Non sei registrato? Registrati.
EDITORIA | Marsilio Arte

Intervista a ILARIA BONACOSSA e a ANTONIO MATONTI di Marika Marchese

È stato presentato il volume, nato da una iniziativa di Confindustria nell’ambito del Gruppo tecnico cultura, Il segno dell’arte nelle imprese. Le collezioni corporate italiane per l’arte moderna e contemporanea a cura di Ilaria Bonacossa, con la collaborazione di Marianna AgliottoneCostantino D’OrazioMarilena Pirrelli, edito da Marsilio Arte, 1^ ed. 2024.

Il volume vuole rendere omaggio ad una lunga storia di interazione tra il mondo dell’arte e quello dell’impresa e ai collezionisti che con il loro mecenatismo svolgono un ruolo fondamentale nella crescita economica e culturale del Belpaese. L’Italia, nota per il suo ricco patrimonio culturale e artistico, consolida questo rapporto con radici profonde nella storia, risalenti al Rinascimento, quando le famiglie mecenate come i Medici di Firenze commissionavano opere d’arte non solo per abbellire le loro dimore ma anche per affermare il loro status sociale e il loro potere politico. Queste commissioni rappresentavano un investimento significativo, che contribuiva a stimolare l’economia locale e a promuovere lo sviluppo artistico e culturale.

Cover volume Il segno dell’arte nelle imprese
Le collezioni corporate italiane per l’arte moderna e contemporanea

Nel corso dei secoli, il legame tra arte e impresa si è evoluto, adattandosi ai cambiamenti socio-economici e culturali. Durante il XX secolo, con la nascita dell’industria moderna, molte aziende italiane hanno riconosciuto il valore dell’arte come strumento di marketing e di comunicazione. Marchi iconici come Olivetti, FIAT e Pirelli hanno integrato l’arte nelle loro strategie aziendali, commissionando opere a celebri artisti e designer per promuovere i loro prodotti e migliorare l’immagine aziendale.

Joseph Kosuth, Existential time #10, neon bianco caldo, orologio (Neon 168×12 cm; Orologio 30 cm diametro x 7 cm)

Importanza dell’arte nel contesto economico e culturale italiano

L’arte svolge un ruolo fondamentale nel contesto economico e culturale italiano, influenzando vari settori dell’economia e contribuendo alla formazione dell’identità nazionale. In termini economici, il settore artistico e culturale genera un significativo impatto economico, creando posti di lavoro, stimolando il turismo e promuovendo l’industria creativa.
L’arte, inoltre, rappresenta un elemento chiave nel marketing e nel branding aziendale. Molte imprese italiane investono in collezioni d’arte aziendali, sponsorizzazioni di mostre e restauri di opere d’arte, riconoscendo il valore aggiunto che l’arte può apportare in termini di visibilità e reputazione. Questo investimento non solo migliora l’immagine dell’azienda, ma contribuisce anche a preservare e valorizzare il patrimonio culturale italiano.
Dal punto di vista culturale, l’arte è un veicolo di innovazione e creatività. Essa stimola il pensiero critico, incoraggia la sperimentazione e promuove la diversità culturale. Gli artisti, con la loro capacità di vedere il mondo da prospettive uniche, contribuiscono a sfidare le convenzioni e a ispirare nuove idee, che possono essere applicate anche nel mondo degli affari.

Qualche domanda alla curatrice del volume, Ilaria Bonacossa e ad Antonio Matonti, Direttore Affari Legislativi e Regionali, Diritto d’Impresa di Confindustria.

Quali sono state le principali sfide che ha affrontato nello scrivere questo libro?
Ilaria Bonacossa: La sfida è stata scoprire le collezioni corporate non note al grande pubblico e intercettare i capolavori di queste collezioni.

Quanto tempo ci è voluto per intercettare queste collezioni?
Il lavoro per il libro è durato circa 8 mesi ma la parte intensa di ingaggio con le collezioni 4.

Quali sono stati i criteri per la selezione delle imprese e degli artisti inclusi nel libro?
I criteri erano semplici, avere almeno una decina di opere, e un’attività di acquisti e sponsorizzazioni, restauri e produzioni di arte moderna e contemporanea nell’ultimo decennio. Una volta mappate le collezioni è stato importante indagare la qualità di queste collezioni, quali artisti, con quali lavori. Tutti noi (Confindustria, io e il comitato scientifico) siamo rimasti stupiti dalla qualità museale della maggior parte delle opere.

