MILANO | Pirelli HangarBicocca | Fino al 25 febbraio 2018
di KEVIN McMANUS
Molto attesa per svariati motivi, la mostra dedicata da Pirelli HangarBicocca alle opere ambientali di Lucio Fontana (1899-1968) non ha deluso. Parto dal “verdetto”, perché tra i meriti dell’evento c’è appunto la capacità di coinvolgere il fruitore fin dall’ingresso, fin dall’Arabesco del 1951, che fa da lanterna ai visitatori entranti e si staglia nel vuoto come una sorta di disegno di luce.
Ma tutti gli ambienti ottengono lo stesso effetto, saltano a piè pari le complicate riflessioni di molta arte ambientale fatta da allora a oggi, e pongono il fruitore nel mezzo di un’esperienza estetica immersiva e disorientante. Il merito, certo, è di Fontana, ma l’idea centrale della mostra aggiunge qualcosa: quelle che per l’artista erano esperienze singole, vissute una per una in contesti dove tendevano a spiccare per la loro pregnanza sensoriale, vengono qui proposte in serie, in modo da raccontare una storia per mezzo delle nostre facoltà percettive.
Gli occhi che hanno lavorato per adattarsi alla luce di Wood nell’ambiente del 1949, originariamente presentato alla Galleria del Naviglio, si ricalibrano, nel giro di qualche minuto, per le Utopie progettate in occasione della Triennale del 1964, per poi adattarsi gradualmente a percepire le pareti illusorie dell’Ambiente spaziale per il Walker Art Center del 1966, e così via fino ad uscire, di nuovo, in corrispondenza del soffitto al neon per “Italia 61”.
Lo studio della percezione, ma anche la particolare concezione di spazio di Fontana, quindi, è raccontata dai nostri stessi occhi, dalle pupille che si dilatano e si richiudono, mostrando in modo efficacissimo cosa intendesse l’artista quando – in molte occasioni a partire dal Manifiesto Blanco del 1946 – auspicava la nascita di una nuova forma d’arte: un’arte che doveva mostrare all’osservatore come fosse fatto lo spazio, come esso apparisse non in quanto costruzione “in negativo” (ciò che separa due oggetti o riempie il vuoto di una stanza), ma come cosa dotata di evidenza e originatrice di possibilità poetiche. Per dirla in termini più specifici, per Fontana lo spazio è quel nuovo medium che doveva sostituire quelli consegnati dalla tradizione, le “pitture” e “le figure statiche in gesso” incapaci di veicolare l’anima del “nuovo spirito”.
Un medium comune agli ambienti come ai celebri tagli, e come anche ad operazioni più vicine all’idea convenzionale di scultura. Se per questi ultimi due tipi di lavori la presenza fisica dello spazio è più complessa, nel caso degli ambienti ricostruiti all’Hangar la natura mediale dello spazio è evidentissima; ed è proprio nel variare delle configurazioni architettoniche e luminose di ciascun ambiente che questa natura diventa evidente, proprio come il medium della pittura viene definito in quanto costante nei diversi modi di usare il colore, la linea o la superficie del supporto.
Merito ulteriore della mostra, poi, è quello di aver raggiunto l’efficacia dei progetti di Fontana attraverso lo studio dei materiali d’archivio, per lo più inediti, trovati presso la Fondazione Lucio Fontana e altre istituzioni.
In questo modo, l’esito finale dell’operazione è anche, al tempo stesso, un saggio storico-critico sul lavoro di Fontana come creatore di ambienti e assiduo frequentatore di architetti e designer.
In un’epoca piena di lavori ambientali, di ambienti bui ai quali accedere da tendine nere, sembra incredibile pensare all’importanza fondante di questi lavori così lontani nel tempo; e contemporaneamente l’immediatezza, la forza dell’esperienza che vanno a creare conferiscono nuova freschezza a una tipologia di opera d’arte alla quale siamo forse fin troppo abituati.
Lucio Fontana. Ambienti/Environments
a cura di Marina Pugliese, Barbara Ferriani e Vicente Todolì
in collaborazione con Fondazione Lucio Fontana
21 settembre 2017 – 25 febbraio 2018
Pirelli HangarBicocca
Via Chiese 2, Milano
Orari: da giovedì a domenica 10.00-22.00
Ingresso libero
Info: +39 02 02 66111573
info@hangarbicocca.org
www.hangarbicocca.org