VENEZIA | PALAZZO MALIPIERO | 17 – 22 febbraio 2014 | Un consuntivo
di Francesca Giubilei
Da un luogo all’altro, dall’interno all’esterno, dal privato al collettivo, dal centro alla periferia, dal passato al presente. La mostra collettiva, organizzata come lavoro finale del XX Corso in Pratiche Curatoriali e Arti Contemporanee di Venezia ha presentato, negli spazi di Palazzo Malipiero, i lavori di sette giovani artisti (quattro italiani, un’albanese e una lituana).
Il “luogo”, inteso estensivamente come ambiente, casa, nazione, ma anche sfera privata, memoria familiare, paesaggio interiore è stato l’elemento comune su cui gli artisti hanno lavorato.
La mostra è quindi incisivamente caratterizzata da un continuo slittamento semantico di questo concetto non solo tra un artista e l’altro, ma anche all’interno della stessa opera. In tutti i lavori si percepisce una forte tensione data dalla coesistenza di due visioni: quella introspettiva, singolare e personale, che nel paesaggio individua un microcosmo individuale e quella più pragmatica e razionale, che nell’ambiente vede un’area di scambi sociali e dinamiche economiche. Tale confitto, che per altro ognuno di noi sperimenta nella vita quotidiana, viene placato nell’opera d’arte, alla quale non si chiedono risposte risolutive, ma la capacità di mettere in luce i contradditori aspetti dell’esistenza.
Alice Pedroletti, così come Agne Raceviciute scelgono l’acqua (il lago d’Orta la prima, e il Mar Nero la seconda) come elemento chiave dei loro paesaggi. Per entrambe la ricerca artistica è stata l’occasione per un viaggio verso le loro origini e per riscoprire il legame con un’altra figura femminile, quella della nonna, la quale, come un’icona sacra e mitologica, in entrambe i lavori (foto e video), viene rappresentata mentre si immerge nell’acqua, elemento naturale associato alla femminilità, alla maternità, alla fertilità.
I luoghi, oltre che collettori di ricordi personali, in senso più universale, sono anche contenitori di simboli: nelle grandi foto di Dritan Hyska, così come in quelle di piccolo formato di Ryts Monet i soggetti della rappresentazione sono i simboli della nostra società, ormai privati, però, della loro carica ideale. Gli imponenti edifici in calcestruzzo nelle periferie delle città sono scheletriche scatole vuote che sottolineano il fallimento del capitalismo e delle sue illusioni, così come la Statua della Libertà, oramai vestale fuori tempo di un valore e diritto dai confini elastici e spesso discutibili.
L’ambiente, inteso come campo di azione dell’uomo, è quello boschivo documentato da Margherita Morgantin, che con il suo video denuncia il disboscamento fuori controllo di alcune aree dell’Estonia; ma anche quello artistico rappresentato dai Guerilla Spam, che fanno della denuncia dei contorti e a volte corrotti meccanismi del sistema/ambiente dell’arte, la chiave del loro lavoro murale site-specific.
Infine Pablo Valbuena riequilibra le posizioni e “rimette a posto” (PLACE TO PLACE) l’uomo, posizionandolo al centro dello spazio; ricordandoci che non c’è architettura e quindi non esiste paesaggio se non dall’iterazione e dialogo tra l’essere umano e ciò che lo circonda.
place to place
Mostra collettiva a cura del 20° corso in Pratiche Curatoriali e Arti Contemporanee
in collaborazione con Officina delle Zattere e con il patrocinio della Fondazione Bevilacqua La Masa
17 – 22 febbraio 2014
A plus A Centro Espositivo Sloveno
Calle Malipiero, San Marco 3073, Venezia
Info: +39 0412770466
info@aplusa.it
www.aplusa.it
www.corsocuratori.com