Ci sono episodi o aneddoti significativi che vorrebbe condividere riguardo alla creazione del libro?
Non è un episodio ma sicuramente mi ha stupito riscontrare quanto poco le collezioni corporate fossero informate sui doveri e i diritti in materia di riproduzioni di immagini legate alla loro collezione, un tema complesso su cui abbiamo lavorato per enfatizzare come con l’acquisto di un lavoro non si acquisiscano automaticamente i diritti di riproduzione dello stesso che restano in capo all’artista.

Qual è il ruolo delle fiere d’arte e cosa si potrebbe fare nel favorire incontri tra collezionisti, curatori e imprenditori?
Credo che le fiere siano un luogo ideale per scoprire nuovi artisti, ma anche lo spazio per i collezionisti di confrontarsi con le tendenze del mercato e per poter parlare e scambiare esperienze con altri appassionati. Inoltre le fiere con i servizi di art advisory spesso offerti ai clienti tramite i partner bancari possono offrire supporto su temi fiscali e legali legati alle opere e alla loro valorizzazione.

In che modo i curatori possono favorire il dialogo tra arte e impresa?
La figura del curatore come mediatore diventa ancora più importante al di fuori del mondo dell’arte, in azienda per ingaggiare il team interno e la comunità locale serve una figura capace di raccontare la ricerca artistica e metterla in dialogo con i temi e le urgenze del presente.

Ha pensato di curare o ha curato delle mostre con opere di collezioni unicamente aziendali?
Stiamo lavorando a un’ipotesi di mostra dalle collezioni che possa, dato il grande lavoro fatto, renderlo fruibile al grande pubblico.

Quali sono le principali iniziative promosse da Confindustria per incoraggiare le imprese italiane a investire in progetti artistici e culturali?
Antonio Matonti: Nell’ambito delle attività sulla cultura d’impresa, Confindustria promuove un modello ispirato alla corporate cultural responsibility, che vede cioè le imprese come motore di crescita non solo economica, ma anche civile e sociale. Da qui nasce il lavoro che ha portato al volume Il segno dell’arte nelle imprese, edito da Marsilio Arte con il patrocinio del Ministero della Cultura, che racconta, attraverso 57 collezioni corporate di arte moderna e contemporanea, l’impegno degli imprenditori in questo settore. Settore che ha un impatto economico rilevante, stimato dagli ultimi dati disponibili in quasi 4 miliardi di euro, con circa 36 mila lavoratori coinvolti. Sono numeri che possono crescere, anche grazie al contributo delle imprese, colmando un gap che è anzitutto normativo, poiché oggi mancano, in Italia, una definizione giuridica delle collezioni d’arte d’impresa e una serie di corollari, anche di matrice fiscale, volti a sostenerle.

In che modo Confindustria comunica e promuove i benefici economici e sociali che derivano dall’integrazione dell’arte nel mondo imprenditoriale?
La domanda dovrebbe essere ampliata a tutto il settore culturale, che comprende anche l’arte. A questi temi abbiamo dedicato, di recente, uno studio –  “Il posto della cultura. Industria, benessere, sviluppo civile –  pubblicato dalla Rivista di Politica Economica, edita da LUISS, su iniziativa del Gruppo Tecnico Cultura di Confindustria. Da quello studio emerge non solo il rilievo economico dell’industria culturale e creativa, con un valore aggiunto pari al 2,3% del PIL nazionale, ma, soprattutto, il fatto che la produzione culturale è un fattore di competitività per le imprese, di coesione per la società e, quindi, è una leva di sostenibilità e di inclusione.

Quali modelli di collaborazione tra artisti, curatori e imprese ha facilitato Confindustria per promuovere l’innovazione culturale all’interno del tessuto industriale italiano?
Il volume Il segno dell’arte nelle imprese ha una forte connotazione artistica, grazie al coinvolgimento di personalità affermate in questo mondo, anche a livello internazionale. È stata una scelta strategica, dettata dall’esigenza di rafforzare il legame tra il mondo delle imprese e dell’arte, legame che ha radici profonde. Le imprese sostengono l’arte con le sponsorizzazioni o le acquisizioni di opere; l’arte, a sua volta, è un efficace strumento di marketing che rafforza la notorietà del brand aziendale. Ma non è solo questo, perché, ad esempio, con l’organizzazione di mostre aperte al pubblico, gli investimenti in arte e cultura diventano un link tra imprese e territorio, evidenziando l’impegno in termini di sostenibilità sociale. Quello tra imprese e arte è quindi un legame virtuoso, che merita di essere promosso e valorizzato.

