POLIGNANO A MARE (BA) | Fondazione Museo Pino Pascali | Fino al 16 giugno 2019
Intervista a GIUSEPPE TEOFILO E FABIO SARGENTINI di Tommaso Evangelista
La Fondazione Museo Pino Pascali ha inaugurato lo scorso gennaio l’XXI edizione del celebre Premio Pino Pascali assegnato quest’anno a Fabio Sargentini, storico gallerista romano de L’Attico. Il Comitato Scientifico composto da Pietro Marino, Valérie Da Costa, Carlo Berardi, Marco Giusti e Rosalba Branà ha motivato con queste parole la scelta: «Fabio Sargentini, illuminato pioniere e promotore di esperienze fra le più avanzate dell’arte italiana e internazionale dagli anni Sessanta – Settanta, nell’ambito non solo della pittura e della scultura, ma del teatro, della danza e della musica nella nuova concezione performativa e multimediale. Organizzatore, in questo contesto, di seminari, mostre personali e collettive, festival, eventi. Autore di opere teatrali e letterarie all’insegna della sperimentazione linguistica. Esponente di una moderna concezione della galleria d’arte come luogo di produzione, incontro e diffusione di cultura attenta ai tempi del cambiamento e dialogante con la società. Fra i grandi artisti da lui lanciati o seguiti, assume rilevanza storica il sodalizio con Pino Pascali, al quale ha dedicato sostegno non solo in tutte le fasi della sua folgorante vita d’artista, ma nella custodia, rivisitazione e diffusione della sua opera, dalla prematura scomparsa sino ad oggi. Con partecipazione particolare alle iniziative nella terra natale dell’artista che hanno favorito la nascita e la crescita del Museo a lui dedicato e della Fondazione Pascali».
Il progetto espositivo, ideato dallo stesso Sargentini, si configura come scenografico ed immersivo attraverso l’installazione di sagome a figura intera riproducenti gli artisti più significativi transitati nella sua galleria. Lo scopo di My Way è quello di far rivivere ai visitatori il clima di confronto e verifica del primo spazio espositivo romano, il celebre garage nel quale sono transitati artisti del calibro di Mario Merz, Eliseo Mattiacci, Sol Lewitt, Gino De Dominicis, Denis Oppenheim, Jean Tinguely e naturalmente Pino Pascali, legato a Sargentini da un profondo vincolo di amicizia. Nella project room invece è proiettato il docufilm Tutto su mio padre – Fabio Sargentini (2003) della regista Fabiana Sargentini. Per il Museo «Il progetto, certamente celebrativo e ricapitolativo, oltre alla dimensione storica presenta anche un’interessante ricerca estetica nell’ideazione di un vero e proprio viaggio nel tempo e nella predisposizione di scene, diorami a figura intera che giocano sul tema della presenza/assenza stimolando il fruitore al selfie, e quindi all’immedesimazione».
Attraverso alcune domande a Giuseppe Teofilo, artista e Presidente della Fondazione Pino Pascali, e allo stesso Fabio Sargentini, abbiamo cercato di carpire alcune impressioni sul Premio e su questa edizione.
Giuseppe, l’installazione proposta da Sargentini è una macchina scenica che stimola al selfie, e quindi ad una sorta di immedesimazione con l’ambiente di ricerca di quegli anni. Quanto l’arte attuale ha bisogno, oggi, di guardare al passato?
Sono sinceramente convinto che Fabio Sargentini sia affine al Premio Pino Pascali più di chiunque altro. Ha avuto un ruolo fondamentale per la consacrazione di Pascali nel mondo attraverso le scelte chirurgiche compiute negli anni. Dalla sua disponibilità sono partite molte opere approdate poi nelle più importanti istituzioni del mondo. Musei come il MOMA o la TATE. La mostra che accogliamo in Fondazione è un’idea di Fabio e hai perfettamente ragione a parlare di stimolo al selfie! Spinge il pubblico ad autoritrarsi in quel glorioso passato ed è pensata anche in questo senso. Sono convito che uno sguardo al passato sia importante, ma il senso di questo premio è di proiezione al futuro. Con il Premio Pascali 2018, nel cinquantesimo anniversario della scomparsa dell’artista, abbiamo cercato di segnare il passo, chiudendo un ciclo e avviandone uno tutto nuovo. Attraverso l’acquisizione di un’opera importante come i Cinque bachi da setola e un bozzolo, la Fondazione ha avviato un percorso di centralità culturale e sociale come eccellenza regionale del settore. Infine penso che l’arte contemporanea in Italia stia vivendo un momento di stagnazione rispetto al panorama internazionale, escludendo ovviamente alcune eccezioni di assoluta qualità. Credo che un’occhiata al passato sia propedeutica alla ricerca di un nuovo punto di rinascita.
