POLIGNANO A MARE (BA) | Fondazione Museo Pino Pascali
14 settembre – 25 novembre 2012
di ROBERTO LACARBONARA
Il Museo Pascali torna al ’68 e ripropone l’allestimento originale di uno dei più grandi capolavori dell’arte povera. L’arte detta “povera” degli anni ’60 e ’70 trova forse in Pino Pascali il manifesto d’azione più sintetico e immediato, più spontaneo. Un’arte che guarda all’esuberanza della realtà in piena trasformazione tecnologica ed economica e risponde con la forza di una metamorfosi meno fisica, ben più ideologica. Ma soprattutto linguistica, nel sottile tradimento delle parole, nella loro mancata corrispondenza tra realtà e uso. Era così per i Bachi da setola (lavoro tra i più celebri dell’artista pugliese), lunghi bruchi artificiali fatti con gli scovoli in setola, scopini industriali di comunissimo uso domestico.
Il Museo Pascali di Polignano a Mare, con la rinnovata collaborazione di Fabio Sargentini, storico gallerista de L’Attico e mentore dell’artista, compie una sublime operazione filologica collocando i 5 bachi con quel “bozzolo” che, dopo la presentazione del 25 marzo 1968, non fu mai più riprodotto nelle successive esposizioni dell’opera.
“Questa ragnatela-bozzolo – ci svela Sargentini – Pascali non l’aveva mai programmata, infatti nel catalogo non c’è. Quando esponemmo nell’Attico lui si rese conto che lo spazio era vuoto e decise di completare i bachi inserendo la ragnatela”.
La ricostruzione (avvenuta per mano dell’amico artista Claudio Palmieri) aggiunge non poco all’intenzione pur estemporanea di Pascali. Si tratta infatti di un corpo sospeso e fragilissimo, un magma inconsistente che fluttua tra le pareti che incrociano sul fondo della sala centrale del museo. La ragnatela fibrosa che normalmente accompagna i bachi nel corso del loro sviluppo diventa, per Pascali, una dichiarazione della felice leggerezza con cui guardare il mondo ed il suo divenire arte. E ciò accadeva anche per le famose armi, per la “Vedova blu”, per le pozzanghere o per il mare raccolto in vaschette di ferro: ogni volta, ogni oggetto mutava di identità e nome sulla scena illimitata dell’immaginazione.
A pochi mesi dalla sua scomparsa, le mostre dell’Attico, di Parigi in Galerie Jolas e di Venezia alla Biennale, rappresentarono momenti di grande stravolgimento per la contentezza estetica dell’arte italiana, forse mai più tornata alla genialità degli anni del boom. Erano gli anni in cui ogni linguaggio perdeva la sua consistenza a favore della trasformazione ironica e imprevedibile dei generi, degli stili, delle categorie di pensiero. Erano gli anni in cui il cinema di Kubrick ci portava nell’altrove di “2001. Odissea nello Spazio” ed il jazz di Coltrane si faticava a chiamarlo jazz (si pensi ai fiumi di polemiche che seguirono al discorso funebre – 1967 – dell’amico musicista e critico Mike Zwerin quando comparò Coltrane ai Beatles e a Jimi Hendrix, ignorando completamente il pianeta Miles Davis e le affini maestà!). Un unico passpartout s’intravedeva sempre tra mondi così iconicamente differenti: la ragione della libertà, della trasformazione, dell’emanciparsi dai dati per governare l’immateriale dei desideri. Ovvero quando un’opera d’arte o una moto o un’astronave correvano uguale, verso un ignoto a portata di mano.
Pino Pascali. Cinque bachi da setola e un bozzolo
a cura di Fabio Sargentini e Rosalba Branà
Fondazione Museo Pino Pascali
via Parco del Lauro 119, Polignano a Mare (BA)
14 settembre – 25 novembre 2012
Sarà inoltre visitabile l’Atelier Pino Pascali con l’esposizione permanente della collezione di opere, documenti, cimeli dell’artista.
Orari: 11.00-13.00 e 17.00-21.00, lunedì chiuso |
Info: +39 080 4249534 – direzione@museopinopascali.it – segreteria@museopinopascali.it