Nel libro vengono citate alcune delle Fondazioni più importanti, ma quali potrebbero essere altri modelli di successo da prendere come spunto per la collaborazione tra arte e impresa in Italia?
I modelli sono tanti. Dal finanziamento diretto, attraverso donazioni, sponsorizzazioni o partnership finanziarie, passando per i programmi di patrocinio, per arrivare alle fondazioni che attraverso borse di studio, residenze artistiche o attività di ricerca, supportano i progetti artistici a tutto tondo. A queste si aggiungono le collezioni d’arte, grazie alle quali, con l’integrazione negli spazi di lavoro, si stimola la creatività e, al contempo, si valorizzano le opere, anche attraverso mostre e prestiti. Centrali, in questo contesto, le misure fiscali a sostegno dell’arte, che seppur molteplici sono ancora poco conosciute e, in alcuni casi, limitate. La più rilevante è l’art bonus, che pensiamo sia migliorabile attraverso un’estensione del perimetro dei beni accessibili. Oggi gli enti privati costituiscono, infatti, il maggior numero di gestori di collezioni d’arte anche a scopo pubblico: dovremmo favorire anche per loro le erogazioni liberali sostenute dall’art bonus.

In che modo Confindustria incoraggia le imprese a vedere l’investimento in arte non solo come una strategia di marketing, ma anche come una componente chiave della loro responsabilità sociale e della sostenibilità aziendale?
Confindustria è impegnata a far emergere la responsabilità sociale e la cultura d’impresa come quell’insieme di valori che guidano il modo con cui l’impresa si relaziona col mercato e col territorio e, in definitiva, ne plasma il modello di business. Il lavoro sulle Corporate Art Collection è emblematico di questa visione e ne rappresenta un segnale tangibile. Visione che si declina in un nuovo paradigma produttivo, che non può far leva solo sulla produzione di valore economico, ma deve guardare alla complessità dei valori –  sociale, ambientale e culturale –  connessi all’attività profit. Si tratta di un modello che restituisce centralità alla persona, puntando sull’innovazione e sul benessere organizzativo. Sono temi complessi, che intrecciano le variabili della cultura e dell’arte, le quali, a loro volta, sono fattori che avvicinano le imprese alle comunità e ai territori e, quindi, rappresentano in definitiva leve di competitività.

Dalle 57 collezioni selezionate.

L’arte ha un impatto profondo sulla società italiana, contribuendo a definire l’identità culturale e a rafforzare il senso di appartenenza comunitaria. Le opere d’arte, con la loro capacità di evocare emozioni e di raccontare storie, aiutano a conservare la memoria storica e a promuovere valori condivisi, contribuendo a costruire una società più coesa e inclusiva. Il rapporto tra arte e impresa in Italia è complesso, radicato nella storia e in continua evoluzione. Hanno contribuito a raccontare delle loro collezioni, tre imprenditori italiani: Anthea Spuri Zampetti di Eligo, Cristiano Cavallo per Gruppo Ingegneria Torino e Andrea Marangione per Maider S.r.l. .

Carlos Martiel, Segregation, 2015, Opera commissionata da Sweety’s e prodotta da Samson Project Chromogenic Print on aluminum, 70×100 cm. Esemplare 1/3

Anthea Spuri Zampetti, Eligo

Ci sono opere alle quali è particolarmente legata e perché?
Anthea Spuri Zampetti: L’opera a cui sono più legata è Cruz 1 di Bosco Sodi in quanto per me rappresenta la spiritualità che ho voluto delineare accostando in uno stesso ambiente opere di altri artisti (Cody Choi, Consagra) che per me rappresentano una riflessione verso l’infinito, lo sconfinato e l’astratto. Inoltre l’opera di Bosco Sodi è molto interessante perché in qualche modo continua a dialogare con il minimalismo americano ma in chiave molto materica e attuale, dando all’opera un calore e un gesto che non si era visto precedentemente in questo contesto. Infatti, lavorando tra New York e il Messico, l’artista dimostra la dicotomia all’interno di questi due diversi ambienti attraverso un’investigazione dei loro confini concettuali e geografici. Ed è proprio per un convento in Messico che Cruz 1 è stata concepita nel 2008 dall’artista che ha lavorato in modo performativo supportando una trasmissione trascendentale tra il creatore e il lavoro, rifiutando qualsiasi forma di assistenza, mescolando segatura con pigmenti naturali, legni e colla, e poi applicando il composto direttamente sulla tela a mani nude.

