Italiani all’estero: Andreco
“I confini esistono e assumono varie forme, bisogna riconoscerli ed essere liberi di attraversarli”
a cura di Silvia Conta
Andreco (Roma, 1978). Vive e lavora Roma
Quella di Andreco è una di quelle cartoline che quando le ricevi chi te l’ha inviata è già in un posto nuovo, ovunque, ma non a casa sua. Andreco si muove spessissimo per residenze, progetti di differente durata o per partecipare ad eventi artistici, spesso secondo circuiti non convenzionali per l’arte. Il lavoro che l’artista ci ha inviato per Postcards to Italy, Burning Cloud, Changing Climate, è una stampa serigrafica su plexiglass in cui una nuvola nera nel medesimo istante è arsa da fiamme rosse e lascia cadere una fitta pioggia. Si tratta di un esempio recente di quella simbologia dell’artista visiva, una “grammatica” mediante cui dà voce alle tematiche cardine di tutta la sua poetica: il rapporto uomo-natura osservato attraverso i cambiamenti climatici e la necessità della salvaguardia dell’ambiente naturale e dei suoi equilibri, argomenti che nel tempo Andreco ha indagato con un approccio multidisciplinare che include pittura, disegno, installazione, video, performance e prassi vicine all’arte partecipativa.
Alla base di ogni lavoro di Andreco ci sono la relazione tra uomo e natura e quella tra ambiente naturale e antropizzato in una prospettiva orientata alla sostenibilità ambientale, di cui, base imprescindibile, deve essere lo sviluppo di una coscienza collettiva che identifichi la necessità della salvaguardia dell’ecosistema naturale come responsabilità sociale a cui ciascun individuo deve dare il proprio contributo.
Ciascuna opera si sviluppa percorrendo un doppio binario: da un lato c’è l’aderenza scientifica alle tematiche affrontate nel singolo lavoro, che deriva dalla formazione di Andreco come ingegnere ambientale con un post dottorato sulle infrastrutture verdi per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici e la sostenibilità urbana che lo ha visto fare ricerca scientifica tra l’Università di Bologna, la Columbia University e la Nasa a New York. Dall’altro c’è una prassi di spostamento costante tra residenze di mesi e progetti artistici di durata più breve, che – solo negli ultimi tre anni – lo hanno portato a spostarsi tra Stati Uniti, Marocco, Norvegia, Brasile, Germania, Francia (con diversi progetti anche in Italia), fino a poter sancire una costante dimensione operativa internazionale assimilabile ad un “nomadismo” non solo geografico, ma anche tra realtà artistiche di diverso tipo, da ambienti più istituzionali a dimensioni indipendenti.
Questo “nomadismo” è connaturato ad uno degli aspetti fondamentali della prassi artistica di Andreco: un elevato grado di azione diretta sulla società per lo sviluppo di una coscienza collettiva in merito alle tematiche ambientali, che vengono di volta in volta riletti attraverso una collaborazione profonda con la realtà con cui l’artista entra in relazione. Questo permette all’artista di non operare secondo schemi fissi, ma di realizzare ogni lavoro site specific, creandolo attraverso l’interazione con l’ambiente – per lo più urbano – e le persone che via via incontra, giungendo ad una formalizzazione del lavoro sempre differente, che può andare dal disegno alla performance. Il saggio più recente di questo approccio sono stati gli interventi di Andreco a Parigi lo scorso novembre, con l’opera Climate 01, realizzata in concomitanza con la conferenza sul clima Cop 21, che si articola in un murales e in una scultura. Per la sua realizzazione ha sviluppato un dialogo che ha coinvolto diverse fasce sociali della comunità di un quartiere, il diciottesimo, sia realizzando varie fasi del progetto assieme ai cittadini, sia parlando nella scuola locale che all’università della Sorbona secondo una trasversalità che mira a sviluppare una pratica di sostenibilità che viene portato avanti dalle comunità a cui si rivolge.
Uno degli aspetti che maggiormente caratterizzano il lavoro di Andreco è la capacità di mantenere saldo il legame con gli aspetti scientifici della tematica che propone, senza essere però didascalico o documentaristico, riuscendo a dar vita ad un linguaggio e a delle modalità operative ed espressive prettamente artistici, che si nutrono di un “nomadismo” che le rende sempre più sfaccettate, senza tuttavia intaccare la loro abilità di giungere al pubblico con intensità e profondità.