assolutamente non prevedibili.
La natura, i fenomeni atmosferici sono presenti in diverse tue opere. Ti posso definire un “artista ecologista”?
Sono sempre stato molto affascinato dalla natura e da sempre etologo per passione. Credo che la natura possa darci ancora molti spunti per meglio comprendere la nostra psiche e per portare avanti delle ricerche in campo artistico. Sono un naturalista convinto e in passato sono stato un attivista di Greenpeace. Mi fa piacere pensare di aver trovato un altro modo per cercare di sensibilizzare le persone su alcuni temi che ritengo importanti.
Sei laureato in Musica Elettronica presso il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, come è avvenuto il passaggio da musicista ad artista visivo?
Da quando ho iniziato il corso di Musica elettronica in Conservatorio, parallelamente ho frequentato da esterno l’Accademia di Belle Arti per confrontarmi con altri artisti che per comunicare utilizzavano mezzi differenti dal mio. Ero convinto che fosse passato il tempo dei concerti di musica acusmatica e che fosse ora di unire diverse discipline tra loro, così da creare opere più complesse in grado di colpire i diversi sensi del fruitore contemporaneamente, immergendolo in una sorta di micro mondo virtuale dove potersi abbandonare all’arte.
La mostra in breve:
Roberto Pugliese. Soniche vibrazioni computazionali
a cura di Valentina Tanni
Studio La Città
Lungadige Galtarossa 21, Verona
Info: +39 045 597549
www.studiolacitta.it
19 marzo – 23 aprile 2011
In alto:
“Unità minime di sensibilità”, 2011, installazione sonora interattiva, circuiti, computer, schede audio, speakers, connessione internet, cavi, dimensioni variabili, photocredit Michele Sereni, courtesy Studio la Città, Verona
In basso:
“Critici, ostinati, ritmici”, 2011, installazione sonora interattiva, legno, microcontrollore, elettromagneti a mantello, software, sensori, connessione internet, dimensioni variabili, photocredit Michele Sereni, courtesy Studio la Città, Verona