ZHANNA KADYROVA, Palianytsia (2022), Pietra di fiume, 27x15x10 cm (5 kg). Foto di Bruno Bani

Qual è la filosofia o la visione che guida la sua collezione?
La filosofia che mi ha guidato nella scelta delle opere è stata quella di scegliere dei temi (politico, spirituale, iconico) e andarlo a sviluppare con la scelta di pezzi che fossero rappresentativi e che avessero un forte contenuto. In particolare, amo l’arte concettuale e quindi per me uno degli acquisti che mi ha dato maggior soddisfazione è stato il neon Yes, it is so. di Joseph Kosuth artista che ha coniato negli anni ’60 questa parola dopo la quale tutta l’arte successiva ha potuto ispirarsi. Ovvero l’opera è in quanto esprime un concetto e non è più mera estetica. Quindi l’arte stessa diventa filosofia.

Vuole raccontare una storia specifica attraverso le opere che acquista?
Sì, parte della collezione è stata costruita per raccontare una storia di natura politica e che ci offre una riflessione sui temi di attualità a cui stiamo assistendo. Il percorso inizia con Gil di Enrico Baj che mostra un generale in uniforme; una esortazione a prepararci alle opere successive, dall’Iran con Shirin Neshat che in All Demons Flee attiva sentimenti di ribellione. L’opera appartiene alla serie Women of Allah del 1996 ma è quanto mai attuale. Si passa poi a Yoan Capote per cui in Isla del 2019 il mare è un muro fatto di ami da pesca e non si può scappare da Cuba a causa del comunismo. Si passa poi in Ucraina dove Zhanna Kadyrova con la sua opera intitolata Palianytsia, progetto di beneficenza finalizzato a raccogliere fondi per il paese, diventa simbolo di resilienza in quanto si tratta di un tipo di pane ucraino il cui nome non viene pronunciato correttamente dagli occupanti russi per cui si è trasformato in un codice per riconoscere gli amici dai nemici. Per chiudere e completare il discorso, si inserisce Danilo Bucchi con la sua opera La Follia da Pagine di Taccuino del 2008 con cui si può facilmente affermare che se nei tempi moderni ancora tutto questo è quello che accade, il mondo è veramente folle.

Yoan Capote CAPOTE, Isla (DREAMSCAPE), 2019, olio e ami da pesca su tela, 134×96 cm

Quali consigli darebbe a chi vuole diventare collezionista?
Personalmente ritengo che collezionare sia un’attività stupenda ma che necessiti di grande ricerca e tempo per poter costruire una storia di qualità e valore. Pertanto consiglierei ai giovani collezionisti di guardare molto cosa offre il mercato prima di passare ad acquisti veri e propri anche perché spesso il gusto iniziale cambia nel tempo rendendosi più sofisticato. Il mio consiglio è di non avere fretta e possibilmente affidarsi a persone competenti che non abbiano un interesse a vendere le opere di un artista piuttosto che di un altro.

Eva FRAPICCINI, “Untitled” from the series Under a Rough, 2012, Chromogenic Print/C-Type Print, 19×44 cm. Edizione 2 di 5

Andrea Marangione per Maider S.r.l.

Ha privilegiato determinati artisti, stili o temi?
Andrea Marangione: Nel collezionare sono stato mosso dalla passione per uno stile marcatamente contemporaneo e che dialogasse con lo spazio in cui si sarebbe inserito. Ad esempio, ho acquistato un deserto monocromo di Loris Cecchini, Aeolian Landforms che vuole imprimere su una superficie gialla il segno del vento. Opera posizionata davanti a una grande vetrata che lascia entrare il vento di traverso quasi a disegnare le dune del deserto rappresentato nell’opera. O anche l’opera specchiante Pappagallo di Pistoletto che, anch’essa posizionata vicino a un vetro, mostra diversi paesaggi a seconda dell’angolazione da cui si guarda: da un lato diventa un tono su tono, dall’altro ci mostra il pappagallo quasi fuori dalla finestra.