Sargentini è uno dei galleristi italiani più noti e sperimentali, figura fondamentale degli sviluppi dell’arte nel secondo dopoguerra e uomo di grande cultura. Singolare e fortemente simbolica la sua scelta quale vincitore del XXI Premio Pascali. La sua idea della galleria come gesto ritorna anche nell’opera proposta per il museo?
Rifletto sul fatto che il termine gallerista sia sempre andato stretto a Fabio Sargentini. L’immagine dei cavalli di Kounellis all’interno de L’Attico descrive un momento vitale per la storia dell’arte italiana che straripa velocemente fuori dai confini nazionali. Lo spazio della galleria allagato dallo stesso Sargentini, Lo Zodiaco di Gino De Dominicis o le performance di Simon Forti sono, per quegli anni, accadimenti straordinari estranei a strategie tipiche di spazi “privati”. La figura di Sargentini rappresenta un unicum nell’Arte. Dargli le chiavi del museo è stato un gesto assolutamente conscio e minimo.
Con l’ottica delle tante vostre iniziative per Pascali50 qual è secondo te la lezione principale di Pascali per le nuove generazioni?
Il progetto Pascali50 ha avuto il suo avvio con una mostra-dialogo tra Pino Pascali e Claudio Cintoli. Nel suo diario dal titolo Micromegalomane, quest’ultimo scriveva – Ho sognato Pino vivo che aveva costruito un gigantesco castello di carte francesi. Mi diceva: “bisogna continuare a giocare spietatamente…” –
E ora Sargentini…
La dimensione immersiva ricreata presso il Museo Pino Pascali richiama il clima della sua celebre galleria. Si avverte però anche la dimensione del “doppio”. La personalità nascosta viene sovente chiamata “Ombra”. L’Ombra nega il suo opposto. Qual è secondo lei l’ombra dei suoi amici artisti?
Vuole sapere qual è il segreto del mio rapporto conflittuale, andato a buon fine, con i mie amici artisti? Che non ci siamo mai fatti ombra a vicenda.
“La rivoluzione sta nei materiali, non nella politica” ha riferito in una recente intervista. Pascali da questo punto di vista è stato tra i più rivoluzionari. Cosa l’ha più colpito della sua ricerca estetico/materica?
La disinvoltura con cui Pascali maneggiava i materiali artistici e li faceva propri. Pino fa i cannoni con pezzi di ricambio d’automobile. Fa il mare con l’acqua vera. Fa il ponte di liane con pagliette di ferro. Fa i bachi da setola con scovoli sintetici. Ma sempre, innegabilmente, hanno il marchio Pascali.
Nell’Attico era la natura che entrava in galleria, qui al Pascali sono invece gli artisti come immagine/monumento. Il suo tableau vivant è una sorta di “barocco contemporaneo”?
Le sembro barocco? Sono roccioso e sentimentale.
Premio Pino Pascali XXI edizione
My Way – Installazione con figure
progetto espositivo ideato da Fabio Sargentini
FONDAZIONE PINO PASCALI
MUSEO ARTE CONTEMPORANEA
Via Parco del Lauro 119, Polignano a Mare (BA) – sede Ex Mattatoio Comunale
26 gennaio 2019 – 16 giugno 2019
Orari: Martedì-Domenica: 10.00-13.00 / 16.00-21.00. Chiuso il lunedì
Info: + 39 080 4249534
Mob.: +39 333 2091920
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www.museopinopascali.it