LORIS CECCHINI, Aeolian Landforms (Omou), Cast Polyester resins, acrylic resins, nylon fibers in aluminium frame, 152x201x6 cm

Ha avuto dei consigli da galleristi, critici, chi o cosa vi ha guidato in questa importante scelta?
Sì, per me collezionare è stata una scelta importante e ho deciso di farmi guidare e consigliare da un’altra collezionista più esperta, Anthea Spuri Zampetti, in quanto avevo visto la sua collezione e la sua filosofia di acquisto e mi aveva molto colpito e affascinato. Inoltre ho ritenuto che, essendo una collezionista, avrebbe saputo ben interpretare le mie esigenze, anche di investimento, e così è stato e alla fine dal nostro dialogo è venuto fuori un lavoro di cui sono pienamente soddisfatto.

Come vede il suo ruolo come collezionista nell’ambito della responsabilità culturale e sociale?
Ritengo di essermi fatto portatore di valori culturali e sociali, in particolar modo con la scelta di acquisto di due opere che rappresentano queste responsabilità. Mi riferisco a Shot dell’artista ucraina Zhanna Kadyrova che ci regala uno sguardo indietro nel tempo in quanto la realizzazione dell’opera è del 2010, anno considerato come la fine della Rivoluzione Arancione, il ritorno al potere di forze politiche minaccianti e la censura della stampa. Ed inoltre mi riferisco all’opera Map Tracing di Shilpa Gupta che ci offre una riflessione sui confini e sullo status sociale invitandoci a non dimenticare che tutti i confini sono tracciati dagli uomini. Sicuramente con questi due acquisti penso di aver promosso attivamente i valori che queste due artiste, peraltro donne, cercano di divulgare con il proprio lavoro.

Che tipo di sfide devono affrontare i collezionisti nell’investire in opere d’arte?
Per me la sfida maggiore è stata quella di andare oltre il concetto classico di bellezza estetica per comprendere il valore di opere che fossero concettuali. Ritengo che l’opera da me acquistata che meglio rappresenti questo salto sia l’opera filosofica Existential Time #10, che cita la frase di Gertrude Stein “Make it a mistake” e ci fa riflettere sul concetto del tempo. Infatti oltre alla sentenza, è presente un orologio analogico che ha delle lancette che ruotano più veloci delle ore per cui l’”errore” è in realtà voluto dall’artista.

Sta supportando in qualche modo degli artisti emergenti? Se sì, ci sono enti che vi stanno aiutando?
Ho sempre supportato gli artisti emergenti e per farlo in modo strutturato e duraturo da circa un anno con la famiglia Falconi e l’amica Manuela Parrino abbiamo fondato l’associazione no profit U-ART-P che offre una piattaforma per l’incontro tra collezionisti e giovani artisti, promuovendo dialogo e confronto. La nostra missione è quella di incoraggiare una nuova generazione di artisti e fruitori, o comunque coloro che vedono nell’arte un potente mezzo di espressione e trasformazione della società, tramite un’idea semplice: aprire e dunque esporre al pubblico le nostre collezioni o quelle di altri collezionisti per creare situazioni dove approfondire la conoscenza del lavoro di giovani artisti e opportunità di dialogo, confronto e conoscenza dei fenomeni artistici contemporanei. Un invito a riflettere sulla continua evoluzione del rapporto tra arte e società e come la mediazione della sensibilità di questi giovani attori consenta di individuare e focalizzare le tendenze e le variegate sfaccettature che l’arte sta assumendo in relazione al proprio tempo. Il progetto ha sede a Bergamo dove, anche grazie alla lunga storia del Club GAMeC, esiste da tempo terreno fertile per incentivare l’incontro con altri collezionisti con i quali discutere insieme sulle motivazioni che ci spingono a collezionare, ma anche di come noi, le nostre collezioni e il collezionismo in genere si stia evolvendo spinto da nuove forme di interazione sociale spesso però troppo frammentate come i social. Riteniamo sia fondamentale impegnarsi nel creare un linguaggio comune che faciliti il dialogo tra gli intermediari culturali e il pubblico, ma anche creare occasioni fisiche di incontro e confronto in spazi immersivi dedicati all’arte contemporanea.
Un altro aspetto che sto osservando con gli occhi dell’imprenditore è che promuovere gli artisti emergenti crea anche simpatiche situazioni nelle quali anche senza volerlo ti ritrovi ad essere posizionato come pioniere culturale.

Cristiano Cavallo, Gruppo Ingegneria Torino

In che modo le collezioni private, secondo lei, possono diventare strumenti di valorizzazione culturale per l’Italia, ma anche per le imprese?
Cristiano Cavallo: Le collezioni private, quando sono note e soprattutto esposte, incrementano certamente la conoscenza e la fruizione collettiva e individuale di un’idea o anche solo di un’immagine che possa far riflettere su un determinato argomento. Se partiamo da questo assunto ed entrambi i due sistemi, imprese e Italia, fossero recettivi, sono convinto che l’intera comunità senza distinzione alcuna ne potrebbe beneficiare in termini di crescita culturale. Educare su tematiche sociali, storiche e ambientali promovendo una maggiore consapevolezza e sensibilità su alcune tematiche può certamente cambiare atteggiamenti e comportamenti a livello sociale.

Quali sono i modelli di successo per la collaborazione tra arte e impresa in Italia?
In Italia, la collaborazione tra arte e impresa ha dato vita a diversi modelli di successo che integrano creatività artistica e strategia aziendale. Alcuni esempi di modelli di successo sono senza dubbio la Fondazione Prada che organizza mostre, eventi e progetti culturali, oppure il finanziamento di Fendi per il restauro del Colosseo, un esempio virtuoso di come le aziende possano contribuire alla conservazione del patrimonio culturale e, allo stesso tempo, migliorare la loro immagine pubblica. Da citare anche la fortunata operazione di rigenerazione urbana dell’area dell’Hangar Bicocca dove Pirelli ha trasformato un ex spazio industriale in un centro per l’arte contemporanea, offrendo un luogo per la creazione e l’esposizione di opere d’arte di grande scala. Tutti modelli concreti che rafforzano il legame tra il mondo degli affari e quello della creatività.

Questo libro nel quale siete inseriti, è una mappatura delle collezioni al fine di risaltare il lavoro delle vostre aziende e soprattutto dare importanza al vostro mecenatismo. Da collezionista e imprenditore, che segno dovrebbe dare l’arte e qual è l’impatto più significativo che ha osservato attraverso i progetti culturali, mostre, residenze, altre opere, che ha sostenuto?
L’impatto più significativo che osservo attraverso i progetti che ho sostenuto è senza dubbio il rafforzamento dell’immagine, e dunque del marchio dell’impresa, verso un pubblico sofisticato che apprezza l’impegno culturale e di innovazione. Interessante anche come nascano opportunità di networking che possono portare a collaborazioni fruttuose e nuove opportunità di business.    

Come può l’arte, secondo lei, contribuire all’innovazione e alla creatività nel settore imprenditoriale?
L’arte a parer mio dovrebbe sempre alimentare in noi imprenditori “il dubbio” ed una “diversa prospettiva” sulle cose della vita. Solo coltivando questi due approcci ritengo si possa perseguire un percorso che porti innovazione, inclusione e sostenibilità anche nelle nostre aziende. L’arte ha spesso il potere di anticipare tendenze, esplorare nuove idee e mettere in discussione lo status quo, in sintesi tutto quello che dovrebbe essere il bagaglio di un imprenditore o comunque al quale un imprenditore illuminato dovrebbe sempre tendere.

Un ringraziamento speciale a Anna Colafiglio di Marsilio Arte, Stefania De Feo, Clio Giusti, Antonio Matonti di Confindustria, ad Anthea Spuri Zampetti, Cristiano Cavallo e Andrea Marangione e alla curatrice del volume Ilaria Bonacossa per il tempo che mi hanno dedicato.


Il segno dell’arte nelle imprese
Le collezioni corporate italiane per l’arte moderna e contemporanea
a cura di Ilaria Bonacossa
con la collaborazione di Marianna Agliottone, Costantino D’Orazio, Marilena Pirrelli

edito da Marsilio Arte, 288 pagine, 1^ ed. 2024 
Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •